Contributo per una cultura della pace

…Proprio in questo caos è quando Dio chiede alla coscienza dell’uomo: «Dov’è Abele tuo fratello?». E Caino risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen4,9). Anche a noi è rivolta questa domanda e anche a noi farà bene chiederci: Sono forse io il custode di mio fratello? Sì, tu sei custode di tuo fratello! Essere persona umana significa essere custodi gli uni degli altri! E invece, quando si rompe l’armonia, succede una metamorfosi: il fratello da custodire e da amare diventa l’avversario da combattere, da sopprimere. Quanta violenza viene da quel momento, quanti conflitti, quante guerre hanno segnato la nostra storia! Basta vedere la sofferenza di tanti fratelli e sorelle. Leggi tutto “Contributo per una cultura della pace”

8 settembre 1943: 700000 soldati italiani vengono spediti nei Kriegsgefangene

Internati Militari italiani (IMI)

Ho appena finito di vedere il Tg3 e il Tg 3 Veneto. Hanno parlato dei 150 anni del Cai, del cavaliere delinquente, della crisi, del papa, della manifestazione dell’Anpi in Cansiglio ma dell’8 settembre nessuno ha parlato. A distanza di 70 anni è assolutamente necessario ricordare l’8 settembre 1943 come la data che ufficializzò la nascita della Resistenza. La battaglia di Porta San Paolo, per difendere Roma, il 9 settembre, vide lottare fianco a fianco  militari e civili, quest’ultimi, in larga parte, organizzati dai partiti antifascisti. 700000 soldati italiani, senza ordini, sbandati, furono catturati dai tedeschi e trasferiti in campi di prigionia (kriegsgefangene) e, nonostante le privazioni e le morti che avvenivano tra di loro ogni giorno, restarono indifferenti alle insistenti visite dei fascisti repubblichini che venivano a promettere una vita ben diversa nell’Italia di Salò. Circa il 90% di questi settecentomila militari italiani trascinati nei lager diede origine ad una resistenza passiva, che avrebbe pesato assai positivamente sulle sorti dell’Italia futura, la quale, però, è rimasta sostanzialmente nell’ombra. C’è da dire che gli italiani non furono mai considerati prigionieri di guerra, ma “internati militari”, con l’avvallo preciso dei repubblichini di Salò, che hanno sulla coscienza anche questi morti dimenticati dallo Stato Italiano. Il sito dell’Anpi Nazionale ricorda la data così:

“8 settembre 1943: quando l’Italia disse no al nazifascismo”. E’ questo il titolo dell’ampio e approfondito servizio che la rivista “Rolling Stone” dedica all’8 settembre e alla lotta di liberazione, con approfondimenti storici e testimonianze dirette.”

50 veterani di guerra americani restituiscono le medaglie (2012)

http://youtu.be/RDcL4xtQwds

Durante il Vertice NATO del 21-05-2012 a Chicago, almeno 50 veterani della US-Army buttano via le loro decorazioni militari e mostrano così al mondo quanto sia controproduttiva e stupida la guerra.

“Il mio nome è Greg Miller. Sono un veterano della Us-Army Infantry e nel 2009 sono stato impiegato in Irak. L’apparato militare distribuisce queste medaglie scadenti ai soldati, ai parenti dei soldati, e cerca così di riempire il vuoto dove prima c’era la loro coscienza, prima che la distruggessero con l’indrottinamento. Ma questo con me non ha funzionato e per questo sono qui per restituire la mia “National Defense Medal” e la “Global War on Terrorism Medal”. Perchè sono solo bugie”.

