di Ernesto Balducci (da Testimonianze) …. Com’e’ noto, il maestro dei realisti-Niccolò Macchiavelli- affidava alla virtu’ (che nel suo linguaggio voleva dire abilita’ conforme a ragione) il compito di far fronte alla fortuna e cioe’ al corso caotico e imprevedibile degli eventi. A suo giudizio, fortuna e virtu’ potevano governare la storia umana con una incidenza del 50% ciascuna. Le milizie cittadine erano lo strumento primo della virtu’ di un principe. Uno strumento peraltro da usare all’interno di una preveggenza multiforme delle eventualita’ della fortuna. “Assomiglio quella – dice Machiavelli ragionando della fortuna, nel Principe (cap. XXV) – a uno di questi fiumi rovinosi, che, quando s’adirano, allagano e’piani, ruinano gli alberi e gli edifizi, lievono da questa parte terreno, pongono da quell’altra; ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo impeto loro, senza potervi in alcuna parte obstare. E benche’ sieno cosi’ fatti, non resta pero’ che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessimo fare provvedimento, e con ripari e argini, in modo che, crescendo poi, o egli andrebbano per uno canale, o l’impeto loro non sarebbe ne’ si’licenzioso ne’ si’ dannoso. Similmente interviene della fortuna; la quale dimostra la sua potenzia dove non e’ ordinata virtu’ a resisterle”.
Il “fiume rovinoso” di cui oggi anche Machiavelli dovrebbe ragionare e’ il fiume del fuoco atomico, contro cui nessun argine vale, nessun “provvedimento” che non sia la sua estinzione; e la “citta’” affidata al principe oggi e’, secondo la “verita’ effettuale”, vorremmo dire materialistica, non Firenze o l’Italia, ma il pianeta Terra.
Se per Machiavelli il “provvedimento” delle armi era, di fronte all’imperativo assoluto del bene del Principato, un imperativo ipotetico, legato cioe’ a condizioni di fatto, una volta che queste condizioni mutano, anche l’imperativo, per logica realistica, deve mutare.
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Le condizioni di fatto sono radicalmente mutate. L’umanita’ e’ entrata in un tempo nuovo nel momento stesso in cui si e’ trovata di fronte al dilemma: o mutare il modo di pensare o morire. Essa vive ormai sulla soglia di una mutazione, nel senso forte che ha il termine in antropologia.
Non serve obiettare, contro il dilemma, che la mutazione non e’ avvenuta e noi siamo vivi! Non e’ forse vero che l’abisso si e’ spaventosamente allargato dinanzi a noi? D’altronde le mutazioni non avvengono con ritmi serrati e uniformi. In ogni caso si puo’ gia’ dire, con fondatezza, che si sono andate generalizzando alcune certezze in cui e’ facile scoprire il riflesso del messaggio di Hiroshima e dunque un qualche inizio della mutazione.