Umberto Galimberti : la parola ai giovani

da PAPERBACK.IT  

                                                                                                                            Recensione libro: “La parola ai giovani” di Umberto Galimberti

25 gennaio 2018 by Giulia Santi · Commenta

Noi, che a differenza di voi sappiamo cos’è per davvero il nichilismo, non vogliamo che ci parliate in nome di niente come spesso capita di sentire quando aprite bocca, e neppure in nome di quei valori riconducibili unicamente al denaro o all’immagine che uno costruisce di sé, perché se è vero che non ci sono più valori, come sembra dai vostri discorsi disfattisti, starà a noi trovarli. E quando li troviamo e poi li difendiamo, non diteci che sono utopie o ingenuità.

A distanza di dieci anni dal suo libro dedicato ai giovani, “L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani”, Umberto Galimberti si rivolge di nuovo a loro, ascoltandone le idee e le aspirazioni, esplorandone le sofferenze e i desideri. “La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo” raccoglie la voce di una generazione che ha un gran bisogno di essere ascoltata, per poter dire quelle cose che vengono taciute ai genitori e agli insegnanti per il timore di conoscere già le risposte, che sembrano lontane dalle inquietudini, dalle ansie e dai problemi dei giovani di oggi. La fretta che ogni ventenne ha di realizzare i propri sogni rischia di degenerare in una forma di cinismo del tutto sconosciuta alla generazione dei suoi genitori. Ragazze e ragazzi si affidano all’indifferenza e al controllo dei sentimenti e delle emozioni, per evitare che le passioni diventino un ostacolo all’autoaffermazione. E allora si affidano a un ascoltatore lontano, che dialoga con loro, non per risolverne i problemi, ma per offrire un altro punto di vista che li faccia apparire meno drammatici e insolubili. A distanza di anni, Galimberti nota che solo una piccola percentuale di giovani è passata dal nichilismo passivo della rassegnazione a quello attivo di chi non rimuove quell’atmosfera pesante di una vita senza uno scopo e senza un perché, ma non si rassegna e lotta per mantenere vivi i propri sogni. Tutti gli altri soffrono ancora, secondo lo scrittore, di quel disagio giovanile che è da imputare a una crisi “culturale”, perché il futuro che si prospetta ai giovani non è una promessa, ma qualcosa di imprevedibile, incapace di retroagire come motivazione a sostegno del loro impegno nella vita. Ben lontano, dunque, da una comune crisi adolescenziale. Galimberti, allora, con quest’opera offre a ogni genitore e insegnante uno strumento per interrogarsi sui giovani di oggi, per comprendere la profondità delle loro domande e per impedire che tutte le speranze si trasformino in delusioni. Nell’era di Facebook e di Instagram, in cui la realtà che conta è quella virtuale, il tempo è accelerato e la competizione per ritagliarsi un ruolo nella società è molto forte, spesso capire è complicato, ed essere d’aiuto nelle difficoltà lo è ancora di più. Con “La parola ai giovani”, lo scrittore cerca un dialogo con questa generazione senza sogni e speranze, che vive in una società che gli ha negato le condizioni per costruirsi un futuro. Con questo libro, Galimberti invita a smettere di sperare che il futuro possa offrire motivazioni o certezze senza uno sforzo, perché è solo mettendosi all’opera che la situazione potrà cambiare.

 

MAI PIU’ FASCISMI : EUROPA PACE SVILUPPO LAVORO

QUESTA SERA ORE 19.OO  ( 28 AGOSTO 2018) IN PIAZZA A MIRANO ORE 19.00

PRESSO IL MONUMENTO AL PARTIGIANO

ARGINIAMO LA DERIVA SALVINIANA  CHE PUO PORTARE DI NUOVO

LA GUERRA IN EUROPA !!!!!!