“Il mio nome è Vince Emanuel e ho prestato servizio nell’Us Marine Corps. Prima cosa, questo è per le persone in Irak e in Afghanistan. Seconda cosa, questo è per i nostri veri antenati. Parlo del movimento studentesco pacifico. Parlo dei Black Panters. Parlo del movimento per i diritti civili. Parlo dei sindacati. Parlo dei nostri fratelli e sorelle socialisti, dei nostri fratelli e sorelle comunisti, dei nostri fratelli e sorelle anarchici, parlo dei nostri fratelli e sorelle del movimento ambientalista. Questi sono i nostri veri nostri antenati. E per finire, il punto più importante. I nostri nemici non vivono 10000 km lontani da qui ma stanno seduti nei consigli di amministrazione, sono i capi dei gruppi industriali, sono i banchieri, sono i manager. Non vivono 10000 km lontani da qui. I nostri nemici sono qui davanti a noi e li vediamo tutti i giorni. E non sono gli uomini e le donne della polizia che abbiamo qui davanti. Sono i milionari e i miliardari che controllano questo pianeta e noi ne abbiamo abbastanza di loro. Si possono riprendere le medaglie.”

Il comunista Rizzo e il Pdl: “Un insulto B. come Moranino”


“Una bestemmia”: così Marco Rizzo e Massimo Recchioni del Partito comunista definiscono il paragone tra Berlusconi e Francesco Moranino, il partigiano passato alla storia con il nome di battaglia “Capitano Gemisto”. I due esponenti del Pc, insieme alla figlia di Moranino, ieri mattina hanno organizzato un incontro a Montecitorio per smontare l’analogia tra Moranino e Berlusconi suggerita dal senatore del Popolo delle Libertà. Secondo l’esponente azzurro, il partigiano ed ex parlamentare Pci avrebbe beneficiato della grazia concessa dall’allora Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat per evitare il carcere e tornare a Palazzo Madama. La stessa cosa cui punta il leader del Centrodestra. “Berlusconi ha tanti avvocati a libro paga – tuona Recchioni – ma non è ben consigliato. Moranino rinunciò alla grazia di Saragat e rimase esule a Praga. Per ritornare in Italia a fare politica attese l’amnistia, perché solo questa cancella l’interdizione dai pubblici uffici e tutte le altre pene accessorie. E poi Moranino di carcere ne ha fatto tanto durante il ventennio”. Il partigiano era stato condannato per l’omicidio di sette presunte spie fasciste. (da “Il Fatto”)

Il video della conferenza stampa alla Camera dei Deputati:

Raduno fascista a Revine Lago

Armando Grava, uno dei martiri partigiani di Revine Lago

Dopo il raduno degli skinheads, i fascisti di casapound si ritrovano dal 12 al 15 settembre a Revine Lago, con un programma a base di incontri, concerti nazirock e dimostrazioni “muscolari” varie, il tutto trasmesso via web con il supporto di Radio Bandiera Nera, la radio del gruppo. Fascisti che fanno festa, in un luogo che ha visto nascere diverse Brigate Partigiane, che ha visto la vera natura del fascismo con uccisioni, deportazioni, case distrutte.

Il Comune ha infatti pagato un altissimo contributo di vite umane, di deportazioni, di indicibili distruzioni: 40 case di abitazione (12% del totale) e circa 60 casere e stalle incendiate nei ripetuti rastrellamenti, incursioni e rappresaglie, eseguiti dalle SS e dalle Brigate nere. Revine Lago risulta, dopo Pieve di Soligo, ed in rapporto al numero degli abitanti, il Comune più danneggiato della Provincia. Il 12 marzo del 1945, in uno degli ennesimi rastrellamenti, viene catturato Armando Grava, staffetta della Brigata Partigiana “Tollot”. Il coraggioso e sfortunato giovane viene sottoposto ad ogni sorta di torture e di sevizie. Sotto stringente interrogatorio, si addossa la responsabilità del ferimento del tedesco e, a conferma di quanto dichiarato, si fa condurre nel luogo dove ha nascosto il proprio mitra. Egli, pur conoscendo tutto della formazione partigiana, non si lascia sfuggire neppure una parola. I fascisti non desistono ed usano tutti i sistemi per farlo parlare. Dopo quattro giorni di continui interrogatori e torture, il giorno 17 marzo, mentre continua il rastrellamento, il giovane Armando viene trasferito nel paese di Lago e precisamente nella trattoria di fronte alla chiesa, dove viene sottoposto ad un nuovo terribile interrogatorio. Questa volta, anche alla presenza della madre e della sorella. Su di lui compiono le più efferate sevizie e violenze. Una ausiliaria fascista, con le forbici, gli taglia la carne degli zigomi, delle sopracciglia, dei testicoli; sulle ferite passa poi della tintura di jodio. Sono quattro giorni di inutili ,tentativi, per strappargli qualche notizia su persone e fatti che egli conosceva bene; quattro giorni di incredibili sofferenze per il povero Armando. Il 17 marzo, con il pretesto di condurlo ad una medicazione si dirigono verso Revine e al confine con Vittorio Veneto, il patriota viene ucciso con una raffica di mitra. Gli gettano sopra il capo un grosso macigno e lo abbandonano sulla strada.

