Oggi ricorre il 70° anniversario della liberazione di Parigi dal nazismo e dal vichysmo. Non mancheranno le grandi commemorazioni e già si può visitare la video-mostra all’Hotel de Ville e un’altra al Musée Carnevalet con foto e diversi materiali della mostra che fu realizzata subito dopo la Liberazione grazie all’allora direttore del museo che era stato partigiano.
Ma ecco l’amara sorpresa per chi conosce un minimo la storia della Resistenza a Parigi e in Francia: invano troverà qualche ricordo delle migliaia e migliaia di immigrati che si batterono in prima fila per questa causa. Lo sciovinismo francese (di destra e di sinistra) sembra inossidabile, grottesco e quanto mai miserabile. Con il massimo rispetto per i quasi trecentomila (secondo alcuni forse cinquecentomila) francesi che parteciparono alla Resistenza, ricordiamo che sono comunque noti i documenti di archivio riguardanti l’importanza a volte decisiva che ha avuto l’impegno combattente degli immigrati stranieri: italiani, spagnoli, ebrei, polacchi, belgi e di quasi tutte le nazionalità (spesso nella competizione sciovinista fra gaullisti e comunisti francesi i loro nomi furono anche francesizzati). Purtroppo, questa pagina di storia è alquanto ignorata anche nei Paesi di origine. Numerosi fra questi resistenti erano prima andati a combattere in Spagna contro il franchismo e dopo la sconfitta erano passati in Francia. L’arrivo del fascismo al potere in Italia aveva provocato la fuga in Francia di circa un milione di persone, fenomeno che continuò sino al 1939 e anche durante la guerra. La guerra antifascista era continuata dappertutto: i fascisti perseguitavano i fuorusciti, uccisero i fratelli Rosselli, trasformarono le missioni cattoliche bonomelliane in Francia, create per gli emigrati italiani, in case del fascio sostenendo ovviamente i preti che inneggiavano ai “santi manganelli del 1922”.
Non è esagerato dire che però la stragrande maggioranza degli italiani in Francia era antifascista e che i militanti socialisti, comunisti, anarchici e “popolari” erano assai numerosi: in particolare a Parigi, nella banlieue, oltre che a Marsiglia e in altre città.
Sino al 1939 la polizia francese aveva concesso loro un récépissé valido come documento d’identità e come permesso di soggiorno rinnovato ogni mese (il che lasciava queste persone in balia delle minacce d’espulsione se non collaboravano con gli sbirri e se si ostinavano a rifiutare l’arruolamento nella Legione straniera). Ma nell’aprile 1940 il ministro della Giustizia socialista Serol firmava il decreto che condannava a morte tutti i responsabili (o solo sospetti) della ricostruzione delle organizzazioni comuniste e di sinistra sciolte già prima.
I Francs Tireurs et Partisan de la Main d’Oeuvre Immigrée (Ftp-Moi) fu la organizzazione che già negli anni trenta aveva cominciato a inquadrare gli immigrati militanti i quali sin dal 1940 passarono alla lotta armata contro il nazismo e i vichysti collaborazionisti. E’ vero che la maggioranza erano comunisti, ma è sbagliato dire che erano comandati dal Partito comunista francese il quale “brillava” per il suo stalinismo mentre la maggioranza degli immigrati combattenti non sembra proprio che fossero forgiati per le vie nazionali al socialismo e l’obbedienza cieca all’Urss. Prova ne è che in diversi casi combatterono anche con anarchici, socialisti, cattolici e “senza partito”. L’adesione ai Ftp-Moi era quasi sempre dovuta al caso, a incontri amichevoli e soprattutto grazie alle relazioni fra immigrati originari della stessa zona o comunque dello stesso Paese o anche di Paesi diversi proprio perché i francesi in maggioranza erano sciovinisti e spesso razzisti. Nella regione parigina, il gruppo Ftp-Moi che diventerà più famoso sia per le sue azioni temerarie e particolarmente efficaci sia perché i nazisti ne fecero il principale bersaglio della loro controffensiva, fu il gruppo “Manouchian” creato nel 1942 (dal cognome del capo che era un armeno). Questo è l’unico gruppo che resta attivo poiché tutte le altre formazioni partigiane erano state sterminate dalla Gestapo grazie alla collaborazione di quasi tutta la polizia francese e dei “cittadini collaborazionisti”. Del gruppo fanno parte 65 combattenti fra i quali alcuni avevano acquisto la nazionalità francese prima dell’occupazione nazista e dell’arrivo al potere di Pétain – governo di Vichy – o perché nati in Francia (la più vecchia immigrazione era quella di ebrei provenienti da diversi Paesi, polacchi, armeni, italiani e spagnoli; gli italiani erano la maggioranza degli immigrati rimasti con nazionalità straniera). 