 

 

 

 

Il Coordinamento Antifascista del Miranese ha consegnato all’ANPI provinciale di Venezia 340 firme raccolte (feb. 2018) nella campagna ”Mai più fascismi”. Un grazie a chi è venuto a firmare e a chi ha fatto la staffetta per tenere aperto il gazebo, in piazza Martiri della Libertà, per così tanti fine settimana.

Questa è la strada da percorrere : la formazione di Coordinamenti antifascisti unitari per ogni paese comune città con l’obiettivo di costituire un                       Fronte Unitario Democratico

per arginare la deriva salviniana che vuol far ripercorrere all’Italia e all’Europa la tragica esperienza della Repubblica di Weimar che si è conlusa nel 1933 con la presa del potere di Hitler e del nazifascismo.

OGGI E ALLORA NIENTE DI NUOVO SOTTO IL SOLE

“ …sollevate la testa, siate fieri di essere tedeschi

ci sono dei demoni tra di noi

comunisti liberali ebrei zingari

quando i demoni verranno distrutti

le vostre miserie verranno distrutte…”

da “la confessione”   Judgment at Nuremberg 1948

 

 

“La Confessione”   link integrale

https://www.youtube.com/watch?v=Vs-57oCBITs

 

 

Appello nazionale di Associazioni, Sindacati, Partiti, Movimenti democratici

 

                       Anpi sezione Martiri di Mirano

 

 

programma intercomunale per il 6-9 agosto hiroshima nagasaki

 

Dal 6 al 9 agosto – Squero Monumentale Dolo – Mostra “MAI PIU’ HIROSHIMA! MAI PIU’ NAGASAKI! BAN THE BOMB!” realizzata dall’ANPI di Dolo e dalle studentesse del Liceo Scientifico G. Galiei

73 anni ci separano dall’agosto 1945 quando due ordigni di una potenza distruttiva mai prima sperimentata irradiano milioni di gradi di calore e polverizzano in un istante le città di Hiroshima e Nagasaki e le vite di decine di migliaia di uomini, donne e bambini.                         La minaccia dell’apocalisse nuclearenon appartiene però al passato: più di 15.000 armi atomiche in grado di cancellare, se impiegate, ogni forma di vita sul nostro pianeta incombono, oggi,su tutti noi.“L’Orologio dell’apocalisse”, l’orologio simbolicocreato dagli AtomicScientists dell’Università di Chicago nel 1947 segna chemancano solo due minuti alla mezzanotte, dove la mezzanotte simboleggia la fine del mondo causata da una guerra atomica. L’ANPI di Dolo, in collaborazione con 7 studentesse del Liceo Galilei nell’ambito delle attività legateall’Alternanza Scuola-Lavoro e col patrocinio del Comune, ha realizzato la mostra “Mai più Hiroshima! Mai più Nagasaki! Ban the bomb!” per tenere viva la memoria di quell’atto “inutile sul piano strategico e immorale sul piano etico” e per rivendicare il diritto ad un mondo libero dalle armi nucleari. La mostra sarà inaugurata alle ore 08:15 del 6 agosto.                                                                                              Le parrocchiehanno accolto l’invito di  scadenzare, all’unisono, con 43 rintocchi i tragici secondi intercorsi tra il lancio della bomba e la sua devastante esplosione.

  mostra manifesto atomica (1)4 agosto copia                         

APPROCCIO AL 6-9 AGOSTO 73° ANNIVERSARIO HIROSHIMA-NAGASAKI

intervento di eisenwoher all’onu  https://www.youtube.com/watch?v=_8DTSxMdTUo

 
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Guenther Anders, Der Mann auf der Brueke. Tagebuch aus Hiroshima und Nagasaki, apparso col titolo Essere o non essere, presso Einaudi, Torino 1961, nella traduzione di Renato Solmi

