Recensione di “Operazione foibe: fra storia e mito” di Wu Ming

seli5b19Un libro fon-da-men-ta-le, che deve circolare, che va diffuso con ogni mezzo necessario e letto dal maggior numero di persone possibile. La lettura spalanca il mondo davanti agli occhi. Questo saggio è uno strumento di lotta, è un’ascia di guerra dissepolta, alfine.
Claudia Cernigoi, dopo anni di ricerche, ha riscritto e ampliato la sua opera del ’97, Operazione “Foibe” a Trieste. Ora il libro parla anche dell’Istria e si chiama Operazione “Foibe” tra storia e mito, lo ha pubblicato la Kappa Vu di Udine nella collana “Resistenza storica”. Trecento pagine fitte e documentatissime, costa sedici euro e sono ben spesi. Mooolto ben spesi.
Cernigoi ha passato a pettine tutti gli archivi consultabili di qua e di là del confine. Il suo libro smantella con rara e lucida spietatezza le dicerie, le falsificazioni, le leggende contemporanee e le buffonate che, modellate dalla propaganda nazionalista sul confine orientale, si sono fatte strada nell’opinione pubblica senza mai essere messe in questione, fino a spingere il Parlamento a istituire una giornata commemorativa. Nel mentre, si è realizzata una fiction campionessa d’ascolti basandosi su fandonie che i vari “foibologi” hanno preso di pacca da “Questo è il conto!”, opuscolo in lingua italiana diffuso dai nazisti sul Litorale Adriatico, subito dopo i venti giorni del “potere popolare”, nel 1943.
Operazione “Foibe” tra storia e mito deve diventare IL testo di riferimento per chi voglia occuparsi di “foibe” in modo scientifico, e non sto parlando di geologi.
Cernigoi dimostra che le liste degli “infoibati” sono state oggetto di pesanti manipolazioni. In quegli elenchi, gli pseudo-storici delle “foibe” (molti dei quali neofascisti: chi proveniente da “Ordine Nuovo”, chi coinvolto nel golpe Borghese etc.) hanno infilato tutti i dispersi, compresa gente che nel frattempo era tornata a casa, non con le gambe in avanti o dentro un’urna bensì viva e vegeta. I “foibologi” hanno aggiunto anche i nominativi di partigiani e civili uccisi dai nazifascisti. Come spiega molto bene l’autrice, l’infoibamento fu teorizzato, evocato, minacciato dal nazionalismo italiano fin dall’inizio del secolo, per esser poi messo in pratica durante l’occupazione nazifascista. Va aggiunto che molti nomi di “infoibati” sono doppi o addirittura tripli, sovente la stessa persona figura “infoibata” in posti diversi, e in un caso tre nominativi di presunti “infoibatori” (Malvagi Partigiani Slavo-Comunisti) figurano pure nella lista dei relativi “infoibati”! Della serie: se la cantano e se la ridono.
Una lista in particolare, quella degli “infoibati” (in realtò comprensiva di tutti i dispersi) della provincia di Trieste, dopo attento esame registra una percentuale d’errore superiore al 65%. Su 1458 nomi, ben 961 si rivelano sbagliati!
Tutti gli altri caduti (e nemmeno questi furono tutti “infoibati”) erano torturatori della Milizia di Difesa Territoriale o della X Mas, massacratori vari, collaborazionisti, delatori, etc. Di molti di costoro Cernigoi fornisce il cursus honorum, ricavato da documenti e fonti d’epoca. A conti fatti, viene smentita la propaganda sugli ammazzati “solo perché italiani”. I motivi erano ben altri. Il “feeling” non era antitaliano, ma antifascista.
Quanto alla soppressione del CLN di Trieste da parte dei “titini”, spesso citata come esempio di politica fratricida tra nemici del fascismo, Cernigoi spiega in modo chiaro che – a causa della repressione tedesca – in città si susseguirono ben tre CLN, molto diversi l’uno dall’altro, l’ultimo dei quali composto da loschi figuri di destra, anche ex-X Mas. Col paravento dell’antifascismo, costoro cercavano addirittura alleanze con residui del regime fascista in funzione nazionalista e anti-slava, inoltre preparavano – e in alcuni casi eseguirono – attentati e azioni armate contro i partigiani di Tito. Risulta abbastanza normale che questi ultimi abbiano deciso di arrestarli, portarli a Lubiana e colà processarli.