Casapound, dice il sindaco, non ha chiesto permessi perchè la festa è in un luogo privato, lo stesso del raduno degli skinheads di qualche hanno fa. Belle parole, da un sindaco che rappresenta una comunità che ha provato sulla propria pelle il fascismo e quello che rappresenta. Oggi Umberto Lorenzoni “Eros”, segretario dell’Anpi di Treviso, avrà un incontro con questa persona, e ribadirà che ogni rappresentazione ispirata al fascismo in Italia è vietata dalla Costituzione Italiana. Tutti gli antifascisti dovrebbero mobilitarsi e andare dal sindaco per pretendere il rispetto della Costituzione su cui ha giurato fedeltà.

Una serie di video sulla Siria

Questo video mostra le forze ribelli, dette ELS, lanciare un attacco con il gas Sarin su un villaggio siriano:

Quest’altro mostra le forze ribelli siriane caricare una bombola di gas nervino su un razzo da lanciare sui civili e sulle forze governative. Come si vede qui sotto, una ripresa dal video mostra le forze ribelli porre un contenitore blu sospetto su di un lanciarazzi.

http://youtu.be/wGtE2GdKIxY

Un video della Rai che mostra un’altra realtà:

Storia di un repubblichino al soldo dei servizi segreti

C’era un uomo, una spia, prima fascista, poi al soldo dei servizi deviati, che ha attraversato tutta la notte della repubblica italiana e che è stato coinvolto nei più cruenti fatti di sangue che hanno funestato il nostro Paese almeno fino alla metà degli anni ’70, il suo nome era Berardino Andreola, ma in verità ne usava più di uno alla volta. È stato Giuseppe Chittaro e Umberto Rai quando si trattava di indicare la pista rossa di piazza Fontana al giovane commissario Luigi Calabresi; Gunter, quando avrebbe manomesso i timer che hanno fatto saltare in aria Giangiacomo Feltrinelli; Luigi De Fonseca, quando cercava di depistare e confondere le acque di chi cercava il filo che teneva la strategia della tensione e degli opposti estremismi.
A svelarne l’identità e i tanti alias è Egidio Ceccato, storico di Camposampiero che nel suo «L’Infiltrato» disegna un quadro estremamente inquietante della nostra democrazia, per trent’anni almeno tenuta sotto scacco e tutela da un «doppio stato» che ne indirizzava pancia e opinioni al fine di tenere il Paese nel solco della moderazione politica e dell’Alleanza atlantica. In altre parole quella «guerra a bassa tensione» di cui fu ideatore e organizzatore il capo del secret team della Cia Theodore Shackley. E di cui fu strumento in Italia James Angleton, capo del controspionaggio americano a Roma. Un doppio stato che non ha esitato a reclutare servitori fra i reduci di Salò, infiltrare forze armate, polizia, servizi, partiti politici, amministrazioni e aziende pubbliche.
E fino a qui si potrebbe dire che c’è ben poco di nuovo, rispetto ai sospetti e ai troppi segreti che ci trasciniamo dietro da sempre e che lasciano lo spazio alle peggiori delle ipotesi sulla nostra storia recente. La novità sta nell’aver individuato uno dei personaggi che hanno giocato da protagonisti di questa brutta storia: Berardino Andreola, appunto.
