Nato, offensiva globale

Niente ferie, ma superlavoro estivo alla Nato. È in preparazione il Summit dei capi di stato e di governo che, il 4-5 settembre a Newport nel Galles, fisserà le linee dell’«adattamento strategico» in funzione anti-Russia. Come già annunciato dal generale Usa Philip Breedlove, Comandante supremo alleato in Europa, esso «costerà denaro, tempo e sforzo». I lavori sono già iniziati.
In Ucraina, mentre la Nato intensifica l’addestramento delle forze armate di Kiev, finanziate da Washington con 33 milioni di dollari, si stanno riattivando tre aeroporti militari nella regione meridionale, utilizzabili dai cacciabombardieri dell’Alleanza. In Polonia si è appena svolta una esercitazione di parà statunitensi, polacchi ed estoni, lanciati da C-130J arrivati dalla base tedesca di Ramstein. In Ungheria, Romania, Bulgaria e Lituania sono in corso varie operazioni militari Nato, con aerei radar AWACs, caccia F-16 e navi da guerra nel Mar Nero.
In Georgia, dove si è recata una delegazione dell’Assemblea parlamentare Nato per accelerare il suo ingresso nell’Alleanza, le truppe rientrate dall’Afghanistan vengono riaddestrate da istruttori Usa per operare nel Caucaso. In Azerbaigian, Tagikistan e Armenia vengono addestrate forze scelte perché operino sotto comando Nato, nel cui quartier generale sono già presenti ufficiali di questi paesi. In Afghanistan la Nato sta riconvertendo la guerra, trasformandola in una serie di «operazioni coperte».
L’«Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico», dopo essersi estesa all’Europa orientale (fin dentro il territorio dell’ex Urss) e all’Asia centrale, punta ora su altre regioni.
In Medio Oriente la Nato, senza apparire ufficialmente, conduce attraverso forze infiltrate una operazione militare coperta contro la Siria e si prepara ad altre operazioni, come dimostra lo spostamento a Izmir (Turchia) del Landcom, il comando di tutte le forze terrestri dell’Alleanza.
In Africa, dopo aver demolito con la guerra la Libia nel 2011, la Nato ha stipulato nel maggio scorso ad Addis Abeba un accordo che potenzia l’assistenza militare fornita all’Unione africana, in particolare  per la formazione e l’addestramendo delle brigate della African Standby Force, cui fornisce anche «pianificazione e trasporto aeronavale». Ha così voce determinante sulle decisioni relative a dove e come impiegarle. Un altro suo strumento è l’operazione «anti-pirateria» Ocean Shield, nelle acque dell’Oceano Indiano e del Golfo di Aden strategicamente importanti.
All’operazione, condotta di concerto col Comando Africa degli Stati uniti, partecipano navi da guerra italiane anche con il compito di stringere relazioni con le forze armate dei paesi rivieraschi: a tale scopo il cacciatorpediniere lanciamissili Mimbelli ha fatto scalo a Dar Es Salaam in Tanzania dal 13 al 17 luglio.
In America Latina, la Nato ha stipulato nel 2013 un «Accordo sulla sicurezza» con la Colombia che, già impegnata in programmi militari dell’Alleanza, ne può divenire presto partner. In tale quadro il Comando meridionale Usa sta tenendo in Colombia una esercitazione di forze speciali sud e nord-americane, con la partecipazione di 700 commandos.
Nel Pacifico è in corso la Rimpac 2014, la maggiore esercitazione marittima del mondo, in funzione anti-Cina e anti-Russia: vi partecipano, sotto comando Usa, 25000 militari di 22 paesi con 55 navi e 200 aerei da guerra. La Nato è presente con le marine di Usa, Canada, Gran Bretagna, Francia, Olanda e Norvegia, più Italia, Germania e Danimarca come osservatori. L’«Organizzazione del Trattato del Nord-Atlantico» si è estesa al Pacifico.

