Foibe: nazisti e Pdl contro l’Anpi e la storica Alessandra Kersevan

Un raduno del fronte veneto skinheads

Momenti di tensione, sabato, si sono registrati al convegno sulle foibe organizzato dall’Anpi e intitolato “Fascismo, confine orientale e foibe”. Non contenti delle minacce dei giorni precedenti, che avevano già portato gli organizzatori a uno spostamento della sede dell’iniziativa, un gruppo di nazisti del “Veneto Fronte Skinheads”prima si sono presentati all’ingresso dell’ex biblioteca dove l’Anpi teneva una conferenza stampa con la storica Alessandra Kersevan, e poi di nuovo a Villa Wassermann, a Giavera, durante l’incontro pubblico. Gli estremisti di destra hanno fatto irruzione all’interno della sala, minacciato i presenti e realizzato un volantinaggio prima che alcuni carabinieri li obbligassero ad abbandonare il convegno. Nel frattempo la sala – piena, dicono i giornali locali – aveva intonato ‘Bella Ciao’ e slogan antifascisti.
Poco dopo all’iniziativa, in cerca anche loro di visibilità, si sono presentati alcuni esponenti della Giovane Italia, movimento giovanile di estrema destra interno al Pdl. Guidati dal loro presidente provinciale Claudio Borgia hanno tentato anche loro di entrare all’interno di Villa Wassermann per volantinare e megafonare, ma i carabinieri ancora presenti li hanno invitati a desistere.
Già nei giorni scorsi le minacce e le proteste dell’estrema destra nei confronti dell’iniziativa sulle foibe controcorrente rispetto alla vulgata comune, avevano convinto il sindaco di Montebelluna Marzio Favero a revocare la concessione dell’auditorium della biblioteca di Montebelluna tanto da costringere l’Anpi a chiedere e trovare ospitalità a Giavera, dove il sindaco Fausto Gottardo aveva concesso la sala di villa Wassermann. «La nostra intenzione era di fare un sit in dalle 15 davanti alla biblioteca per indirizzare quanti arrivavano al municipio» spiega un po’ sconsolato il presidente dell’Anpi di Montebelluna, Sergio Brunello, «ma non siamo riusciti a trovare nessuno in municipio per avere l’autorizzazione alla manifestazione, la Digos ci ha fatto poi presenti i problemi di ordine pubblico che potevano sorgere per la presenza di Forza Nuova con un suo gazebo, a quel punto abbiamo trovato la disponibilità di villa Wassermann per il convegno e quindi lo spostiamo lì e al posto del sit-in faremo una conferenza stampa nella nostra sede». (dal sito www.pane-rose.it)

Il caso Montebelluna dal sito www.diecifebbraio.info:

http://www.diecifebbraio.info/wp-content/uploads/2013/02/GIORNO-DEL-RICORDO-A-MONTEBELLUNA..pdf

Coerenza antifascista

Manifesto elettorale stile casapound

Tante strette di mano fra i candidati alla presidenza del Lazio prima della tribuna politica organizzata dal Tgr. Tante tranne una. Sandro Ruotolo, candidato alle elezioni, ha rifiutato di stringere quella portagli da Simone Di Stefano, esponente di Casapound. “Sono orgogliosamente antifascista – ha spiegato l’ex giornalista di Servizio Pubblico – E inoltre è stato proprio un esponente di quel movimento a scatenare su Facebook alcune battute omofobe nei confronti di Nichi Vendola. Per questo niente mano”. Ruotolo si riferisce al caso di Romano Amatiello, esponente del gruppo fascista, che aveva definito “Checcus Istericus” il leader di Sel. “Non sapevo chi fosse Di Stefano finché non è venuto a presentarsi . C’erano le telecamere, si è avvicinato e voleva farsi fare una foto con me. Ma la politica non è mica una gita scolastica dove si fanno le foto di gruppo”. “Io non sono di quelli che in tv si comportano in un modo e fuori sono tutti amici. Per me l’antifascismo è un valore, ed è naturale non stringere la mano a chi si professa tale. Serve avere rispetto per gli elettori”.

