L’ANPI provinciale di Venezia ritiene che i fatti accaduti a Montebelluna e all’Università di Verona siano da condannare senza alcuna attenuante, e non solo come segno di ignoranza sociale, storica e democratica, ma soprattutto per i modi con i quali si è voluto vietare un democratico confronto.
L’ANPI vuole ricordare che il Giorno del Ricordo (fortemente voluto da un’ampia parte del parlamento Italiano) è un giorno rievocativo e celebrativo, con lo scopo di guardare ai fatti istriani e dalmati con un senso di rispetto, di partecipazione al dolore, di conoscenza dei fenomeni barbarici e terribili che hanno scosso, dopo quei fatti, le coscienze di molti italiani. Recita, infatti, la legge: La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero.
Erano chiare le parole dell’allora Presidente Ciampi: «L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro»; concetti ribaditi poi da Napolitano che riaffermava la necessità di «consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa.»
Anche l’ANPI in tutto il territorio nazionale partecipa anche attivamente a queste celebrazioni, portando testimonianze, documenti e riflessioni. Tanti sono gli storici che si confrontano in quel giorno, come tante sono le ricerche che vengono portate a conoscenza dei partecipanti. Tutto questo con la finalità di rispondere ai contenuti espressi dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 che ha istituito il Giorno del Ricordo.
Ma questa giornata dedicata alla conoscenza, all’approfondimento e alla riflessione sulle radici storiche che hanno portato a quelle tragiche conseguenze, per alcune frange nostalgiche e fasciste, è diventata il giorno del riscatto, delle rivendicazioni di un eroismo nazional-fascista, dell’antidemocrazia, di una falsa pretesa di giustizia politica e sociale, della denuncia di atteggiamenti razzisti nei confronti delle minoranze italiane subiti dopo la fine del conflitto mondiale. E spesso opponendo quel giorno di riflessione al Giorno della Memoria; e tutto ciò nella logica della netta contrapposizione tra buono e cattivo, tra vero e falso.
In quest’ottica, gruppi di Naziskin, di iscritti e simpatizzanti della Giovane Italia hanno voluto, a Villa Wassermann a Giavera e nelle aule dell’università di Verona, interrompere le lezioni della ricercatrice storica Alessandra Kersevan con atti intimidatori e violenti. Entrando e occupando spazi pubblici.
Ancora una volta le frange fasciste hanno sostituito il dialogo con la violenza, le idee alle minacce, la conoscenza all’aggressività manifestando una ferocia che ci riporta ad altri periodi, quelli del rogo dei libri, della distruzione delle case del popolo, del disprezzo della cultura.
Ma riteniamo che sia ancor più grave che figure istituzionali come i sindaci o i rettori chiudano gli occhi davanti a fatti così gravi, o ancor peggio prendendo attiva posizione nel vietare tali incontri, e che non rispondano al loro mandato democratico di imparzialità verso le persone e di rispetto di una legge dello Stato. Spesso erigendosi a giudici vietando che gli uomini, le donne, i giovani, gli studenti possano conoscere i fatti e le vicende che hanno indotto una larghissima maggioranza parlamentare, a promuovere un percorso di conoscenza di un periodo storico molto complesso, lasciando invece che violenza, brutalità e minacce e imposizioni veementi possano ancora una volta, dopo settant’anni dall’inizio della Resistenza, essere i soli strumenti per imporre una propria verità.
Il Presidente Provinciale Diego A. Collovini
Il Segretario Provinciale Tullio Cacco