9 maggio – ANPI Associazione Nazionale Partigiani d'Italia – Sezione del Miranese "Martiri di Mirano" http://anpimirano.it Sat, 11 May 2013 16:50:57 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.2 9 maggio 1978: Giuseppe “Peppino” Impastato http://anpimirano.it/2013/9-maggio-1978-giuseppe-peppino-impastato/ Wed, 08 May 2013 18:13:24 +0000 http://anpimirano.it/?p=3826 Leggi tutto "9 maggio 1978: Giuseppe “Peppino” Impastato"]]> Daniele Biacchessi ha scritto questo pezzo (“Quel giorno a Cinisi”) per ricordare l’uccisione di Peppino Impastato:

Ha braccia forti e un corpo allungato, come il suo volto.
Capelli mai pettinati, e baffi, e barba. E uno sguardo che osserva lontano.
Al di là delle persone e dei fatti, al di là della sua stessa terra.
È un uomo curioso, Giuseppe Impastato detto Peppino.
A Cinisi c’è nato e cresciuto.
Cinque gennaio 1948.
Il padre, Luigi Impastato, è un commerciante, amico di mafiosi.
Lo zio, Cesare Manzella, è un capomafia, verrà ucciso nel 1963 nel corso di una guerra tra clan.
È giovane Peppino.
Lui ha fatto un giuramento.
«Così, come mio padre, non ci diventerò mai.»
Fonda il circolo Musica e Cultura.
Molti dicono che è matto, ma altri giovani del paese si uniscono a lui. Siamo nel 1976. Insieme a un gruppo di amici mette su una radio libera. La chiama Radio Aut.
Piccola emittente che denuncia le illegalità, i progetti criminali, gli affari della mafia.
Nel 1978 Peppino Impastato decide di candidarsi come indipendente nelle liste di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali.
Ma all’appuntamento non arriverà mai.
9 maggio 1978.
Sono le ore 1,40.
Il macchinista del treno Trapani-Palermo, Gaetano Sdegno, è un onesto lavoratore.
Quella tratta di ferrovia siciliana che sfila tra le campagne e i coltivi la conosce bene.
Località “Feudo”, territorio di Cinisi.
Il macchinista avverte uno scossone, ferma la locomotiva e osserva il binario:é tranciato.
Così avverte il dirigente della stazione ferroviaria che, alle 3,45 chiama al telefono i carabinieri.
Arrivano sul posto.
Compiono il primo sopralluogo.
Il binario è divelto per un tratto di circa 40 centimetri e nel raggio di 300 metri sono sparsi resti di una persona.
E’ Giuseppe Peppino Impastato.
Sul posto accorrono decine di paesani curiosi.
I compagni di Impastato vengono tenuti a distanza.
Ciò che rimane del corpo di Peppino viene raccolto in un sacco di plastica e portato via.
Lo stesso 9 maggio il procuratore aggiunto Gaetano Martorana invia un fonogramma al procuratore generale in cui parla di “attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda”.
Undici aprile 2002, ventiquattro anni dopo.
Le 17.15. A Palermo esce la Corte.
Ergastolo a don Tano Badalamenti. È il mandante dell’assassinio.
Leggo un passo dalle conclusioni della sentenza.
“….Grazie alle dichiarazioni dei collaboratori, non solo si è potuto restringere il cerchio della responsabilità alla cosca di Cinisi, ma anche è rimasto accertato che Badalamenti Gaetano, avvalendosi delle prerogative di capo di detta famiglia, decise l’omicidio e la sua esecuzione con quelle particolari modalità, essendo il maggiore interessato sia all’eliminazione del Giuseppe Impastato, che alla successiva messa in scena dell’attentato; cosicché il composito quadro indiziario, per la sua gravità, precisione ed univocità, impedisce ogni altra lettura alternativa”.
Scrive la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giuseppe Impastato:
“E’ ancora tutto da scrivere il capitolo del rapporto tra mafiosi e forze dell’ordine. E quando finalmente lo si scriverà si potrà vedere che è popolato da noti capimafia che con i carabinieri trattano, si accordano, fanno dei patti. Un doppio gioco, ma alla luce del sole”.

Video “Munnizza”

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Milano: omaggio ai soldati sovietici caduti in Italia combattendo per la democrazia http://anpimirano.it/2012/milano-omaggio-ai-soldati-sovietici-caduti-in-italia-combattendo-per-la-democrazia/ Sun, 13 May 2012 15:21:37 +0000 http://anpimirano.it/?p=849 Leggi tutto "Milano: omaggio ai soldati sovietici caduti in Italia combattendo per la democrazia"]]>

L’Anpi di Milano ha reso omaggio ai soldati sovietici caduti in Italia combattendo per la democrazia.
Alleghiamo di seguito l’intervento di Roberto Cenati, presidente Anpi provinciale di Milano, nell’ambito delle celebrazioni per ricordare la fine della seconda guerra mondiale.
Riteniamo di fondamentale importanza celebrare questo momento storico, a volte anche il silenzio può servire al revisionismo storico.

