Festa cittadina della pace e della legalità

Si svolgerà nelle piazze di Mirano la Festa della Pace e della legalità promossa dal Centro “S. Slavik” con un ricco programma di attività e spettacoli lungo tutto l’arco della giornata. L’Anpi di Mirano sarà presente con uno stand (con libri e documenti vari) in piazzetta V. Emanuele II. Vi aspettiamo numerosi.

Questo è il testo stilato dall’Anpi di Mirano in occasione di questa giornata:

La pace passa attraverso la giustizia sociale

Sarebbe bastato cancellare l’acquisto di mezzo caccia F-35 per evitare il taglio dei 18 mila posti letto nella sanità pubblica. Come cittadino ho diritto all’istruzione, al lavoro, alla pensione ed alla sanità … posso fare a meno di 131 cacciabombardieri F-35!
Mentre con le manovre di bilancio del 2011-2012, per pareggiare i conti dello Stato, si chiedono forti sacrifici agli italiani con tagli agli enti locali, alla sanità, alle pensioni, all’istruzione, il Governo mantiene l’intenzione di procedere all’acquisto di 131 cacciabombardieri d’attacco F35 “Joint Strike Fighter”.
Il nuovo annuncio di riduzione a 90 esemplari non significa nulla: nessun contratto è ancora stato firmato e possiamo quindi fermare completamente questo acquisto (anche perché la proposta rimodulazione della Difesa deve passare per una discussione parlamentare). Quello del caccia F-35 è un programma che ad oggi ci è costato già 2,7 miliardi di euro e ne costerà – in caso di acquisto di 131 aerei – almeno altri 15 solo per l’acquisto dei velivoli, che potrebbero scendere a 10 miliardi con una riduzione a 90 (il prezzo unitario si alzerà, secondo l’azienda produttrice Lockheed Martin). Complessivamente arriveremo arrivando ad un impatto tra i 15 e i 20 miliardi nei prossimi anni. Le manovre approvate porteranno gravi conseguenze sui cittadini: si stimano proprio in 20 miliardi i tagli agli Enti Locali e alle Regioni (che si tradurranno in minori servizi sociali o in aumento delle tariffe), ed altri 20 miliardi saranno i tagli alle prestazioni sociali previsti dalla legge delega in materia fiscale ed assistenziale, senza contare il blocco dei contratti e degli aumenti ai dipendenti pubblici e l’aumento dell’IVA che colpirà indiscriminatamente tutti i consumatori.
Il tutto per partecipare ad un progetto di aereo militare “faraonico” (il più costoso della storia) di cui non si conoscono ancora i costi complessivi (cresciuti al momento almeno del 50% rispetto alle previsioni iniziali) e che ha già registrato forti critiche in altri paesi partner (Norvegia, Paesi Bassi, Australia, Canada) e addirittura ipotesi di cancellazione di acquisti da parte della Gran Bretagna. Senza dimenticare che, contemporaneamente, il nostro paese partecipa anche allo sviluppo e ai costosi acquisti dell’aereo europeo Euro Fighter Typhoon.
Con i 15 miliardi che si potrebbero risparmiare cancellando l’acquisizione degli F-35 JSF si potrebbero fare molte cose: ad esempio costruire duemila nuovi asili nido pubblici, mettere in sicurezza le oltre diecimila scuole pubbliche che non rispettano la legge 626 e le normative antincendio, garantire un’indennità di disoccupazione di 700 euro per sei mesi ai lavoratori parasubordinati che perdono il posto di lavoro.
Siamo convinti che in un momento di crisi economica per prima cosa siano da salvaguardare i diritti fondamentali dei cittadini, investendo i fondi pubblici per creare presupposti ad una crescita reale del Paese senza gettare i soldi in un inutile e costoso aereo da guerra.

PER QUESTO CHIEDIAMO AL GOVERNO DI NON PROCEDERE ALL’ACQUISTO DEI 131 CACCIABOMBARDIERI F35 E DESTINARE I FONDI RISPARMIATI ALLA GARANZIA DEI DIRITTI DEI PIU’ DEBOLI ED ALLO SVILUPPO DEL PAESE INVESTENDO SULLA SOCIETÀ, L’AMBIENTE, IL LAVORO E LA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE.

Scomparsa di Don Gallo, il cordoglio dell’Anpi

La segreteria nazionale Anpi esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Don Gallo e si stringe attorno alla Comunità di San Benedetto e dei cittadini di Genova. Il Paese intero perde con Don Gallo un autentico servitore dell’antifascismo e della Costituzione. Un esempio, non un’omelia. Un partigiano della solidarietà, della giustizia sociale, dei diritti. Esempio della Resistenza che amava nominare in ogni occasione. La memoria di Don Gallo, delle sue lotte e del suo impegno non ci abbandonerà. La porteremo nel cuore e nella coscienza. Fino a farla scendere nelle piazze, tra la gente. Con la Costituzione in mano.

