dati tratti da SYPRI ISTITUTO INTERNAZIONALE
https://www.sipri.org/sites/default/files/2021-10/yb21_summary_ita.pdf
l mantenimento delle testate atomiche esistenti nel mondo ha infatti costi da capogiro. Perlopiù a carico dei proprietari, ma non solo. In particolare, Sofia Basso parla di « (…) circa 140mila dollari al minuto, per un totale di oltre 70 miliardi di dollari nel 2019, pari a 24 volte il budget annuale delle Nazioni Unite. Se si calcolano anche i costi indiretti, come i danni ad ambiente e salute o la difesa missilistica per proteggere le testate nucleari, il costo supera i cento miliardi l’anno».
Cifre enormi, già in aumento (+10% tra 2018 e 2019), e che potrebbero persino crescere in futuro. Il ritiro degli USA dal Trattato sulle Forze nucleari intermedie (Inf) e il rinnovo non scontato del New Strategic Arms Reduction Treaty (New START) tra Stati Uniti e Russia (in scadenza a febbraio 2021) spingono in tale direzione.
Armi nucleari: un business da 116 miliardi di dollari. Anche per l’Italia
Il conto per le testate atomiche in casa nostra
Ma non è tutto. L’Osservatorio sulle spese militari italiane Milex ha stimato l’ammontare della spese direttamente riconducibili alla presenza di testate nucleari su suolo italiano. Tra gestione delle strutture, sistemi di protezione e stoccaggio degli ordigni e manutenzione degli aerei adibiti al loro utilizzo, si avrebbero almeno 20 milioni di euro l’anno. Anche se il costo effettivo, al netto delle opacità che impediscono un calcolo ufficiale, arriverebbe fino a 100 milioni di euro, cioè quattro volte quanto il nostro Paese versa all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una somma a cui Milex aggiunge altri 2,3 miliardi di euro circa per sostituire i vecchi aerei Tornado del 6° Stormo dell’Aeronautica militare ormai in dismissione.
Francesco Vignarca: «Una strategia basata sul genocidio»
Esaminati i rischi e i numeri, rimane la sostanza della condivisione nucleare, su cui Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne di Rete italiana pace e disarmo, esprime una valutazione etica e complessiva. «Non sono le spese militari a difenderci dalle reali minacce, come dimostrano il 2020 e il climate change. Tanto più che le spese per il nuclear sharing ci portano a partecipare a un concetto strategico che si basa sulla capacità di realizzare genocidi.
Crediamo perciò che la stessa idea di fondare la propria sicurezza sul potere di cancellare milioni di vite in pochi secondi sia immorale e disumano. Mentre il TPNW è frutto di un processo che mette al centro le persone».