Le Tesi sull’eta’ atomica sono un testo improvvisato dall’autore dopo un dibattito sui problemi morali dell’eta’ atomica   organizzato da un gruppo di studenti  dell’Universita’ di Berlino-Ovest, e uscito nell’ottobre 1960 nella rivista “Das Argument – Berliner Hefte fuer Politik und Kultur”( a cura di Anselmo Grotti )

Carattere totalitario della minaccia atomica. La tesi prediletta da Jaspers fino a Strauss suona: “La minaccia totalitaria puo’ essere neutralizzata solo con la minaccia della distruzione totale”. E’ un argomento che non regge. 1) La bomba atomica e’ stata impiegata, e in una situazione in cui non c’era affatto il pericolo, per chi la impiego’, di soccombere a un potere totalitario. 2) L’argomento e’ un relitto dell’epoca del monopolio atomico; oggi e’ un argomento suicida. 3) Lo slogan “totalitario” e’ desunto da una situazione politica, che non solo e’ gia’ essenzialmente mutata, ma continuera’ a cambiare; mentre la guerra atomica esclude ogni possibilita’ di trasformazione. 4) La minaccia della guerra atomica, della distruzione totale, e’ totalitaria per sua natura: poiche’ vive del ricatto e trasforma la terra in un solo Lager senza uscita. Adoperare, nel preteso interesse della liberta’, l’assoluta privazione della stessa, e’ il non plus ultra dell’ipocrisia

ammonimento di Dwight D Eisenhower sul complesso militare americano

https://www.youtube.com/watch?v=M96ymSKV7dE

 

 

 

 

Helsinki Trump-Putin : censurato giornalista e la sua domanda sul controllo delle armi nucleari

https://www.msn.com/it-it/video/notizie/helsinki-giornalista-usa-trascinato-fuori-dalla-sala-stampa-trump-putin/vp-AAAab7y

 

Conferenza stampa Trump-Putin, giornalista trascinato fuori dalla sicurezza Usa Sam Husseini, giornalista di The Nation, portato via a forza dalla security americana, prima dell’inizio della conferenza stampa tra Trump e Putin a Helsinki. Il video girato dal corrispondente Marc Innaro CondividiTweet 16 luglio 2018È stato il giallo della giornata di Trump e Putin a Helsinki. L’uomo trascinato con forza fuori dalla sala in cui stavano per entrarei due leader per tenere la loro conferenza stampa si chiama Sam Husseini, è il direttore delle comunicazioni dell’Institute for Public Accuracy, e aveva ricevuto l’accredito dal magazine Usa The Nation. Lo ha chiarito la stessa rivista. Husseini aveva con sé un cartello, preparato da lui, in cui c’era scritto ‘Trattato per il Divieto delle Armi Nucleari’. A quanto pare voleva esporlo per attirare l’attenzione dei due leader e fare una domanda sulla questione della proliferazione delle armi atomiche. Ma gli agenti che si occupano della sicurezza dei presidenti in qualche modo se ne sono accorti e gli hanno chiesto di seguirlo fuori dalla sala. Husseini a quel punto ha iniziato a protestare, chiedendo di avere garanzie di riessere ammesso, ma quando ha rifiutato di consegnare il cartello gli agenti sono entrati in azione e lo hanno violentemente strattonato sotto gli occhi attoniti di centinaia di giornalisti. Subito dopo hanno fatto ingresso Putin e Trump – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/media/putin-conferenza-stampa-02-1e3473b3-1f2f-43ae-835d-b0b2956c6e7c.html   rai news

 

 

EUROPA CINA AFRICA : noi voi loro insieme

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Romano Prodi: “Africa, un piano Europa-Cina per regolare i flussi

migratori”

 

Il Professore: serve una politica intelligente e profetica, sembra utopia ma è l’ unica via per il futuro

Intervista di Andrea Malaguti a Romano Prodi su La Stampa del 9 luglio 2018

Professor Prodi, mentre l’ Europa rischia di disintegrarsi litigando sui migranti, la Cina sta colonizzando l’ Africa?