Segreteria Nazionale Anpi

23 maggio 1992: strage di Capaci

Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani

Questa la strage di Capaci raccontata da Daniele Biacchessi:

Occhi osservano dall’alto della collina. Occhi minacciosi, pieni di odio. Occhi che hanno il colore del tritolo incrociano occhi buoni di uomini e donne. Sono dentro un’automobile che corre verso la morte.
L’ultima corsa di Giovanni Falcone inizia all’aeroporto di Ciampino, a Roma, sabato 23 maggio 1992. Sono le 16,50. Un jet dei servizi segreti decolla con a bordo il giudice e la moglie Francesca Morvillo.Destinazione Palermo, aeroporto di Punta Raisi.Atterrerà 53 minuti dopo.
Li attendono 6 agenti con le loro auto, 3 Fiat Croma blindate. Le vetture si muovono dall’aeroporto.Falcone sceglie la Croma bianca.Lui è al volante, la moglie gli siede accanto. Imboccano l’A29.
La campagna siciliana sfila ai lati con i suoi colori di maggio.Il sole taglia di traverso i finestrini mentre un caldo vento di scirocco accarezza tutti i loro volti.C’è odore di mare.
Sulla statale che corre parallela all’autostrada, una Lancia Delta si mette in moto. E’ quella di Gioacchino la Barbera.
Palermo dista solo 7 chilometri.Le auto si stanno lentamente avvicinando allo svincolo Capaci-Isola delle Femmine.Dalle colline che sovrastano l’autostrada alcuni uomini seguono la scena, scatto dopo scatto, come se fosse la sceneggiatura di un film.Ma un film proprio non è.
L’interruttore che mette in moto il meccanismo della strage è un segnale in codice.Una telefonata ” sbagliata”, entrata nella storia di sangue di Capaci.
“Pronto Mario?”
“No, ha sbagliato numero”
Il cellulare di La Barbera squilla alle 17:02.Sa che quella telefonata non è un errore ma un segnale preciso.Con lui, in un casolare vicino alla statale, ci sono altri sette uomini.Sono al vertice di Cosa Nostra.
La Barbera sale sulla sua Lancia Delta e imbocca la strada che corre parallela alla Palermo – Punta Raisi.Arrivato ad un punto prefissato si ferma e aspetta.Ferrante e Salvatore raggiungono l’aeroporto.Gioè e Troìa inseriscono una ricevente vicino a 500 chilogrammi di esplosivo, in un tombino dell’autostrada.Poi salgono con Brusca e Battaglia sulle colline di Capaci, sotto lo sperone di rocce bianche che interseca il profilo di Montagna Grande.Dall’autostrada, spuntano 3 Fiat Croma.La Barbera riparte e le segue a distanza.Alle 17:49 chiama Gioè sulle colline.
Meno di un secondo e la telefonata s’interrompe. Sono le 17,56 minuti e 48 secondi, l’uomo della collina, Giovanni Brusca, sfiora il tasto del comando a distanza.L’impulso raggiunge il tombino dove è collocata la ricevente.I cinque quintali di tritolo, seppelliti nel canale di scolo, divampano, il boato è enorme, solleva cento metri di asfalto.Si apre una voragine, larga trenta metri e profonda otto, che risucchia metallo, uomini, alberi, massi.
Nella prima auto catapultata a 5 metri gli agenti di scorta muoiono sul colpo: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani.Nella seconda, spezzata in due tronconi, il giudice e la moglie, respirano ancora.Una pattuglia della polizia accosta.Giovanni Falcone e Francesca Morvillo moriranno all’Ospedale Civico di Palermo, un’ora più tardi.L’autista del giudice e gli altri due poliziotti, feriti gravemente, sopravvivono.L’uomo della Lancia Delta è ormai lontano.
L’esplosione di Capaci deflagra fino a Montecitorio.Il 25 maggio viene eletto il nuovo presidente della Repubblica: Oscar Luigi Scalfaro, 73 anni, democristiano.Lo Stato e la politica sono sotto accusa per la morte di 5 funzionari dello Stato.L’Associazione Nazionale Magistrati denuncia: il potere politico è fondato sul consenso criminale.
Ci saranno manifestazioni: a un mese dalla strage di Capaci, 100 mila persone arrivano a Palermo da tutta Italia per sfilare contro la mafia. Sono in gran parte giovanissimi.
Il governo Andreotti approva norme antimafia di emergenza: carceri speciali per i boss, indagini segrete di polizia e premi per i pentiti.
Il ministro della Giustizia Claudio Martelli propone Paolo Borsellino come Superprocuratore antimafia.Intanto il pentito Antonino Calderone avverte: ci saranno altri delitti eccellenti.
Paolo Borsellino lo ripeteva come fosse un’ossessione:“Il mio problema è il tempo ”.Lo diceva in quei cinquantasette giorni dell’estate 1992. Perché morto Giovanni Falcone, Paolo Borsellino sapeva di essere per Cosa Nostra il primo della lista.
Il 19 luglio 1992 a Palermo è una calda domenica.Le indagini sulla morte di Giovanni non competono a Borsellino, ma alle sette del mattino il procuratore Giammanco gli comunica che finalmente potrà occuparsi anche delle indagini su Palermo e provincia, come lui da tempo richiedeva.
Paolo Borsellino pranza in famiglia nella casa di Villagrazia di Carini.Poi, nel tardo pomeriggio, decide di far visita all’anziana madre. Tra il mare e la casa della signora Maria a Palermo c’è un’autostrada, e quel pomeriggio le tre “croma” blindate su cui viaggiano il giudice e la sua scorta transitano vicino allo svincolo di Capaci, dove una striscia di vernice rosso sangue sul guard-rail già ricorda la strage del 23 maggio.
Arrivati in città, raggiungono via Mariano D’Amelio, una strada chiusa, ostruita al fondo da un muro di tufo che recinta un cantiere edile. Paolo Borsellino fa giusto in tempo a citofonare al numero civico 21, quando alle sue spalle esplode una Fiat 126 carica di tritolo.
Muore sul colpo e con lui i sei uomini della scorta: Antonio Vullo, Emanuela Loi, Walter Cusina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Agostino Catalano.
Così si moriva a Palermo.Soli.Senza la protezione morale dello stato che si serve.Senza neanche il tempo di vivere.Senza un saluto, senza aver chiuso l’ultima pagina di un inchiesta.Soli e minacciati… lavorando e basta.Soli…Semplicemente soli.
A vent’anni di distanza dalle stragi di Capaci e di via D’Amelio emerge quello che in molti nel 1992 sospettano: non può esserci soltanto la mafia dietro a quegli eccidi. Le indagini e i processi istruiti da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino stavano scoperchiando l’intreccio ormai confermato tra Stato e mafia, tra uomini delle istituzioni e potere affaristico e criminale.
Qualcosa che nel 1992 si poteva soltanto sussurrare, ma che oggi si può gridare  a gran voce.