Per quanto riguarda i finti “infoibati”, è particolarmente buffo (si fa per dire) il caso di Remigio Rebez, “il boia di Palmanova”, tenente della X Mas e feroce torturatore. Condannato a morte dopo la Liberazione, gode dell’amnistia di Togliatti (o meglio, della sua interpretazione estensiva da parte dei magistrati) e si trasferisce a Napoli, dove muore addirittura nel 1996. La stampa triestina dà notizia del suo decesso, gli dedica distici elegiaci, ma si guarda bene dal dire ai lettori che il suo nome figura sulle liste degli “infoibati” fornite da vari storici di destra come Papo, Pirina etc.
Un altro esempio di chi e cosa si possa trovare in quegli elenchi: viene presentato come “vittima degli slavi” tale Eugenio Serbo, “capitano 57° Rgt. Art. Div., rimpatriato dalla Germania fu catturato dagli Slavi e deportato nei pressi di Lubiana; risulta deceduto il 14/12/44 a Leitmeritz”.
Lapidaria, Cernigoi: “Leitmeritz è però il nome tedesco di Litomerice, cittadina che si trova nell’attuale Repubblica Ceca nei pressi di Terezin, praticamente a metà strada tra Praga e Dresda. Ci pare difficile che i non meglio identificato ‘Slavi’ nominati da Papo siano riusciti a deportare il capitano Serbo a Lubiana e farlo morire nel 1944 in un lager tedesco”.
Anche soffiando e gonfiando e gonfiandosi, come la rana che vuol competere col bue, i “foibologi” non sono mai riusciti a presentare elenchi plausibili. L’ammontare complessivo delle “vittime” non superebbe le 500 persone tra Venezia Giulia e Litorale Adriatico. Il resto (“decine di migliaia di vittime” etc.) è fantasy, non c’è nessun riscontro documentale. L’anno scorso il ministro Gasparri parlò addirittura di “milioni di infoibati”, ma la verità è che siamo ben lontani da quel “genocidio per mano rossa” cercato disperamente dalla destra per contrapporlo alla Shoah e poter ricorrere al “benaltrismo” ogni volta che si parla di leggi razziali, Salò, stragi etc.
Cernigoi non nega che vi siano state vendette personali ma, ricostruendo il contesto e riportando alla luce materiali d’archivio, dimostra che si trattò di azioni individuali e sporadiche, non certo di una politica di sterminio o “pulizia etnica” da parte dei partigiani jugoslavi.
Altre truffe sono i resoconti degli scavi avvenuti nel dopoguerra, a opera di società speleologiche che stavano alla destra fascista come il negozio di fiori sta al Gruppo TNT. Più ci si allontana nel tempo, più si moltiplicano i morti trovati nella data foiba. Se, putacaso, nel ’46 erano otto, si può star sicuri che oggi si dice che erano ottanta, e così via. La stessa foiba di Basovizza, divenuta monumento nazionale e frequente location di picchetti e commemorazioni, è più un oggetto di propaganda che di seri studi storici. Non è stato dimostrato in alcun modo che in fondo a quella cavità carsica sia finito “un numero rilevante di vittime, civili e militari, in maggioranza italiani, uccisi ed ivi fatti precipitare”. Alla sola Basovizza, Cernigoi dedica un capitolo che pare la messa in scena di una lunga, macabra pochade.
La “tragedia delle foibe” è una truffa ideologica, e la cosa peggiore è che studiosi come Cernigoi e Sandi Volk (autore di un altro saggio importante e recensituro, Esuli a Trieste. Bonifica nazionale e rafforzamento dell’italianità sul confine orientale, Kappa Vu, 2005) sono praticamente i soli a confutarla con gli strumenti della storiografia. La propaganda di destra viene accettata a cresta bassa anche a “sinistra”, Bertinotti compreso. Tutt’al più si tratteggia vagamente il contesto, si fanno dei distinguo, gli eredi del PCI se ne chiamano fuori dicendo “Noi coi titini non c’entriamo niente” etc.
Invece andrebbe smantellato tutto, ma proprio tutto, e senza alcun indugio.