La giornata del ricordo

Soldati del Regio Esercito Italiano fucilano 5 contadini di Dane (Slovenia)

Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec: sono questi i nomi dei 5 abitanti di Dane in Slovenia fucilati dai soldati italiani il 31 luglio del 1942. Questa è una foto che trovate spesso nelle celebrazioni della giornata del ricordo e viene sempre usata in maniera sbagliata sia da fascisti e post-fascisti ma anche da istituzioni pubbliche, da comuni, province, video, siti internet e, da buon ultimo, anche da Bruno Vespa nella puntata dello scorso anno di “Porta a porta”: gli italiani nella foto sono quelli in divisa e il far passare per martiri delle foibe 5 sloveni fucilati la dice lunga sulle mistificazioni e falsità che continuano ad essere dette e scritte dai più svariati personaggi che non hanno evidentemente mai fatto una ricerca storica precisa e basata sui documenti (sono tanti ed esistono) degli archivi di stato.
Un altro caso emblematico, riportato alla nostra  conoscenza dallo storico Davide Conti, è quello di un criminale di guerra italiano, Vincenzo Serrentino, premiato nel 2007 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’ambito della cerimonia annuale di conferimento della medaglia come “martire delle foibe” e che causò un incidente diplomatico con la Croazia. Nella motivazione ufficiale viene presentato semplicemente come “ultimo prefetto di Zara italiana”. In realtà Serrentino arrivò a Zara nel ’19 come ufficiale del Regio esercito e fu all’inizio degli anni ’20 tra i principali dirigenti del Fascio di combattimento di Zara. In seguito divenne tenente colonnello delle Camicie nere e dopo l’occupazione della Jugoslavia da parte delle truppe dell’Asse fece parte del Tribunale speciale per la Dalmazia, l’organo di “giustizia” che serviva a dare una copertura giuridica alle rappresaglie contro il movimento partigiano. Per questo la Jugoslavia inserì il Serrentino, assieme agli altri suoi colleghi del Tribunale speciale, nella lista di criminali di guerra italiani presentata alle Nazioni Unite. Lui fu però uno dei rari criminali di guerra che gli jugoslavi riuscirono a catturare e portare davanti a un tribunale. Venne infatti giudicato a Sebenico e condannato a morte, sentenza che venne eseguita il 15 maggio del 1947. Cosa ricordiamo nella giornata del ricordo?

Dossier Dane sull’uso della foto (dal sito www.diecifebbraio.info):  https://docs.google.com/file/d/0B2Fig3cDXuVMZ2FoNXVYdjNJemc/edit?usp=sharing

Dossier premiazioni:  https://docs.google.com/file/d/0B2Fig3cDXuVMM3VOdTBrVS1KekU/edit?usp=sharing

Alessandra Kersevan sulla verità storica delle foibe:

Fogli della memoria

Vi presentiamo il “foglio della memoria” di Damiano Salaroli della classe 3^ A In dell’Istituto Tecnico “P. Levi” di Mirano, che ha vinto il premio ANPI 2013 “Dalla consapevolezza emotiva alla consapevolezza critica”, consegnato allo studente dal Segretario della sezione di Mirano, Bruno Tonolo.

“Dicono che il sole splenda per tutti
Ma nel mondo di alcuni non splende affatto
Dicono che l’amore sia un flusso
Che troverà la sua strada
Alcuni pensano che la vita sia un sogno
Così fanno le cose peggiori.”
(Bob Marley)

Mentre ero nei due Campi, ho riflettuto molto sul presente e sul futuro; mi sono chiesto: cos’ha imparato l’uomo da questo orribile fatto? Mi permetto di dire Niente, niente a confronto di ciò che è successo. La storia ci insegna, o meglio, ci dovrebbe insegnare molte cose ma purtroppo l’essere umano è ottuso, è spento, privo di una propria cultura e tutto ciò mi fa paura. Questa guerra mi ha fatto capire che l’uomo pensa solo a se stesso, che pensa a riempirsi la propria pancia piuttosto che la mente, pensa a riempirsi il proprio portafogli piuttosto che la propria anima. Ricordare serve, ma il ricordo da solo non basta, deve essere accompagnato da ideali nuovi, totalmente contrari a quelli di una volta perché sono convinto che nella parola “dittatura” si sia aggiunto un nuovo significato, ora viviamo in una dittatura intellettuale nascosta, che piano piano si insidia dentro di noi. Le informazioni di parte, molto spesso false, la falsa libertà di stampa, l’ipocrisia di chi ci governa, ma soprattutto ci stanno e ci stiamo togliendo la libertà, quella libertà che è stata conquistata con il sangue dai nostri Partigiani e scritta nella Nostra Costituzione. Stiamo perdendo i veri valori, più le generazioni vanno avanti e più tutto diventa superficiale. E’ facile ricordare che gli ebrei non erano liberi di avere una propria identità, di vivere in una propria casa, di avere un proprio lavoro ma soprattutto non avevano la libertà di dire: “Sì, io ci sono!”. Noi non pensiamo che dobbiamo tenerci strette le nostre libertà, libertà che purtroppo si stanno perdendo. Ci basta chiedere un tetto, avere un bel telefono, guardare la partita di calcio alla domenica e andare due giorni al mare ma il resto ci può essere anche negato. Ognuno di noi dal Genocidio dovrebbe avere un occhio molto più critico, dovrebbe sapere arrabbiarsi e dire: “Sì, io ci sono!” perché la nostra fortuna più grande è questa, è poter pensare con la propria testa ed esprimere la propria opinione.