Intervista a Giuseppe Costanza, l’autista di Falcone sopravvissuto alla strage

“Ho Vinto Io”: Rosaria Schifani racconta la strage di Capaci

http://www.youtube.com/watch?v=4eqdsjrav9c&feature=share&list=FLkACoSwDssj_XxMTkX3K0IA

Don Gallo è morto

Comunque è vero, sono comunista. Non dimentico mai la Bibbia e il Vangelo. E non dimentico mai quello che ha scritto Marx.

Coriaceo, di strada, sempre vicino agli ultimi. Don Gallo è morto nel pomeriggio di oggi. Di sé diceva di trovarsi più a suo agio nelle sezioni della Cgil che non in Chiesa, ma era proprio con l’abito da sacerdote e il sostegno della sua Chiesa che riusciva a stare vicino ai più indifesi di questa società, alle ragazze vittime della tratta. Fondatore della comunità di “San Benedetto al Porto”, don Gallo ha sempre predicato un sacerdozio povero, non nei palazzi ma per le strade.

Aggiornamento del 24/5/2013:

E l’ “Avvenire” dedica al Don solo un rimbrotto a pagina 13:
Meritare il Paradiso è ben altra cosa, per fortuna, che guadagnarsi la prima pagina di Avvenire, ma suscita comunque tristezza, tanta tristezza più che rabbia, la decisione del quotidiano dei vescovi italiani di dedicare alla morte di Don Gallo solo un articoletto nel basso di pagina 13, in cui subito dopo la notizia si avverte il lettore che le “prese di posizione” del Don “non di rado erano apparse in aperto contrasto con l’insegnamento della Chiesa”. Il giornale della Chiesa dei Ruini, dei Bertone, dei Bagnasco ha mostrato il suo volto duro e arido persino dinanzi alla “salita in cielo” di uno dei suoi sacerdoti certo più criticati, ma anche più amati, seguiti e conosciuti.
Ieri, quelle cinque striminzite colonnine in fondo alla pagina davano una sensazione netta di condanna, non di pietà. Chissà perché venivano in mente le porte sbarrate della chiesa del quartiere Don Bosco a Roma di fronte alla bara di Piergiorgio Welby. A Don Gallo, Avvenire non fa sconti. Anzi: “Un sacerdote controverso che nel corso degli anni, pur con la lodevole intenzione di avvicinarsi evangelicamente ai poveri, non sempre pare aver tenuto nel debito conto quello che Benedetto XVI avrebbe definito nella sua enciclica il necessario connubio tra verità e carità”. Per il quotidiano della Cei, la conferenza episcopale italiana, Don Gallo è stato un prete “scomodo” fino all’ultimo, un eretico rispetto all’ortodossia e al religiosamente corretto. Ma Don Gallo si consoli: se Avvenire fosse uscito ai tempi di Cristo, avrebbe nascosto a pagina 13 la notizia che la prima persona a vedere Gesù risorto fu un’ex prostituta.(da “Il Fatto” del 24/5/13)