(il manifesto, 29 luglio 2014)

3 agosto: commemorazione 70° dell’eccidio dei 7 Martiri a Venezia

monumento-alla-partigiana-a-veneziaNon dimentichiamoci, in questo particolare momento, di chi ha donato vita e giovinezza alla nostra libertà che dobbiamo continuare a difendere, oggi più che mai!

ore 18.15 concentramento in via Garibaldi presso la sede dell’ANPI 7 Martiri
ore 18.30 partenza del corteo per i monumenti alla Partigiana e Riva dei Sette Martiri;
ore 19.00 commemorazione ufficiale c/o la lapide dei Martiri.

Saranno presenti il Sub Commissario del Comune di Venezia , Sergio Pomponio, il vicepresidente dell’ANPI provinciale di Trento, Mario Cossali, il presidente dell’ANPI provinciale di Venezia, Diego Collovini, la Presidente della Sezione ANPI 7 Martiri, Lia Finzi, il direttore dell’IVESER, Marco Borghi, e Annamaria Gelmi, nipote dei martiri/fratelli Alfredo e Luciano Gelmi.

Un ringraziamento particolare al maestro vetraio Massimo Costantini e a Gianni Foffano per aver eseguito, a titolo gratuito, le nuove splendide fiammelle votive della lapide dei Sette Martiri.

COSA ACCADDE QUEL 3 AGOSTO DEL 1944
Si fece festa grande, con abbondanti bevute, la notte sul 2 agosto 1944, sulle navi della Marina germanica attraccate alla Riva dell’Impero. Ma quando ci si accorse della sparizione di una sentinella di motovedetta, il Comando germanico non esitò a decidere la rappresaglia, che si abbatté su sette detenuti politici a Santa Maria Maggiore.
Essi erano:
Aliprando Armellini, 24 anni, di Vercelli, partigiano combattente; Gino Conti, 46 anni, animatore della Resistenza nel Cavarzerano; Bruno De Gasperi, 20 anni, di Trento; i fratelli Alfredo Gelmi, 20 anni, e Luciano Gelmi, 19 anni, di Trento (i tre giovani trentini erano renitenti alla leva di Salò); Girolamo Guasto, 25 anni, di Agrigento; Alfredo Vivian, 36 anni, veneziano, operaio alla Breda, comandante militare partigiano nella zona del Piave, l’unico dei sette già condannato a morte per l’uccisione di un marinaio tedesco a Piazzale Roma il 13 dicembre 1943, e l’unico a essere indicato dal Comando tedesco, mentre gli altri sei furono segnalati dalla Questura e dal Comando della Guardia nazionale repubblicana. L’esecuzione volle essere anche una plateale “lezione” per gli abitanti di Via Garibaldi, da sempre zona antifascista. All’alba del 3 agosto pattuglie tedesche perquisirono le case, rastrellando oltre 500 persone – uomini e donne – che furono allineate lungo la Via, mani in alto e faccia al muro, e così rimasero per due ore, prima di essere costrette ad assistere alla fucilazione, dopo la quale 136 uomini furono condotti in carcere come ostaggi. Alle sei del mattino, i Sette Martiri, come subito li chiamò la voce di popolo, furono disposti in fila, legati tra loro con le braccia distese, schiena alla laguna, tra due pali eretti sulla Riva. Un ufficiale tedesco lesse ad alta voce la sentenza e ordinò il fuoco al plotone di 24 soldati, davanti alla folla atterrita. Il cappellano del carcere, don Marcello Dell’Andrea, che aveva accompagnato in motoscafo i condannati, confessandoli e comunicandoli (soltanto Vivian si disse “non professante”), tenne alto il Crocefisso; un attimo prima della scarica dei fucili, Vivian gridò “Viva l’Italia libera” e un altro condannato implorò “Vendicateci”. Con scope e secchi d’acqua, alcuni bambini furono costretti dai tedeschi a ripulire la Riva dalle chiazze di sangue. Pochi giorni dopo, le acque della laguna restituirono il corpo della sentinella tedesca. Non aveva ferite: il marinaio era caduto in acqua ubriaco ed era annegato. Era stata rappresaglia di guerra, e a conflitto concluso non ci fu processo. Soltanto tre giovani donne, alla cui delazione si doveva la cattura di tre dei Martiri furono condannate nel 1947 a otto anni di carcere, pena meramente simbolica per la sopravvenuta amnistia, che rese vano anche il processo contro il brigatista nero che aveva arrestato Conti.
[Testo di Leopoldo Pietragnoli]