Il nostro uomo, secondo Ceccato, giovanissimo ex repubblichino, viene infiltrato tra i gruppuscoli anarchici e dell’estrema sinistra, dopo aver servito per un certo periodo nel Sud Italia.
Ceccato prende le mosse proprio da qui. Sua intenzione era lavorare alla storia di Graziano Verzotto, cittadellese, capo di una formazione partigiana bianca, che nel dopoguerra viene mandato a fare il segretario regionale della Dc siciliana. Senatore, diventa presidente dell’Esm (ente minerario siciliano) e dirigente dell’Eni di Enrico Mattei, di cui sarà il braccio destro in Sicilia. Verzotto è l’uomo indicato recentemente, post mortem, da una sentenza della corte d’Appello del tribunale di Palermo come mandante per l’omicidio del giornalista Mauro De Mauro. Una sentenza contestata e contro cui si sta battendo l’anziano fratello dello stesso Verzotto, avvocato ed ex sindaco di Santa Giustina, e, secondo Ceccato, non senza ragione.
In ogni caso Graziano Verzotto subì un tentativo di sequestro negli anni ’70 che quasi sicuramente l’avrebbe destinato a finire vittima della lupara bianca, se chi lo aveva messo in atto non si fosse dimostrato inadatto allo scopo.
Per quel delitto finì arrestato Berardino Andreola, assieme ai complici. Da qui Ceccato si ritrova a scrivere un altro libro che lo porta a seguire le tracce di Andreola fino a incrociare Pinelli, Calabresi e Feltrinelli. Il primo, com’è noto caduto dalla finestra del quarto piano della questura di Milano all’indomani della bomba alla banca dell’Agricoltura nel 1969. Gli altri due morti a pochi mesi di distanza nella primavera del 1972, proprio quando, grazie alle inchieste trevigiane dei giudici Stiz e Calogero, gli inquirenti scoprono e cominciano a seguire la pista nera veneta che conduce a Franco Freda e Giovanni Ventura; da notare che la carta d’identità falsa trovata a Feltrielli dilaniato sotto il traliccio di Segrate era stata rubata dai neri nel municipio di Preganziol, Treviso, nel dicembre del 1969; mentre i famosi timer di piazza Fontana furono venduti in via Facciolati a Padova.
Secondo Ceccato, il commissario Calabresi si sarebbe reso conto di essere stato “usato” dai servizi e che a colpire a Milano fu «una mente di destra con manovalanza di sinistra». Le stesse responsabili della sua di morte, forse.
E lo stesso Feltrinelli fu un ingenuo strumento nelle mani dei servizi e della destra, che lo fecero saltare letteralmente in aria mettendo in mano all’editore-bombarolo dei timer difettosi preparati appunto da quel Gunter che si era conquistato la fiducia tanto incondizionata quanto malriposta dell’imprenditore rivoluzionario.
Non è un libro facile quello di Ceccato, tra guerra sporca, complotti internazionali, servizi deviati, ossessioni anticomuniste, sgherri, sbirri infedeli, doppi e triplogiochisti, in cui rosso e nero si confondono e si scambiano ruoli, ferro e fuoco in una nuvola di fumo in cui è complicatissimo orientarsi. È un libro ardito che solleverà dubbi e polemiche, ma è un tentativo coraggioso e onesto di gettare un po’ di luce nel pozzo nero della nostra vita pubblica. (di Giorgio Sbrissa da “La Nuova Venezia”)

Un’intervista a Egidio Ceccato autore di “L’infiltrato”