Wu Ming, 2005

Le bufale (e le manipolazioni) di Wikipedia

BoKEHNeIEAEg-x-.jpg largeWikipedia non è mai stata una fonte attendibile: lo dimostra questo articolo che svela manipolazioni fatte ad arte, invenzioni, falsificazioni, strategie per sviare l’attenzione da queste falsificazioni. E guarda caso i più attivi in queste operazioni sono utenti chiaramente di destra e neofascisti, che intervengono sulle voci “sensibili” alla loro ideologia: Porzus, foibe, partigiani, storici e studiosi come Claudia Cernigoi (la cui voce su Wikipedia è stata “bannata” proprio per l’intervento di questi individui). Riportiamo qui la parte dell’articolo che parla di Franco Basaglia, antifascista e incarcerato per la sua attività contro il regime il 4 dicembre del 1944 e fatto passare su Wikipedia per repubblichino. Questo l’articolo di Nicoletta Bourbaki, quello completo lo potete leggere su     http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=19327 .

Come l’antifascista Franco Basaglia divenne repubblichino su it.wikipedia

È capitato anche che Presbite, dall’alto del suo ruolo di “esperto”, si sia prestato a “coprire” operazioni sporche di altri utenti. Per capire in che modo il futuro psichiatra Franco Basaglia (1924 – 1980), incarcerato per antifascismo già all’età di 19 anni, su it.wikipedia sia diventato… repubblichino grazie all’utente Theirrules e con l’imprimatur di Presbite, ecco la storia dell’inserimento in it.wiki della “notizia”.
«Franco Basaglia nasce a Venezia l’11 marzo 1924, da una famiglia agiata. Secondogenito di tre figli, trascorre un’infanzia e un’adolescenza serene nel caratteristico quartiere veneziano di San Polo. Conclusi gli studi classici, nel 1943 si iscrive alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Qui entra in contatto con un gruppo di studenti antifascisti e, a seguito del tradimento di un compagno, viene arrestato e detenuto per sei mesi, fino alla fine della guerra. Esperienza che lo segna profondamente e che rievocherà anni dopo parlando del suo ingresso in un’altra istituzione chiusa: il manicomio.» (Mario Colucci – Pierangelo Di Vittorio, Franco Basaglia, Bruno Mondadori Editore, Milano 2001, pag.1)
6 agosto 2011: nella talk di Presbite Sandro_bt chiede se si può “chiudere” sulla voce “Eccidio di Vercelli”, alla quale una nutrita compagnia – coordinata da chi? Da Presbite, naturalmente – sta lavorando da molto tempo.
Theirrules chiede qualche giorno di tempo dicendo di avere una notiziola interessante da inserire.
11 agosto 2011: Theirrules annuncia nella talk della voce di aver trovato una fonte che indica Basaglia come repubblichino della colonna Morsero. La fonte è un libro di Bruno Vespa,Vincitori e vinti (2005).
4 novembre 2011: l’utente Jose Antonio inserisce nella voce “Franco Basaglia” la “notizia” su Basaglia repubblichino, indicando come fonti Bruno Vespa e il defunto “foibologo” di estrema destra Marco Pirina. L’inserimento viene subito perfezionato da Theirrules.
Bruno Vespa. In un suo libro del 2005 la notizia falsa su Basaglia repubblichino, poi ripresa dai wikinazionalisti. Ecco la citazione: «Al termine della guerra, i militi dei reparti Pontida e Montebello si arresero e vennero trasferiti al campo sportivo di Novara (tra essi, il giovane Franco Basaglia, che sarebbe divenuto negli anni Settanta il capostipite della psichiatria progressista.» La fonte di Vespa (o chi per lui) sembra proprio essere il “foibologo” Marco Pirina, oggi scomparso. Conoscendo il lavoro di Pirina, quest’ennesimo esempio di storiografia “creativa” è ben lontano dal sorprenderci.
5 novembre 2011: l’amministratore Piero Montesacro smonta la bufala portando in talk come fonte autorevole una monografia su Basaglia di Colucci e Di Vittorio. Provvede anche a rimuovere dalla voce “Franco Basaglia” la falsa notizia su Basaglia repubblichino.
1 maggio 2012: Theirrules inserisce la falsa notizia su Basaglia repubblichino nella voce sull’eccidio di Vercelli, asserendo falsamente che tale notizia è già presente nella voce su Basaglia.
21 luglio 2012: Presbite propone di avviare la procedura per il riconoscimento della voce sull’eccidio di Vercelli come voce di qualità.
20 agosto 2012: la voce sull’eccidio di Vercelli viene riconosciuta voce di qualità col voto favorevole del proponente Presbite, di Jose Antonio, di Arturolorioli e del “referee” Adert.
E così diventa “di qualità” anche la bufala sul passato repubblichino di Basaglia. Un’autentica calunnia che verrà rimossa solo nel 2014 dopo una segnalazione avvenuta su Giap.
@Wu_Ming_Foundt @footymac matricola carcere S.M. Maggiore Venezia del noto “fascista” Basaglia arrestato 4/12/1944 pic.twitter.com/5McHEa0SQn ( Iveser Venezia (@IveserVenezia) May 21, 2014).