 

Proposta per la costituzione di un “Archivio della Memoria”

Questa lettera è stata inviata alle Autorità Comunali di Mirano, per avviare una riflessione sull’importanza di costituire a Mirano un “Luogo della memoria, della memoria Resistente”  dove raccogliere testimonianze  e documenti in ricordo di quanti lottarono e morirono per la Democrazia e la Libertà.
Uno spazio per incontrarsi, studiare e discutere, rivolto soprattutto alle giovani generazioni perché ritrovino le tracce di una storia di popolo capace di  far riflettere  su tanti orrori ma anche su tante speranze in un’Italia  diversa, più giusta, costruita sui valori dalla Carta Costituzionale nata dalla Resistenza.
Approvata dalla Direzione della Sezione A.N.P.I di Mirano e del miranese il 22.01.2013.

Egr. sindaca,
Dott.ssa Maria Rosa Pavanello
p.c.
Dott.ssa Renata Cibin
Delegata alle politiche culturali ed educative
Dott. Federico Vianello
Assessore alla politiche ambientali

Oggetto: Proposta per la costituzione di un “Archivio della Memoria”

Gent.le  Dott.ssa Maria Rosa Pavanello,
la  realizzazione di un “Archivio della Memoria” è da sempre un’esigenza fortemente sentita dagli iscritti alla sezione ANPI di Mirano, oltre che da quanti riconoscono fondamentale il ruolo della trasmissione della storia come realtà viva e partecipata, legata alle trasformazioni socio-economiche del territorio.
Negli anni, l’ANPI, ha prodotto un consistente numero di registrazioni audio-video che riportano voci e volti di protagonisti, sia partigiani impegnati nella lotta armata che semplici cittadini che hanno dato il loro, silenzioso ma importante, contribuito alla causa della libertà.
Oltre a questi cortometraggi, altra documentazione potrebbe pervenire da raccolte personali o familiari,  foto e testi che ulteriormente contribuirebbero a  definire un quadro di storia locale di assoluto valore testimoniale.

I frequenti contatti con il mondo della scuola, (pensiamo alla bella iniziativa svolta in collaborazione con il Comune e con le scuole medie di Mirano, tenuta in piazza Martiri il 12 dicembre 2012), ci hanno fatto riflettere sull’importanza di dar vita ad una realtà, riconoscibile e individuabile dalla cittadinanza, come “Luogo della memoria, della memoria Resistente di Mirano” con accesso regolamentato e attrezzato per la consultazione.
La questione ha trovato un’ ulteriore definizione, la sera del 18 gennaio, durante l’incontro dedicato al  ricordo dei partigiani uccisi all’alba del 17 gennaio 1945 al cimitero di Mirano, quando, sollecitati dai temi trattati dallo storico Davide Conti, molti tra i presenti sono intervenuti esprimendo in modo chiaro la loro preoccupazione per il manifestarsi di forme gravi di amnesia collettiva, specie tra le giovani generazioni.

In merito ci permettiamo di avanzare una  proposta che forse non tiene conto di eventuali, altre ipotesi di destinazione d’uso ma che, a nostro parere, ha il merito di aprire una discussione sulla questione da noi posta.

Negli spazi della Biblioteca Comunale, sin dagli anni ’90, è operante il “Centro di Documentazione Storica Ambientale” rivolto alla ricerca storica in campo urbanistico e degli assetti ambientali, più in generale.
Sarebbe forse utile, anche per favorire il rilancio di questa risorsa pubblica, usare parte delle attrezzature esistenti per aprire una sezione riguardante la storia locale in relazione ai cambiamenti indotti dalle mutate condizioni di vita e di lavoro, con particolare attenzione agli anni del ventennio fascista, della Lotta di Liberazione e della ricostruzione post bellica.