Il monumento davanti al quale siamo oggi raccolti è dedicato ai partigiani sovietici caduti in Italia, combattendo nelle fila del Corpo Volontari della Libertà.
In questo campo del Cimitero maggiore di Milano, riposano 8 soldati sovietici, tutti giovanissimi, prigionieri di guerra, vittime di incursioni aeree tra il 1942 e il 1943.
Questo campo ci impone il dovere di ricordare quale è stato il prezzo durissimo di sangue e sofferenze pagati dai giovani partigiani europei per ridare la libertà a tutti noi. Il 9 maggio di ogni anno si celebra la fine della seconda guerra mondiale in Europa e in Russia si celebra la vittoria della grande guerra patriottica contro il nazifascismo. La seconda guerra mondiale fu un conflitto sanguinosissimo che costò la vita ad oltre 50 milioni di persone. Ma essa non fu solo un conflitto sanguinoso. Fu anche un vero e proprio scontro planetario tra le forze della coalizione antifascista che si richiamavano agli ideali di democrazia e libertà e quelle, nazifasciste e hitleriane che volevano imporre in Europa e nel mondo un regime antidemocratico, oppressivo, fondato sul razzismo, sull’antisemitismo e sul terrore.  Se avessero vinto le forze che si richiamavano alle ideologie nazifasciste, l’Europa si sarebbe trasformata in un immenso campo di concentramento.
Il 22 Giugno 1941, alle 3,15 del mattino,  la Germania nazista attacca a tradimento l’Unione Sovietica, impiegando ingenti mezzi. Lo scopo dei nazisti è non soltanto quello di imporre il dominio dell’imperialismo tedesco su milioni di cittadini sovietici, ma di mettere tutta l’umanità al servizio dei conquistatori tedeschi.
Il governo fascista, deciso a non essere da meno dell’alleato nazista, inviò il Corpo di spedizione italiano in Russia, seguito nel luglio del 1942 dall’ARMIR che subì pesantissime perdite. La tragedia vissuta dai soldati italiani rappresenta una delle più gravi responsabilità del fascismo di fronte al popolo italiano e contribuì a rendere sempre più vivi e forti il risentimento e l’ostilità degli italiani verso il fascismo. Non furono pochi coloro che, segnati da quella tragica esperienza, militarono, dopo il loro ritorno in Italia, nelle formazioni partigiane, come Nuto Revelli, fra i primi organizzatori della Resistenza nel Cuneese, dopo l’8 settembre 1943.
Così Nuto Revelli ricorda quel periodo: “Nel luglio del 1942, con il V reggimento alpini della divisione Tridentina, fui inviato sul fronte russo. Conservo un ricordo preciso di quanto fosse immensa la mia ignoranza: a malapena sapevo dove fosse collocata geograficamente l’Unione Sovietica. Non mi rendevo conto di appartenere a un esercito di aggressori. Andavo a migliaia di chilometri da casa mia, ad ammazzare o a farmi ammazzare, ma per che cosa? Per la Patria? Quale Patria? Quella del fascismo, della monarchia, dei Savoia?
“Nei giorni dell’8 settembre 1943 – continua Nuto Revelli – ero a Cuneo e se scelsi istintivamente di lottare contro i fascisti e i tedeschi fu perché sentivo nella mia coscienza il peso enorme di quelle decine di migliaia di poveracci – la maggior parte “contadini in divisa”-  mandati a morire per niente in quella guerra maledetta. Furono importanti i mesi che trascorsi nelle formazioni partigiane di “Giustizia e Libertà”, con “maestri” come Livio Bianco e Duccio Galimberti. In quei venti mesi diventai adulto”.
Ebbe inizio, con l’operazione Barbarossa, la Grande Guerra Patriottica, condotta dall’esercito, dai partigiani e da tutto il popolo contro l’invasione nazifascista. Il prezzo pagato dall’Unione Sovietica in termini di vite umane fu elevatissimo: oltre 20 milioni di vittime (tra militari e civili) e oltre 3 milioni di prigionieri fatti morire di fame e di stenti nei lager tedeschi. A Leningrado, ora San Pietroburgo, assediata per 900 lunghissimi giorni decine di migliaia di donne, di bambini e di anziani morirono di fame e di fatiche.