Il cattivo tedesco e il bravo italiano

coverfocardiPremessa – di Wu Ming 1

Ecco un’occasione da cogliere al volo.

Il 2014 si è aperto alla luminosa insegna degli «Italiani brava gente», la solita autonarrazione vittimistica e tossica su cui si basano tanto le versioni dominanti della vicenda «due Marò», quanto il discorso dominante sullo spettacolo Magazzino 18 di Simone Cristicchi. L’Italiano, chiunque e ovunque egli sia, va rappresentato come buono e come vittima: vittima dello straniero, delle circostanze, della sfortuna, di “traditori”…
Le parti di storia che vedono – o anche solo potrebbero vedere – l’Italiano nel ruolo di carnefice vanno minimizzate, quando non completamente rimosse. E’ sempre colpa di qualcun altro, sono «loro» ad avercela con noi.
Miliardi di miliardi di parole stampate, migliaia di ore di programmazione televisiva sui marò, ma è rarissimo udire o leggere i nomi di Ajesh Pinky e Selestian Valentine, i due pescatori uccisi in quel braccio di mare da colpi d’arma da fuoco partiti dalla petroliera Enrica Lexie.
[Potrà sembrare strano a chi abbia visto solo la montagna di fandonie, complottismi e sensazionalismo e non le notizie sepolte sotto, ma questo è quanto emerge dalla perizia balistica indiana alla quale hanno assistito tecnici italiani. La premessa che gli spari siano partiti da armi in dotazioni ai marò è accettata dalla difesa italiana.
Del resto, la maggior parte degli italiani non sa nemmeno che il governo italiano ha risarcito preventivamente (già due anni fa) le famiglie dei pescatori, che dopo l’elargizione non si sono costituite parte civile.]
Evidentemente le due vittime (quelle vere) sono in fondo non-persone, straccioni, per giunta «di colore», quindi a un livello di umanità inferiore a quello dei «nostri ragazzi». Un po’ come siamo stati considerati noialtri in vicende come il Cermis o l’uccisione di Nicola Calipari, ma l’Italiano, avvelenato com’è dal provincialismo e dalla cattiva memoria, non è mai in grado di rovesciare lo sguardo, di riconoscere se stesso nei panni dell’Altro.
Analogamente, perché il dibattito sulle foibe e sul cosiddetto «Esodo» – con la E pseudobiblicamente maiuscola, altrimenti dove va a finire la sua Unicità, dove va a finire l’italocentrismo? – possano proseguire nelle attuali forme, è necessario rimuovere o comunque minimizzare (magari liofilizzandola in cinque minuti cinque, per poi passare all’usuale vittimismo) una buona fetta di storia:
– la persecuzione di sloveni e croati dopo l’annessione della Venezia Giulia nel 1918;
– l’italianizzazione forzata perseguita dalle autorità savoiarde prima e fasciste poi: cambio dei cognomi, dei toponimi, chiusura dei giornali in lingua non italiana, scioglimento coatto delle associazioni e istituzioni delle comunità slovene e croate, divieto di scrivere in sloveno e croato sulle lapidi dei propri cari, e così via;
– la ruberia delle terre di sloveni e croati per darle a coloni italiani, courtesy by Ente Tre Venezie (e magari il nipote oggi dice «Mio nonno aveva la terra in Istria!», tacendo o ignorando come l’aveva avuta!);
– i processi-farsa e le condanne a morte comminate dal  Tribunale speciale a Trieste e Pola;
– l’occupazione tedesco-italiana della Jugoslavia nel 1941;
– la deportazione di civili sloveni, croati, serbi, montenegrini ecc. in campi di concentramento (sparsi anche nella nostra Penisola) dove morivano come mosche.
E l’elenco sarebbe ancora lungo.
Queste cosa sono, sofferenze di serie B? E quelle degli esuli “giuliano-dalmati” sono di serie A? Non lo credo, e nemmeno vale il viceversa. Fatto sta, però, che foibe ed «Esodo» meritano una giornata commemorativa ad hoc e puntate su puntate di Porta a porta, mentre si è boicottato quasi ogni tentativo di far conoscere le responsabilità e i crimini dell’Italiano fuori dai recinti del sapere specialistico. Va sempre ricordata la censura Rai contro questo documentario:http://youtu.be/2IlB7IP4hys