Si potrebbe valutare la costituzione di un comitato “tecnico-scientifico”, in grado di coordinare competenze diverse, coinvolgere rappresentanti della società civile e del mondo del lavoro, della scuola, allo scopo di favorire l’avvio di una fase nuova finalizzata al recupero di un  bene comune di valore, ampliandone le disponibilità, le competenze e il bacino d’utenza.

Non sappiamo se questa sia la proposta giusta, ma come sezione A.N.P.I di Mirano, Le confermiamo la nostra disponibilità a collaborare fattivamente all’iniziativa, sia sul piano organizzativo che della gestione, mettendo a disposizione l’archivio video e le competenze tecniche che già da diversi anni vengono usate per registrare, conservare e divulgare le testimonianze di coloro che si sono riconosciuti e continuano a riconoscersi nei valori della Resistenza e dell’Antifascismo a Mirano.

Certi, con la presente, di contribuire all’avvio di un utile dialogo e riflessione sul tema, cogliamo l’occasione per inviarLe, i più  cordiali saluti.

Mirano 22.01.2013                                                 Il Direttivo A.N.P.I di Mirano e del miranese

25 aprile: notizie dall’Italia

Il 25 aprile è già passato e mai come quest’anno, almeno in Veneto, abbiamo avuto un così consistente numero di celebrazioni, concerti e conferenze sul tema della Resistenza. C’è anche chi vuole infangare questa data fondamentale per la Repubblica Italiana ed è successo a Pescara, la culla della Brigata Maiella, l’unica formazione partigiana decorata con la medaglia d’oro al valor militare e alla bandiera, la prima ad entrare a Bologna e a proseguire il suo cammino fino ad Asiago per liberare l’Italia dai nazisti e dai loro alleati fascisti repubblichini. Il sindaco di Pescara, Luigi Mascia, ha scritto una lettera di censura alla preside Assunta D’Emilio, dirigente scolastica dell’istituto “11 Febbraio 1944“, per aver fatto cantare “Bella Ciao” ai suoi alunni, durante le celebrazioni della Liberazione: secondo il sindaco la canzone è “di chiaro orientamento politico” e per questo accusa la dirigente di “aver trasformato le celebrazioni del 25 aprile in una sorta di conviviale di partito”. Da notare che l’istituto “11 Febbraio 1944” è intitolato così perchè sorge vicino al luogo dove, in quella data,  furono fucilati dai nazisti 9 partigiani italiani catturati in precedenza da fascisti locali. L’ignoranza sulla Resistenza e quanto decisiva è stata per far nascere la nostra Costituzione non è solo appannaggio dei personaggi di centrodestra ma anche di qualcuno del centrosinistra, visto il clima di questi ultimi periodi, saturo di “inciuci” e di asservimento a idee e comportamenti non certo di sinistra. Succede nel comune di Cecina (in provincia di Livorno) dove il segretario comunale e anche segretario dell’Anpi locale, Paolo Bertolini, presenta una mozione in consiglio comunale per dedicare la sala consiliare a Primetta Cipolli: durante il fascismo Primetta è stata un’esponente di spicco del Partito Comunista e un’attivista antifascista. Sposata con Oreste Marcucci, perseguitato dal fascismo e morto nel 1938 sul fronte dell’Ebro durante la guerra civile spagnola, dopo la guerra fu la prima donna ad assumere un incarico istituzionale diventando assessore all’istruzione. Alcuni consiglieri del centro sinistra si oppongono in quanto la figura della partigiana è “divisiva” e non “condivisiva” da tutti i consiglieri e quindi le viene intitolata solo una stanza del comune. Il comitato provinciale dell’Anpi attacca i consiglieri accusandoli di “pressapochismo” e contestando “l’ignoranza sulla storia, sulle persone e sui fatti legati alla Resistenza” perchè “considerare divisiva la figura di una donna che si è battuta contro il fascismo significa non aver compreso che la nostra Costituzione ha le sue radici nella Resistenza perchè antifascismo e Repubblica sono i due elementi inscindibili che danno senso alla nostra democrazia. E la democrazia dovrebbe far capo ad ogni schieramento politico e non è appannaggio di una sola parte”. Alla fine interviene il sindaco Stefano Benedetti e, per chiudere le polemiche, afferma che la sala consiliare verrà intitolata a Primetta Cipolli e il consiglio comunale approva. Adesso si aspetta la decisione della giunta che dovrà approvare la delibera.

Notizie tristi dall’Italia…ma a Roma sabato scorso durante la manifestazione della Fiom a Roma indovinate qual’era la canzone più cantata? Proprio quella che il sindaco di Pescara (e tanti come lui) non vuole proprio sentire: guardate il video in apertura.