Nonostante il regime di terrore scatenato nelle zone occupate, con rastrellamenti, perquisizioni, fucilazioni, deportazioni, i tedeschi fallirono nel loro obiettivo di stroncare la resistenza della popolazione. Lo stesso giorno in cui ebbe inizio l’operazione Barbarossa, il governo sovietico denunciò per radio a tutto il mondo la proditoria aggressione della Germania hitleriana e chiamò tutti i cittadini alla difesa della patria. “La nostra causa è giusta – diceva il comunicato governativo – il nemico sarà sconfitto. La vittoria sarà nostra”.
Queste parole divennero il motto di tutto il popolo impegnato nella lotta  contro il nazifascismo. La Resistenza prendeva sempre più vigore e costituì, con il lavoro di milioni di cittadini nelle retrovie, volto a dotare il Paese di una economia di guerra all’altezza della situazione, il fattore determinante nella disfatta degli invasori, sconfitti nella storica battaglia di Stalingrado e arresisi  il 2 febbraio 1943. Cominciò allora quella ritirata tedesca che non doveva più arrestarsi, sino al tracollo definitivo del Terzo Reich.
Straordinaria fu l’influenza esercitata dalla battaglia di Stalingrado sullo sviluppo della lotta generale contro l’aggressione nazifascista. Gli stessi scioperi del marzo del 1943 che si effettuarono in due regioni dell’Italia settentrionale, Piemonte e Lombardia presero forza e vigore proprio da quell’evento: non a caso lo sciopero alla Fiat Mirafiori inizia il 5 marzo, un mese dopo la resa di Von Paulus a Stalingrado.
Saremo sempre infinitamente grati e riconoscenti a tutto il popolo sovietico per questo suo fondamentale e determinante contributo alla sconfitta del nazifascismo.
Ma un ulteriore motivo di gratitudine e di riconoscenza ci lega al popolo russo.
Esso è rappresentato dal contributo delle migliaia di soldati di poco più di vent’anni, provenienti dalle parti più remote del Paese che, catturati dai tedeschi e tradotti in Italia, riuscirono a fuggire, dopo l’8 Settembre 1943, dai campi di prigionia fascisti e si unirono alle formazioni partigiane, come i tre soldati sovietici Nicolay Demyachenko, Anatoly Kurepin e Vassily Skorokhodov, caduti il 9 marzo del 1944, in un duro scontro a fuoco contro i soldati tedeschi nelle campagne prenestine.
Il Novecento è stato il secolo delle criminali dittature nazifasciste, delle ideologie nazionaliste e razziste, della Shoah, della prima e della seconda guerra mondiale. Ma è stato anche il secolo di un ritorno all’illuminismo, alla ragione, alla solidarietà, alla libertà. Un secolo capace di  dare luce al pensiero e di armare la mano di coloro che al fascismo e al nazismo si sono  opposti, il secolo della rivolta ideale e della lotta dei popoli per la libertà, la pace, la giustizia sociale, l’emancipazione.
Ci sono due modi di ricordare il terribile periodo dell’occupazione nazifascista dell’Europa: un primo modo, sacrosanto, è quello di rendere omaggio alle numerosissime vittime.  Un altro modo è costituito dal sottolineare che a quelle sofferenze c’è stato chi ha  saputo reagire. Ed è educativo, per chi non ha vissuto quella drammatica fase della nostra storia ricordare che c’è stato chi ha avuto il coraggio di resistere, perché ai soprusi, al razzismo, al ripresentarsi di pericolose ideologie neonaziste e neofasciste bisogna sempre saper reagire, richiamandosi ai valori della solidarietà, della pace, dell’antifascismo che hanno costituito il patrimonio ideale ed etico della Resistenza europea.
Questo è il prezioso messaggio che proviene da questo campo e che tutti noi dobbiamo raccogliere e tenere sempre vivo, per non rendere vano il sacrificio di tante giovani vite per la libertà.

