Lo storico Luciano Canfora: “Uguaglianza davanti alla legge? È diventata roba da comunisti”

Con le parole costruisci un sogno, un mondo nuovo o solo un fraintendimento. Le parole possono essere piallate, manipolate, riempite d’aria come quei palloncini che s’innalzano al cielo. Le parole sono alberi dritti che puoi far divenire storti. E trasformare in nero ciò che è bianco. La filologia è la compagna di vita di Luciano Canfora, storico dell’età antica e saggista.

C’è il potere e c’è la manipolazione.
È del tutto evidente. Il linguaggio politico è dichiaratamente artefatto. Promuove l’inganno, lo pianifica.
Sa in che menti deve essere somministrata la dose quotidiana di manipolazione.
Nel dopoguerra era ricorrente la divisione del mondo in due parti: qui i liberi, lì gli schiavi. Tra gli eroi della libertà, del mondo libero, erano ricompresi i razzisti del-l’Alabama, Francisco Franco, i torturatori francesi.
Difendevano la libertà contro il comunismo. Berlusconi è sceso in campo proprio con questo intento.
Naturalmente lui non ci crede assolutamente. Avendo però avuto percezione che la bubbola funzionava ha proseguito con l’inganno.
Comunisti i comunisti, e comunisti un po’ tutti gli altri.
Fino al punto parossistico di ripeterlo davanti a Enrico Letta che, poverino…
Comunisti i magistrati.
Dal suo punto di vista è comprensibile. L’applicazione del principio della legge uguale per tutti è all’evidenza un processo comunista. E quindi, correlata, la proposizione: bisogna respingere la sentenza per difendere la democrazia.
Altri parlamentari si sono spinti più in là.
Ho sentito Cicchitto e mi pare Lupi conseguentemente affermare che l’unico rimedio per riportare la democrazia è cassare la Cassazione. C’è una logica, in qualche misura.
Ci sarebbe il popolo da rispettare
Mah. Votare non ha più peso, non ha più senso. Il potere politico prende ordini da quello economico che si trova altrove, a Bruxelles o Francoforte. Il Parlamento è degradato a un organo tecnico. Certo, può liberamente dibattere sulla legge animalista. Anti e pro, fatevi sotto e discutete.
Io voto ma tu fai come ti pare.
Direi meglio: quando la legge elettorale falsifica così dichiaratamente i rapporti in campo ecco che la rappresentanza politica perde ogni legittimazione. C’è una ragione per cui il Pd non riesce a dar corso alla forza parlamentare che detiene. Ha la maggioranza assoluta dei deputati frutto di una disponibilità in voti inferiore, e di molto, al trenta per cento degli elettori.
La politica è dunque inganno?
Nel poker c’è l’azzardo, il bluff. Il paragone non è irriverente.
Si dice sempre: siamo nel pieno di una democrazia incompiuta.
E si dice un’ovvietà, una sciocchezza. La democrazia è incompiuta per definizione.
E che la nostra sia una democrazia anomala.
Sarebbe anomala se altrove il diritto fosse totalmente rispettato. Lei crede che in Grecia il diritto di quel popolo sia rispettato? Hanno chiuso in due ore la televisione pubblica solo perché dava fastidio al governo di Samaras. Nessuno ha fiatato, e neanche i giornali italiani, neanche il suo, ha approfondito questa monumentale ingiustizia.
Ma sarà pur vero che Berlusconi, e il potere che ha dettato, rende singolare e unica la vicenda italiana.
Non c’è alcun dubbio.
E non c’è dubbio che il declino morale della classe dirigente italiana abbia avuto un peso anche nel linguaggio.
Cavour parlava di connubio, descrivendo la necessità di trovare un’adesione tra diversi. Oggi si parla di inciucio.
Espressione dialettale napoletana con cui si intende per la verità il pettegolezzo minuto, il vicolo che mormora.
I due termini misurano la differenza di valore culturale tra le classi dirigenti di ieri e di oggi. Non è un caso che ciclicamente si chiamano al governo i professori.
Sì, i professori sono diventati come la Misericordia. Compagnia di protezione civile.
La Rai dei professori, ricorda? In quella convocazione l’idea di portare alla guida persone migliori di quelle elette per guidare il Paese.
Mettiamo in circolazione persone migliori di noi.
E qui il professor Monti.
Poi l’abbiamo cacciato. Abbiamo idee confuse come le parole che utilizziamo.
Assolutamente sì. Prenda gli inviti alla coesione del presidente della Repubblica. Si invita alla coesione, dunque alla ricerca del punto comune, un sistema formalmente bipolare, dunque estraneo al punto comune.
Amiamo l’uno e il suo opposto.
Vorremmo essere bipolaristi e insieme però coesi.
Hanno capito che siamo tele-elettori e usano le parole a casaccio, un po’ come capita.
Ci sono bubbole indicibili, alcune volte è veramente troppo. (Intervista di Antonello Caporale da “Il Fatto”)