 

Verona capitale fascista, con la scusa del calcio

Il Verona Hellas torna in serie A; i neofascisti si preparano a invadere l’Arena, con i finanziamenti e la condiscendenza del sindaco Flavio Tosi. Per festeggiare degnamente questo avvenimento alcune associazioni, tra cui l'”associazione culturale Hellas Verona”, con il patrocinio del Comune di Verona e la sponsorizzazione di tutte le sue partecipate (AMIA, AGSM, ATV), ha organizzato per lunedì 20 maggio un maxi concerto. Il palcoscenico offerto dall’amministrazione sarà all’altezza dell’evento: l’Arena, l’antico anfiteatro romano.
Il presidente dell'”associazione culturale Hellas Verona”, Alberto Lomastro, non è il primo che passa per strada. Già noto alle cronache cittadine per essere il leader carismatico della Banda Loma (nucleo dei duri e puri della curva sud nei primi anni ’90), indagato (con Yari Chiavenato di Forza Nuova, poi assolti entrambi) per la vicenda del manichino di colore impiccato dagli ultras nel 1996 come protesta contro la decisione della società di acquistare il calciatore africano Ferrier, coordinatore provinciale e candidato nelle liste della Fiamma Tricolore, poi candidato per Forza Nuova, in seguito accolto a braccia aperte nella Lega Nord di Flavio Tosi (che lo presenta per due volte in conferenza stampa).
Ad allietare la serata ci saranno gruppi musicali, cabarettisti e cantanti. Tra gli ospiti anche due band locali di riferimento dell’estrema destra: Sumbu Brothers e 1903.
Dopo una gavetta come gruppi spalla a varie band di chiara ispirazione nazi-fascista italiane tra cui gli Zetazeroalfa del leader di Casapound Gianluca Iannone, i Gesta Bellica di cui faceva parte l’attuale presidente di AMIA Andrea Miglioranzi, e i Legittima Offesa, responsabili di numerose aggressioni a Bologna, oggi i Sumbu Brothers e i 1903 hanno la possibilità di calcare un palcoscenico patrimonio storico-culturale e vera icona della città di Verona, davanti al “pubblico delle grandi occasioni”. Gli stessi hanno suonato insieme sempre qui a Verona, alla Teca, con la collaborazione del “The Firm”, circolo night-club al cui indirizzo risultano domiciliati sia la sede di Forza Nuova sia il negozio di merchandasing nazifascista “il Movimento”. E suoneranno presto di nuovo, ancora in territorio scaligero, in occasione dei vent’anni dalla nascita della Tuono Records, tra le più note etichette discografiche nazionali del cosiddetto nazirock.  Il clima in cui è maturato nel 2008 l’omicidio di Nicola Tommasoli non è cambiato. Lo stanno a dimostrare anche le numerose aggressioni che continuano tutt’oggi, ultime quella del febbraio scorso all’interno della stessa università scaligera o quelle che hanno visto protagonista Marcello Ruffo, leader locale di Casapound e consigliere in circoscrizione per la lista “Civica per Verona – Tosi sindaco”.
Ancora una volta è grazie alla strumentalizzazione dell’immagine (a Verona molto spendibile) della squadra e dei colori cittadini che chi rivendica senza pudore il proprio credo fascista riesce a veicolare la propria simbologia e le proprie pratiche. (http://www.contropiano.org)