“Mi fa bene comunque illudermi
che la risposta sia un rifiuto vero
che lo sfogo della tolleranza prenda consistenza
e ridiventi un coro.”
(Giorgio Gaber)

Nuto Revelli

Nuto Revelli nasce a Cuneo nel 1919. Ufficiale degli alpini, visse la tragedia della campagna di Russia e della ritirata, documentandola nel diario “Mai tardi”. Salito in montagna dopo l’8 settembre, diresse una delle più attive formazioni partigiane del Cuneense: questa esperienza è riflessa nel volume “La guerra dei poveri”. Ha raccolto nel volume “La strada del Davai” le testimonianze orali di quaranta reduci della Cuneense e, nell’ “Ultimo fronte” le lettere di soldati caduti o dispersi nella seconda guerra mondiale. Nel 1977 scrisse “Il mondo dei vinti”, una raccolta di testimonianze orali la cui idea risale ai mesi della guerra partigiana: far parlare “quelli che non sapevano”, i “vinti”, i contadini e i montanari delle zone depresse del Cuneense, gli emarginati, i dimenticati di sempre. Storie di guerra, di lavoro, di emigrazione, storie vere del mondo contadino fotografato nella sua dura realtà quotidiana: pagine che costituiscono un atto di accusa per un genocidio silenzioso attuato nell’indifferenza di tanti e che costituiscono la preziosa documentazione di una civiltà e di una cultura ormai passata.

“Una società che abbandona al proprio destino le sacche di depressione e miseria, che soffoca le minoranze, è una società malata”

Nessuno ha voluto accompagnare i contadini nella Storia come protagonisti. Il “mondo dei vinti” è stato lasciato in disparte, utile serbatoio di soldati inconsapevoli, di manodopera strappata al suo ambiente naturale, di docili elettori. Nuto Revelli ha raccolto queste testimonianze per trasformare in una lezione per il presente (di consapevolezza critica, di autocoscienza) l’esperienza di “quelli che non sapevano”.
Nuto è morto a Cuneo il 5 febbraio 2004.

Un calcolo approssimativo dice che nell’estate 1944 operano nel Cuneese seimila partigiani. Ogni giorno i «Notiziari dell’attività ribellistica», compilati dal prefetto fascista e inviati al Ministero dell’Interno, al Quartier Generale, al Capo della Polizia, registrano decine di «colpi di mano», di azioni e sabotaggi compiuti dai «fuorilegge», dai «banditi», dai «ribelli». Ormai i fascisti si sentono assediati, chiusi in una morsa tremenda, e rispondono come sempre con le rappresaglie, con le torture, i massacri, gli incendi. I fascisti guardano ogni notizia, ogni fatto, con la lente di ingrandimento. Senza una massiccia presenza dei tedeschi si sentono perduti, impotenti.
I rastrellamenti dell’estate-autunno incidono di nuovo sul morale delle popolazioni. L’inverno 1944-45 si presenta durissimo. Nel cuore del’inverno le brigate partigiane che operano nelle valli, nelle immediate retrovie del fronte alpino, devono smistare verso le Langhe una parte delle loro forze.
Poi la primavera 1945, poi i giorni del 25 aprile, con le popolazioni protagoniste nella battaglia della Liberazione. II prezzo pagato dalla nostra gente, il prezzo visibile, è scritto sulle lapidi, sui cippi disseminati a centinaia nelle valli, in pianura, nelle Langhe. Sono duemila i nostri Caduti in combattimento, gli impiccati, i morti sotto le torture, i morti nei campi di sterminio e nei campi di prigionia tedeschi. Molti di questi Caduti sono contadini, anche se le lapidi e i cippi non lo dicono.” (dall’introduzione a “Il mondo dei vinti”)