Roberto Cenati (presidente ANPI Provinciale di Milano, intervento svolto al campo sovietico, mercoledì 9 maggio –  alla presenza del Console russo e ucraino – nell’ambito delle manifestazioni per celebrare la fine della seconda guerra mondiale).

Nella stessa mattinata del 9 maggio una delegazione dell’ANPI Provinciale di Milano, guidata da Antonio Pizzinato,  si è recata al Cimitero di Guerra di Trenno per rendere omaggio ai combattenti caduti nella campagna d’Italia ed appartenenti alla V e alla VIII Armata Inglese. Il Presidente onorario ANPI Lombardia Antonio Pizzinato ha reso omaggio al sacrificio di quei soldati con un discorso.

Il Presidente onorario ANPI Lombardia Antonio Pizzinato

]]> 849 9 Maggio Giorno della Vittoria (день Победы) http://anpimirano.it/2012/9-maggio-giorno-della-vittoria-%d0%b4%d0%b5%d0%bd%d1%8c-%d0%bf%d0%be%d0%b1%d0%b5%d0%b4%d1%8b/ Wed, 09 May 2012 04:23:11 +0000 http://anpimirano.it/?p=704 Leggi tutto "9 Maggio Giorno della Vittoria (день Победы)"]]> Il 9 maggio è il Giorno della Vittoria in memoria della capitolazione della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale.
La resa fu firmata nella tarda sera dell’8 maggio 1945 (già il 9 maggio a Mosca), in seguito alla capitolazione concordata in precedenza con le forze alleate sul fronte occidentale. Il governo sovietico annunciò la vittoria la mattina del 9 maggio, dopo la cerimonia di firma avvenuta a Berlino. In Italia questa ricorrenza è meno sentita che nel resto dell’Europa, specialmente in quella orientale, perchè da noi la fine della Seconda Guerra Mondiale è segnata dall’insurrezione generale proclamata dal Comitato di Liberazione Nazionale il 25 aprile 1945. In poche ore i partigiani liberarono tutto il nord Italia ancora sotto occupazione nazifascista. Nel resto del continente si continuò a combattere per un altro paio di settimane, e visto che per i tedeschi si trattava del combattimento finale, le battaglie furono cruente.
La bandiera rossa sopra il Reichstag sventolò solo il 2 maggio 1945, data della fine della battaglia di Berlino (due anni e tre mesi dopo la fine della battaglia di Stalingrado, datata 2 febbraio 1943), ma Praga sarà conquistata solo una settimana più tardi.
Il 9 maggio, nelle prime ore del mattino, la radio a Mosca annunciò alla popolazione la resa incondizionata della Germania Nazista.
La popolazione si riversò immediatamente per le strade della città, commossa e provata per la fine di un grande incubo, per una vittoria pagata a carissimo prezzo (28 milioni di morti http://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_orientale_%28seconda_guerra_mondiale%29 ). Tra bandiere rosse e ritratti di Stalin la gioia, pur in un periodo di enormi e collettivi lutti, fu incontenibile.
Per tutti il 9 maggio è da allora ricordato come il Giorno della Vittoria (in russo: День Победы DenPobedy), celebrato ogni anno con una grande parata militare in Piazza Rossa a Mosca.
Molte nazioni d’Europa celebrano il giorno della vittoria con 24 ore di anticipo rispetto all’Unione Sovietica, poichè l’ultima firma tedesca avvenne nella tarda sera dell’8 maggio 1945, quando però a Mosca era già passata la mezzanotte.

Un articolo di Marco Innocenti sul 9 maggio:

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2009/05/parata-russa-9-maggio-1945.shtml?uuid=6aef5124-3a3e-11de-9c13-4b43299f2f2f

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9 maggio: Peppino Impastato http://anpimirano.it/2012/9-maggio-peppino-impastato/ http://anpimirano.it/2012/9-maggio-peppino-impastato/#comments Tue, 08 May 2012 09:56:54 +0000 http://anpimirano.it/?p=693 Leggi tutto "9 maggio: Peppino Impastato"]]>

Il 9 maggio 1978 veniva ucciso dalla mafia siciliana Peppino Impastato. Questo è un post degli A67 pubblicato il 9 maggio del 2011:

Peppino Impastato e l’arma della memoria

Credo che, in un clima politico come quello italiano, in cui la bussola sembra impazzita e la sfiducia nei confronti delle istituzioni e della politica in generale ha raggiunto livelli difficilmente eguagliabili, la memoria sia l’unica arma capace di far luce sul nostro presente e dar forma al  futuro restituendo senso alle nostre azioni.
La mancanza di memoria era per Bonhoeffer, teologo tedesco protagonista della resistenza al Nazismo, il segno distintivo del suo tempo; quella stessa mancanza di memoria caratterizza anche i nostri giorni, nel senso che viviamo, in forme e proporzioni diverse, un’amnesia collettiva, o meglio, una volontà di occultare e infangare la memoria, evitando così l’assunzione delle proprie responsabilità.
Basti pensare all’oblio colpevole che lo Stato italiano ha nei confronti dei morti ammazzati per mafia, delle vittime del terrorismo e dei caduti del lavoro, o nei confronti dei loro familiari che ormai da troppo tempo aspettano verità e giustizia. È per questo che oggi più che mai abbiamo bisogno di non dimenticare, anzi di imporci  in modo ossessivo il ricordo, la memoria, di chi ha dato la vita in nome di un’idea di Stato e di Giustizia, affinché noi potessimo vivere in un mondo migliore. Come Peppino Impastato, ucciso esattamente 33 anni fa.

Lunga è la notte
e senza tempo.
Il cielo gonfio di pioggia
non consente agli occhi
di vedere le stelle.
Non sarà il gelido vento
a riportare la luce,
nè il canto del gallo,
nè il pianto di un bimbo.
Troppo lunga è la notte,
senza tempo,
infinita.
(Peppino Impastato)

http://www.peppinoimpastato.com/

http://palermo.repubblica.it/dettaglio/peppino-impastato-la-verita-uccisa-due-volte/1456321

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