«La Cina ha interessi molto forti in Africa per un motivo semplice. Ha il 7% delle terre arate del pianeta e il 20% della popolazione mondiale. Finché le persone erano rassegnate a soffrire la fame il problema non si poneva. Quando sono aumentati i consumi e le aspettative individuali e collettive, il governo cinese è andato a cercare cibo, energia e materie prime là dove poteva trovarle: in altri paesi dell’ Asia, in America Latina e in Africa».

E la ricerca di materie prime, di cibo e di energia è colonialismo o no?

«Certamente c’ è un’ influenza economica molto forte e ognuno la può chiamare come vuole, ma non ha nulla a che fare con il colonialismo classico. Prima di dare un giudizio è opportuno sapere che cosa ne pensano governanti e governati africani che hanno un rapporto con la Cina».

Che cosa ne pensano?

«Ci sono situazioni molto diverse, ma tendenzialmente apprezzano la quantità del denaro investito e la rapidità nell’ esecuzione delle opere».

E che cosa non apprezzano?

«Non apprezzano il numero ridotto di lavoratori locali assunti. Utilizzano troppa mano d’ opera cinese. E nemmeno l’ accaparramento delle terre, che però avviene anche da parte dei sauditi, dei coreani e di molti altri paesi».

Non c’ è anche un problema evidente di sfruttamento dei lavoratori? Ad esempio nelle miniere dell’ Angola?

«Sì. Ma secondo lei i proprietari europei si sono comportati meglio?».

Dubito.

«Fa bene. Di sicuro le condizioni salariali e del lavoro in Africa non sono paragonabili a quelle europee. E il problema esiste anche con i cinesi».

Anche.

«Pensi all’ influenza europea sull’ Africa francofona o anglofona. Che ci siano residui di neocolonialismo mi sembra appurato. Ma sa qual è il punto vero?».

Qual è?

«Che bisognerebbe annacquare, anzi, decolorare, questa influenza specifica sui governi e sostituirla con un grande piano di sviluppo sino-europeo».

Europa e Cina assieme per l’ Africa?

«Esatto. Capisco che può sembrare un’ utopia. Ma ci farebbe fare un enorme salto avanti».

Utopia che va a sbattere sulle resistenze francesi?

«Di tutti coloro che conservano interessi specifici sui singoli Stati».

Da dove si comincia?

«È complesso, ma so che è importante farlo. Europa e Cina hanno interessi convergenti. Basta un minimo di intelligenza politica per capire che uno sviluppo ordinato dell’ Africa garantirebbe flussi migratori ordinati».

Perché allora non si fa?

«Ci sono cose belle che gli Stati non fanno».

Utopia per utopia non sarebbe utile coinvolgere anche Russia e Stati Uniti?

«Utopia per utopia lo sarebbe certamente. Solo che gli Stati Uniti non hanno bisogno dell’ Africa. Sono autosufficienti dal punto di vista energetico, alimentare e delle materie prime. E sostanzialmente la stessa cosa vale per la Russia. Partire con Europa e Cina sarebbe già una gran cosa».

Quanto è larga la responsabilità dell’ Europa sull’ instabilità africana?

«È larga».

Professore, le fanno paura le grandi migrazioni?

«Senza la guerra in Libia non mi farebbe paura niente. Le migrazioni sono sempre esistite. Ma queste non sono gestite. Tutte le cose non gestite fanno paura. Gheddafi era un dittatore, ma con lui si facevano accordi».

Molti analisti sostengono che la Francia abbia attaccato la Libia perché Gheddafi proponeva una moneta unica africana che avrebbe soppiantato anche il franco coloniale.

«Io non li ho visti personalmente, ma so che ci sono rapporti e documenti che confermano la volontà di Gheddafi di andare verso una moneta unica africana. Ciò fa pensare male, ma non significa necessariamente che sia questa la ragione del comportamento francese».