Da quasi un anno porto in giro per l’Italia (anche) queste storie, perché sono parte essenziale del libro Point Lenana, che ho scritto insieme a Roberto Santachiara. A proposito, oggi, allo spazio sociale “La Boje!” di Mantova, farò la settantunesima presentazione di questo «oggetto narrativo non-identificato» (e WM2 farà la chissaquantesima di Timira).

A pag. 592 di Point Lenana, nella sezione intitolata «It’s been a long strange trip», c’è scritto:

«Mentre chiudevamo Point Lenana è uscito il libro di F. Focardi Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della Seconda guerra mondiale, Laterza, Roma-Bari 2013. Non abbiamo fatto in tempo a leggerlo, ma lo segnaliamo sulla fiducia.»

Ebbene, se nel frattempo qualcuno lo ha letto fidandosi di noi, converrà che la segnalazione era giusta e doverosa.
Da qui, l’occasione da cogliere al volo a cui accennavo all’inizio: proprio oggi, su Carmilla, Anna Luisa Santinelli pubblica la densa, notevole, chiarissima intervista che ha fatto a Filippo Focardi. E com’era doveroso segnalare il libro, anche a scatola chiusa, così è doveroso linkare l’intervista. Buona lettura.

(dal sito http://www.wumingfoundation.com)

Claudia Cernigoi: una vita tra minacce e querele

Claudia Cernigoi, ricercatrice storica e antifascista, autrice di “Operazione foibe tra storia e mito”, racconta in questo documento – testimonianza quello che le è successo dopo la pubblicazione dei suoi testi, basati su un serio lavoro di ricerca storica basato sulla consultazione di documenti e nella ricerca dei testimoni diretti dei fatti. È una testimonianza che racconta gli insulti, le minacce, le querele che ha dovuto subire in questi ultimi anni.  È stata anche cancellata da Wikipedia, (“non è che sia un dramma, vista la poca attendibilità dei suoi articoli”: questa è la pagina delle motivazioni), dopo un martellamento informatico da parte degli stessi autori delle minacce da lei subite. La testimonianza termina con queste parole:

Chiudo qui questo dossier che avrei preferito non dovere scrivere ma che ho redatto per un motivo di autodifesa: rendere note le persecuzioni e le minacce a cui si è sottoposti spesso evita che la situazione degeneri. Per questo motivo ho intenzione di diffonderlo il più possibile, e scusate se per una volta ho parlato tanto di me.

Il testo

La recensione di Wu Ming al libro “Operazione foibe”   (“Un libro fon-da-men-ta-le, che deve circolare, che va diffuso con ogni mezzo necessario e letto dal maggior numero di persone possibile. La lettura spalanca il mondo davanti agli occhi. Questo saggio è uno strumento di lotta, è un’ascia di guerra dissepolta, alfine….”)