Anpi Nazionale: Comunicato sulle Riforme Costituzionali

In relazione ai diversi progetti che si vanno formulando, anche in sede governativa, a riguardo di un sistema di riforme costituzionali, ribadisce la più ferma contrarietà ad ogni modifica, legislativa o di fatto, dell’art. 138 della Costituzione, che – semmai – dovrebbe essere rafforzato e del quale in ogni caso, si impone la più rigorosa applicazione;
conferma il netto convincimento che il procedimento da seguire non può che essere quello parlamentare, attraverso gli strumenti e le commissioni ordinarie, non essendovi ragione alcuna per eventuali nuove formule e strutture, essendo più che sufficiente quanto già previsto dai regolamenti parlamentari;
riafferma l’inopportunità del ricorso ad apporti esterni che in qualche modo incidano sul lavoro parlamentare e che non siano quelli già previsti, attraverso i quali si possono acquisire opinioni e contributi di esperti, mediante pareri, consultazioni, audizioni e quant’altro;
conferma la convinzione, più volte espressa, che le riforme possibili ed auspicabili sono solo quelle che risultano in piena coerenza con i princìpi della prima parte della Costituzione e con la stessa concezione che è alla base della struttura fondamentale della seconda, indicando fra le riforme possibili, la diminuzione del numero dei parlamentari, la differenziazione del lavoro delle due Camere, l’abolizione delle province; tutte materie sulle quali esiste già una notevole convergenza e che non pongono problemi di coerenza complessiva;
ribadisce quanto già espresso in varie occasioni, vale a dire la netta opposizione dell’ANPI ad ogni riforma che introduca il presidenzialismo o il semipresidenzialismo, non risultano ragioni evidenti per stravolgere il delicato e complesso sistema delineato dal legislatore costituente;
conferma ancora una volta, l’assoluta e prioritaria necessità di procedere alla modifica della legge elettorale vigente, da tutti ritenuta inadeguata e dannosa;
invita tutti gli organismi dell’ANPI ad impegnarsi a fondo su questi temi, promuovendo dibattiti e confronti, irrobustendo l’informazione ai cittadini, assumendo tutte le iniziative (a partire da quelle per il 2 giugno e in particolare da quella di Milano), idonee ad ampliare il consenso attorno a queste posizioni, d’intesa con altre associazioni democratiche e con tutte le forme di aggregazione di cittadini interessati a problemi di ordine costituzionale, chiarendo soprattutto che non si tratta di restare ancorati a tutti i costi ad un sistema immodificabile, ma di impedire ingiustificate alterazioni di esso e assicurare che non vengano poste in atto misure pericolose, suscettibili di scardinare la profonda ed intima coerenza del sistema costituzionale, senza alcun vantaggio per la democrazia.
Roma, 16 maggio 2013

Adesione Nazionale dell’Anpi alla manifestazione della Fiom-CGIL

Carissime e carissimi, di seguito l’adesione del Presidente Smuraglia, a nome dell’ANPI Nazionale, alla manifestazione della FIOM-CGIL del 18 maggio a Roma:

“Ho ricevuto il Vostro appello per la manifestazione del 18 maggio. L’’ANPI Nazionale ne condivide i contenuti e gli obiettivi ed apprezza l’iniziativa, a cui auguriamo pieno successo, in una fase così difficile della vita del nostro Paese e in presenza di una gravissima emergenza sociale”.