I testimoni si dilungano nell’inventariare e descrivere i nascondigli dei «renitenti». Ma una cosa non la dicono, forse perché la ignorano, forse perché fingono di ignorarla. Non dicono che la sicurezza delle «tane» che ospitavano i «renitenti» era tutta e soltanto nella forza, nella presenza attiva dei partigiani. Senza la presenza attiva dei partigiani, i tedeschi e i fascisti avrebbero stroncato il fenomeno della renitenza nel giro di dieci giorni.
Tutti gli eccidi, tutte le rappresaglie, sono scolpiti nella mente dei testimoni. Salvi, Frezza, Ronza, Ferrari, Brachet, Pavan, Pocar, Languasco, Gagliardi, Rossi, sono ancora simbolo del terrore. Non per niente i testimoni, quando descrivono le imprese dei Salvi o dei Languasco, tremano, si emozionano. Raccontano, ed è come se rivivessero un brutto sogno, come se disegnassero un ex voto. Hanno paura a parlare dei fascisti e del fascismo, come se ne temessero il ritorno! Soltanto i congiunti dei partigiani, soltanto i congiunti dei fucilati e degli impiccati, quando raccontano vanno oltre l’episodio, e mi parlano senza mezze parole del fascismo di ieri e di oggi. Lorenzo Falco, ex partigiano, sopravvissuto ai campi di sterminio, non esita, mi dice: « Il fascismo di oggi è solo il risveglio della morte». (dall’introduzione a “Il mondo dei vinti”)

http://www.nutorevelli.org/biografia.aspx

La canzone “Pietà l’è morta” con parole di Nuto Revelli:

2 febbraio 1943: liberazione di Stalingrado

… Porre il problema dell’esistenza di Dio a Stalingrado, significa negarlo. Te lo devo dire, caro padre, e mi rincresce doppiamente. Tu mi hai educato, perché mi mancava la mamma, e mi hai sempre messo Dio davanti agli occhi e all’anima.
E doppiamente mi rincrescono queste mie parole, perché saranno le mie ultime, e non potrò mai più dirne altre capaci di cancellarle e di espiarle.
Tu sei pastore di anime, padre, e nell’ultima lettera si dice solo la verità, oppure ciò che si ritiene vero. Ho cercato Dio in ogni fossa, in ogni casa distrutta, in ogni angolo, in ogni mio camerata, quando stavo in trincea, e nel cielo. Dio non si è mostrato, quando il mio cuore gridava a lui. Le case erano distrutte, i camerati erano tanto eroici o così vigliacchi quanto me, sulla terra c’erano fame ed omicidio e dal cielo cadevano bombe e fuoco. Soltanto Dio non c’era. No, padre, non c’è nessun Dio. Lo scrivo di nuovo, e so che è una cosa terribile e per me irreparabile. E se proprio ci deve essere un Dio, è solo presso di voi, nei libri dei salmi e nelle preghiere, nelle pie parole dei preti e dei pastori, nel suono delle campane e nel profumo dell’incenso. Ma a Stalingrado, no. (Ultime lettere da Stalingrado, Einaudi)

Oggi, 2 febbraio, ricorre il  70° anniversario della liberazione di Stalingrado (oggi Volgograd) dopo una delle più lunghe e terribili battaglie della II guerra mondiale.
La battaglia, durò oltre sei mesi e costò la vita ad almeno 750.000 militari e 250.000 civili. La vittoria delle truppe sovietiche nella battaglia di Stalingrado fu di grande importanza politica e di rilievo internazionale e rinforzò la resistenza nei paesi europei occupati dai nazifascisti. Nel luglio 1942 i tedeschi occupano la metà del territorio dell’URSS in Europa, con 80 milioni di abitanti e vi massacrano 10 milioni di persone, 2,7 milioni dei quali ebrei (i russi riescono a salvarne un milione).  I russi morti nella II guerra mondiale furono 26 – 27 milioni (fra il 15 e il 20% della popolazione) e ad essi vanno aggiunti decine di milioni di invalidi, di orfani, di senzatetto.

Albert Einstein: “Senza la Russia, questi cani sanguinari tedeschi avrebbero raggiunto il loro obiettivo o, in ogni caso, ci sarebbero arrivati vicino. I nostri figli e noi abbiamo un grande debito di gratitudine verso il popolo russo che ha sopportato immense perdite e sofferenze”». Ernest Hemingway: “Ogni essere umano che ama la libertà deve più ringraziamenti all’Armata Rossa di quanti possa esprimerne in tutta una vita”.