200 sbirri della Brigata speciale della Préfecture de Police di Parigi insieme alla Gestapo si misero a caccia di questi tenacissimi resistenti. Secondo alcuni il numero di combattenti e loro affiliati era molto più grande se si pensa a quanti li aiutavano per il trasporto di armi ed esplosivi, per i nascondigli, per tutte le diverse necessità di cui abbisogna un gruppo armato che si spostava in una grande città e riusciva a fare attentati nelle caserme dei nazisti, negli hotel dove stavano gli ufficiali e anche a distribuire volantini un po’ ovunque. Fra il 1942 e la fine del ‘43, il gruppo compie 229 azioni denunciate dai nazisti (ma non tutte venivano registrate, tanto meno quelle in cui i nazisti erano stati messi in ridicolo). Secondo alcune fonti riescono a realizzare un attentato ogni due giorni, senza contare i piccoli sabotaggi che in realtà sono opera anche di semplici simpatizzanti. Fra le azioni più spettacolari si ricorda l’eliminazione fisica in rue Pétrarque di Parigi, del generale delle SS Julius Ritter, responsabile della deportazione di circa 500 mila francesi in Germania per il Servizio del Lavoro Obbligatorio (di quest’azione sono accusati Celestino Alfonso, Spartaco Fontano, Léo Kneler e Marcel Rayman).
All’inizio del 1944 i nazisti, con la tortura, riescono a far parlare alcuni fermati e quindi arrestano 23 del gruppo che il 21 febbraio 1944 sono messi a morte alle porte di Parigi (Mont Valérien).
Volendo screditare tutta la Resistenza, i nazisti pubblicizzano il processo contro il gruppo Manouchian attaccando in tutte le strade della città la famosa “affiche rouge”, ossia un manifesto con le facce e i nomi di alcuni arrestati del gruppo, per far leva sullo sciovinismo razzista francese mostrando che i cosiddetti liberatori non erano altro che stranieri, “disoccupati” (“parassiti”) e terroristi che mettevano a rischio la vita della pacifica e buona popolazione parigina: “un’armata del crimine contro la Francia”. Oltre all’affiche furono diffuse in tutta la città decine di migliaia di volantini con un testo che dettagliava l’accusa ai criminali stranieri che avevano cercato di farsi passare per “liberatori”. Ecco i loro nomi, in maggioranza sono giovanissimi: Joseph Boczov (ebreo ungherese, 38 anni, 20 attentati e capo dei deragliatori), Thomas Elek (ebreo ungherese, 18 anni, accusato di 8 deragliamenti di treni), Maurice Fingercwajg (ebreo polacco, 19 anni, 3 attentati e 5 deragliamenti), Szlama Grzywacz (ebreo polacco, 34 anni, accusato di 2 attentati), Missak Manouchian (il capo, armeno, 37 anni, accusato di 56 attentati, 150 morti, 600 feriti), Marcel Rayman (ebreo polacco, 21 anni, 13 attentati), Wolf Wajsbrot (ebreo polacco, 18 anni, 1 attentato e 3 deragliamenti), Robert Witchitz (ebreo polacco, 19 anni, accusato di 15 attentati).
Ed ecco gli altri condannati a morte: Celestino Alfonso (spagnolo, 27 anni), Olga Bancic (rumena, 32 anni, uccisa a Strasburgo), Georges Cloarec (francese, 20 anni), Rino Della Negra (italiano, 19 anni), Spartaco Fontanot (italiano nato a Monfalcone, 22 anni), Jonas Geduldig (polacco, 26 anni), Emeric Glasz (ungherese, 42 anni), Léon Goldberg (polacco, 19 anni), Stanislas Kubacki (polacco, 36 anni), Césare Luccarini (italiano, 22 anni), Armenak Arpen Manoukian (armeno, 44 anni), Roger Rouxel (francese, 18 anni), Antonio Salvadori (italiano, 24 anni), Willy Schapiro (polacco, 29 anni), Amédéo Usséglio (italiano, 32 anni).
Si noterà che sull’affiche sono messi solo gli ebrei di origine straniera, anche se hanno la nazionalità francese, e il capo del gruppo, Missak Manouchian, accusato di una quantità enorme di attentati.
Sull’“affiche rouge” Frank Cassenti ha girato il film con tale nome nel 1976.
(dal blog http://danielebarbieri.wordpress.com)
L’ultima lettera di Manouchian
http://quotidien-parisiens-sous-occupation.paris.fr/index.php