Pechino sostiene che il concetto di colonialismo non esiste nella politica estera cinese, né nella sua filosofia diplomatica. Eppure gli interessi economici cominciano a sommarsi a una presenza militare consistente.

«La Cina è l’ unica grande potenza che manda i suoi soldati sotto il controllo delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti e la Russia, per esempio, non lo fanno. Dunque che cosa è meglio: collaborare o non collaborare con le Nazioni Unite?».

Sarebbe meglio non commerciare armi, per esempio. La Cina sta superando la Russia.

«Certo, è possibile. Di sicuro il traffico d’ armi è l’ indecenza del mondo. Non di un singolo Stato».

Pechino a Gibuti ha la sua prima base militare.

«Gli Stati Uniti hanno alcune centinaia di basi militari all’ estero e molte migliaia di soldati solo nelle basi militari in Italia. Così gli inglesi, i francesi e i russi: tutti hanno basi militari all’ estero. È una questione strategica fondamentale. I cinesi ne hanno una e l’ hanno messa lì dove passa il petrolio per la Cina».

Usa e Cina hanno cominciato la guerra dei dazi. Il presidente Xi Jinping sostiene che da una guerra commerciale nessuno esce vincitore.

«Non è che non vinca nessuno, è che perdono tutti. Secondo i dati statistici della scorsa settimana la sola minaccia di una guerra commerciale – che mi auguro resti limitata – ha già fatto diminuire il tasso di crescita dell’ economia mondiale».

Perché non esiste una politica europea per l’ Africa?

«Perché questa è un’ Europa cotta a metà. Non si trova un accordo su niente. Pensi a quello che è successo all’ ultimo vertice di Bruxelles».

Sembra rassegnato.

«Non lo sono affatto, perché quando si arriva sull’ orlo del precipizio la saggezza prevale. Pensi alla crisi “della sedia vuota” quando De Gaulle si ritirò dalle riunioni del Consiglio europeo perché la Francia era contraria all’ idea di un mercato agricolo comune sovrannazionale. Sembrava che andasse tutto in fumo. E invece una soluzione dopo sei mesi si trovò. Oggi io sono obbligato a un’ analisi oggettiva del presente, ma non sono distruttivo sul futuro, non lo sono per natura».

Torniamo all’ utopia?

«Serve una politica profetica per immaginare un piano sino-europeo per l’ Africa. È quella la via per il nostro futuro. Bisogna capire che nel mondo c’ è una ferita. E questa ferita è un pericolo per tutti. L’ intero pianeta dovrebbe interessarsi all’ Africa».

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M’avevano detto che l’URSS era alleata nella lotta contro il nazifascismo nel 1945.

M’avevano detto che l’URSS era l’impero

del male e che aveva scatenato la Guerra fredda.

M’avevano detto che il comunismo era il

demone dell’umanità e doveva essere sconfitto.

M’avevano detto che dovevamo brindare quando

è caduto il muro di Berlino nel 1990.

M’avevano detto che una volta distrutto   il demone,

il mondo sarebbe stato libero.                                  

M’avevano detto che il comunismo era una ideologia

tramontata e sbagliata e che sta nell’immondezzaio della storia.

M’avevano detto che, così, l’umanità sarebbe cresciuta in pace

nello sviluppo e nella sicurezza per tutti i popoli.

M’avevano detto che i nostri figli non devono conoscere

la nostra storia soprattutto quella del ‘ 900, in particolare il

processo di Norimberga.

Oggi  mi dicono che i demoni sono tornati e hanno rinforzato le loro fila: comunisti, democratici, migranti, zingari…

“ci sono dei demoni tra noi …quando i demoni verranno distrutti le nostre miserie verranno distrutte”.