CasaPound, fascisti del 5×1000

Fra il 2010 e il 2011 i sedicenti fascisti del terzo millennio, quelli di CasaPound, riceveranno oltre 41 mila euro del 5 per mille come si legge dalle liste dell’Agenzia delle Entrate: 27 mila è la somma indicata dagli ultimi dati diffusi – del 2011 – frutto della libera scelta fatta davanti al commercialista da un migliaio di italiani (il totale si aggira tecnicamente sui 25 mila, cifra alla quale si vanno poi ad aggiungere altri 1800 euro “in dote”, cioè la porzione ridistribuita proporzionalmente per settore, a pioggia, dal meccanismo).
Non è ancora dato sapere quanto prenderanno per il 2012, ma già si preparano alla loro quarta tornata consecutiva, il 2013. Nel frattempo gli altri 14 mila euro, datati 2010, sono arrivati a destinazione. Con i complimenti dello Stato italiano, che finanzia così de facto un partito che si richiama esplicitamente all’esperienza fascista.
Nonostante il fatto che ai partiti il 5 per mille non spetti. Perché CasaPound è, sì, un’associazione di promozione sociale, ma è principalmente un movimento e un partito politico: sta facendo campagna elettorale per un proprio sindaco alle comunali di Roma – Simone Di Stefano, già candidato governatore del Lazio – mentre alle scorse elezioni nazionali aveva provato a entrare in Parlamento.
E la legge parla chiaro: “Non si considerano in ogni caso ONLUS […] i partiti e i movimenti politici”. Lo stabilisce la cosiddetta “Legge Zamagni”, cioè il decreto legislativo 460 del 1997, all’articolo 10. Lo stesso Stefano Zamagni, ex presidente dell’Agenzia per le Onlus spenta da Mario Monti, interpellato dall’HuffPost conferma quest’interpretazione: “Niente partiti nel 5 per mille”. Inoltre, in nessuna riga del Decreto del Presidente del Consiglio del 23 aprile 2010, che aggiorna i parametri per l’accesso al 5 per mille, e al suo ricco bouquet di sgravi fiscali (criteri confermati anche l’anno seguente) si fa menzione di un’inclusione dei partiti fra i soggetti destinatari. Eccezion fatta per le cosiddette fondazioni politiche, che sono però un animale ben diverso.
Anche per questo, sfogliando gli elenchi del volontariato che attinge a questi soldi pubblici, proprio non ti aspetteresti d’incappare in CasaPound. Pregiudizio vuole, d’altronde, che parlando di organizzazioni di utilità sociale il pensiero corra più facilmente al mondo dell’associazionismo, della ricerca o della spiritualità, che a un gruppo dell’estrema destra italiana (per quanto sociale). E in effetti “CasaPound Italia”, nelle oltre ottocento pagine delle liste del 5 per mille, formalmente non ce la trovi, neppure a cercarla con il lanternino: né scritta con la “u” italiana, né con la “v” latina. Ciò che vedi, piuttosto, è una società cooperativa onlus a responsabilità limitata: “L’isola delle tartarughe”. Nome che – per chi non ha familiarità con la testuggine ottagonale del logo casapoundiano – potrebbe sembrare soltanto una delle innumerevoli associazioni animaliste dedicate al panda di turno.
Allora che cos’è veramente, questa mitica Isola delle Tartarughe? Il cosiddetto codice “Ateco” con cui è registrata (93299) indica “altre attività di intrattenimento e di divertimento”. Cioè nello specifico: sagre, mostre, animazione di feste e villaggi, ludoteche, marionette, fuochi d’artificio e stand di tiro a segno. Ma sfogliando un’aggiornata visura camerale, l’oggetto sociale della cooperativa lievita alla lunghezza monstre di sei pagine. Per prendersi cura degli emarginati – dagli ex degenti di istituti psichiatrici ai tossicodipendenti – i mezzi sono infiniti: dalla raccolta differenziata alla tutela delle arti, dalla consegna pacchi alla vendita di pezzi di ricambio per auto. Tutto ciò, con due (2) dipendenti.
Non è chiaro che cosa c’entri questo con CasaPound Italia. Sul sito, se cerchi le parole “isola delle tartarughe”, ti si risponde pacatamente: “Nessun post corrispondente alla query”. Il legame però salta facilmente agli occhi: in apertura della loro homepage campeggia a caratteri cubitali la scritta “5×1000 A CASAPOUND”, e il codice fiscale riportato in bella vista sotto la scritta – cioè 09301381001 – non lascia spazio a dubbi: è quello dell’Isola delle tartarughe (del resto neanche per una tartaruga un codice fiscale può fare riferimento a due soggetti diversi).
La parentela fra le due testuggini l’avevano già fatta notare due senatori democratici della scorsa legislatura, Francesco Ferrante e Roberto Della Seta, i quali – incuriositi dalla vicenda di un casale “regalato” da Gianni Alemanno alla cooperativa in questione – in aula illustravano quanto segue: “La cooperativa ‘Isola delle tartarughe onlus’ a quanto consta agli interroganti è chiaramente riconducibile a CasaPound: Paolo Sebastianelli [l’amministratore unico, ndr] è uno stretto collaboratore del leader di CasaPound Gianluca Iannone”.
Allora come ci sono finiti negli elenchi del 5 per mille – seppure sotto altro nome – i “fascisti del terzo millennio”, e per quattro anni di seguito? La responsabilità della scelta non è dell’Agenzia delle Entrate: le cooperative sociali, infatti, una volta iscritte nell’albo tenuto dal Ministero dello sviluppo economico, diventano in gergo “onlus di diritto”. E dunque – quando ne fanno richiesta – vengono automaticamente incluse negli elenchi.
Non è dato sapere come e perché sotto l’ultimo governo Berlusconi il Mise abbia spalancato ai casapoundiani le proprie porte. Ma il risultato è che queste tartarughe sono oggi tutt’altro che in estinzione. Con quei 27.352,61 euro che gli arriveranno per il 2011, non solo raddoppiano il raccolto da un anno all’altro – senza dubbio segno del crescente successo dei fascisti ispirati allo scrittore americano Ezra Pound – ma balzano fulminee dal 2390esimo a un decorosissimo posto numero 1009 fra i più premiati dagli italici contribuenti. Subito sopra tanti altri nomi più immediatamente riconoscibili, come Soccorso degli Alpini e Fondazione Intesa San Paolo (rispettivamente poco più e poco meno di 26 mila euro), e dando uno stacco enorme ad altre, come la Fondazione Teatro la Fenice (16 mila e rotti).
“CasaPound Italia opera dal 2008 nel sociale, nel volontariato, nello sport, nella politica al servizio dei cittadini senza alcun finanziamento pubblico” – si legge sul loro sito di raccolta fondi – Hai l’opportunità di sostenerla in una campagna elettorale che sarà completamente autofinanziata”. Restano da capire due cose: il 5 per mille conta come finanziamento pubblico a un partito? E la testuggine, in questo caso, non somiglia più a un camaleonte? (http://www.huffingtonpost.it)