Oggi  mi dicono* di nuovo quello che mi dicevano nel 1933

anno in cui in Germania fu bruciata la Repubblica democratica di Weimar e

ascese al potere Hitler.                                       

Così mi dicono.                                brunotonolo

ANPI MIRANO NON DIMENTICA : 22 giugno 1941 aggressione della Germania nazista all’Urss

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https://www.italiarussiafotografia.com/kopiya-0065-il-cammino-luminoso?lightbox=dataItem-ivjjvlwf

Operazionezione Barbarossa – attacco all’URSS 22 Giugno 1941—77anni fa.

“Il 23 agosto 1939 Germania nazista e Urss (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) hanno sottoscritto un trattato di non aggressione, noto come “patto Ribbentrop-Molotov”, dal nome dei rispettivi ministri degli Esteri. Ciò, tuttavia, non ha impedito a Hitler di continuare a ritenere l’Urss il principale nemico politico e territoriale – per quanto riguarda lo “spazio vitale” tedesco – della Germania nazista. L’i nvasione dell’Unione Sovietica viene preparata dall’estate del 1940 e diventa realtà alla fine di quell’anno: il 18 dicembre 1940, infatti, il führer dirama la direttiva n. 21 per l’attuazione dell'”operazione Barbarossa”, che effettivamente prenderà il via il 22 giugno 1941.

Al di là dell’impiego della Wehrmacht, le forze armate regolari, il comando tedesco  predispone l’impiego di speciali unità operative,le Einsatzgruppen, già utilizzate in Polonia e composte da SS e personale di polizia, incaricate di occuparsi della “liquidazione”, perlopiù tramite esecuzioni sommarie, di ebrei, zingari e oppositori politici presenti nei territori orientali e catturati.”( Anpi nazionale-)

   

         MA COME OPERAVA LA WERHMACHT ???

Hitler’s Generals

Matteo Ermacora DEP n.15 / 2011

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l’influenza dell’ideologia nazista tra i comandi e le truppe, i caratteri della

Vernichtungskrieg (guerra di annientamento) sul fronte orientale, il

coinvolgimento della Wehrmacht nello sterminio e nei crimini contro le

popolazioni occupate. Se da una parte sono stati analizzati i processi decisionali,

dall’altra sono stati studiati i processi mentali, i fattori culturali e le situazioni che

resero possibile la “violenza estrema”. I crimini commessi nei territori occupati, sin

dal tribunale di Norimberga considerati come atti di singoli individui, sono stati

invece interpretati come esito di ideologie e ordini che coinvolsero comandi e unità

dell’esercito. Altresì se oggi è possibile accostare l’esercito tedesco al genocidio

ebraico, gli storici avvertono anche la necessità, di non mettere in secondo piano un

“altro olocausto”, ovvero i 12 milioni di civili russi (di cui un milione di ebrei) che

perirono durante l’occupazione nazista3.

I nuovi studi si sono potuti giovare delle ricerche di una prima generazione di

storici tedeschi occidentali che, tra gli anni Sessanta ed Ottanta, avevano messo a

fuoco le connessioni tra esercito e regime nazista4, la violazione delle convenzioni

internazionali e le responsabilità degli alti comandi. Un posto di rilievo tra questi

studi spetta alla pionieristica ricerca di Christian Streit (Keine Kameraden, 1978)

che dimostrò come i comandi dell’esercito fossero i principali responsabili della

morte di 3.3 milioni di prigionieri di guerra sovietici per denutrizione, esposizione

alle intemperie, maltrattamenti, esecuzioni sommarie, mancata assistenza;

l’ecatombe si verificò soprattutto tra il 1941-1942, quando morirono 2.8 dei 3.2

milioni di prigionieri che erano caduti in mano tedesca5. Lo studio era preceduto da

on Trial. The last War Crimes Tribunal at Nuremberg, University Press of Kansas, Lawrence

 

                                                             vedi  link

   http://www.unive.it/media/allegato/dep/n11-2011/Strumenti/21_Rassegna_Wehrmacht_II.pdf