Il vero volto del nazifascismo : processo di Norimberga

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Ci associamo al documnto dell’Anpi di Chioggia (vedi sotto). Le dichiarazioni del gestore dell’ arenile “Punta Canna” di Chioggia sono un ‘offesa, data la sua appartenenza residenziale, alla citta di

Mirano e alla sua storia antifascista. Non basta: è un’offesa alla Morale Universale .

Il Processo di Norimberga (vedi link) e la Costituzione italiana ne sono testimonianza e fondamento.     anpi mirano

 

 

http://www.loc.gov/rr/frd/Military_Law/pdf/NT_Nazi_Vol-I.pdf

 

 

 

 

 

 

 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D’ITALIA

COMITATO  COMUNALE  DI  CHIOGGIA

 

COMUNICATO  STAMPA

 

 

Il comitato comunale di Chioggia dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia stigmatizza in ogni maniera il comportamento provocatorio e pericoloso del gestore concessionario della spiaggia “Punta Canna” di Sottomarina (zona Brenta), così come apparso sui quotidiani nazionali in questa domenica 9 luglio.

Dalle prime ore di stamane i nostri esponenti vengono contattati da tutta Italia, sia dai mezzi di informazione che dai cittadini, per conoscere la triste e vergognosa realtà della spiaggia “di regime”.

 

Chioggia antifascista non c’entra niente con questo ciarpame: il tizio è miranese, i clienti sono turisti che vengono da altre parti del Veneto, la concessione demaniale arriva dallo Stato, così come chi dovrebbe far rispettare la legge Mancino e la Costituzione, ovvero la Prefettura di Venezia per mano delle autorità di pubblica sicurezza.

 

Al personaggio ricordiamo che “Punta Canna” non è «casa sua», come ama asserire: in quanto concessione demaniale sul suolo italiano, egli è tenuto a rispettare le leggi dello Stato, congruenti con la Costituzione nata dalla Resistenza antifascista. E a subire le giuste sanzioni in caso di trasgressione.

Ritenendo che non vi sia niente da scherzare riguardo l’epoca dei campi Dvx, il comitato ANPI di Chioggia chiede l’immediata revoca balneare allo stabilimento “Punta Canna” e l’applicazioni delle sanzioni previste dalle leggi suddette al suo gestore.

 

Auspicando altresì l’unità di tutte le forze sinceramente democratiche e antifasciste della città nella condanna della circostanza, abbiamo chiesto un incontro all’assessore al demanio Marco Veronese e al sindaco Alessandro Ferro affinché levino la loro voce a tutela del quadro di civiltà del territorio a loro affidato in amministrazione.

 

Alle tante e ai tanti turisti che piacevolmente affollano le spiagge di Sottomarina, e che ringraziamo per la loro presenza, facciamo presente che il litorale misura ben 9 km e pertanto possono trovare ciò che cercano dalla loro vacanza in uno dei tanti altri stabilimenti organizzati, boicottando invece quel tizio e quella struttura che nel 2017 non hanno alcun motivo di esistere, neanche lo scherzo o la rievocazione. Vigileremo nei prossimi giorni, settimane e mesi affinché la legge dello Stato antifascista possa e debba vigere anche in quel disgraziato lembo di arenile.

 

 

 

 

 

 

 

7 LUGLIO 2017 : ultimo giorno di discussione all’ONU per la messa al bando delle armi nucleari

Summit dell’Onu: Un mondo senza armi nucleari

tratto da “Missionari comboniani”                                                                            https://www.youtube.com/watch?v=8v5bRhrWiD0

Mercoledì 29 marzo 2017
Dal 27 al 31 marzo e poi ancora dal 15 giugno al 7 luglio si terrà a New York il summit dell’Onu finalizzato a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari. È la prima volta dal 1945. Le potenze nucleari sono decise a impedire il divieto. La Conferenza all’Onu potrebbe rivelare che, a 70 anni, il meccanismo multilaterale istituito per negoziare misure di disarmo è finalmente in grado di codificare il no quasi globale al rischio di un olocausto nucleare. “Il destino condiviso dell’umanità – dice Papa Francesco, nel suo Messaggio alla Conferenza Onu – richiede di rafforzare, con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”.


Proibire
le armi nucleari.

Foto sotto:
©Pixabay – CC0.
Si tratta di un momento storico l’apertura della Conferenza di negoziazione alle Nazioni Unite di New York per l’avvio delle negoziazioni verso un Trattato che inserisca la messa al bando delle armi nucleari nella legislazione internazionale; risultato ottenuto grazie alla mobilitazione degli ultimi anni a sostegno della “Iniziativa umanitaria” promossa dalla società civile internazionale e rilanciata da oltre 120 Stati [l’Italia non è presente]. Un momento storico importante anche perché il Trattato viene elaborato sulla base del riconoscimento che l’impatto umanitario dell’uso di ordigni nucleari sia moralmente inaccettabile. Già solo per la loro esistenza le circa 16.000 testate nucleari presenti nel mondo rappresentano un significativo rischio per la sicurezza umana.

Per conoscere le campagne in corso e tutti gli aggiornamenti anche video dell’evento, guardare la pagina di Senzatomica su Facebook o sugli account social: Palazzo di Vetro @UN; il mondo discute messa al bando delle armi #nucleari; Perché Italia è assente @PaoloGentiloni; @angealfa?; #nuclearban.

Papa Francesco:
“Un mondo senza armi nucleari, obiettivo alla nostra portata”

“Il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare, con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”. Così Papa Francesco, nel suo Messaggio alla Conferenza Onu finalizzata a negoziare uno strumento giuridicamente vincolante sulla proibizione delle armi nucleari (New York, 27-31 marzo 2017), cui partecipa mons. Antoine Camilleri, capo della delegazione della Santa Sede a questa assemblea.

Il Santo Padre sottolinea che oggi per applicare pienamente il Trattato di non proliferazione è fondamentale la cooperazione tra tutti gli attori dello scacchiere geopolitico. Egli rileva che le principali minacce di oggi – terrorismo, conflitti asimmetrici, sicurezza informatica, problematiche ambientali, povertà – definiscono “l’inadeguatezza della deterrenza nucleare a rispondere efficacemente a tali sfide”. Senza contare – prosegue il testo – “le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari con devastanti effetti indiscriminati e incontrollabili nel tempo e nello spazio”.

Va considerato allora uno “spreco” la spesa per il nucleare a scopo militare, tali fondi “potrebbero invece essere utilizzate per priorità più significative”, quali la promozione della pace e la lotta alla povertà.

“Dobbiamo anche chiederci – prosegue il Santo Padre – quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli”, creando “un equilibrio di potere” retto dalla “minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento”.

L’invito del Pontefice è allora “ad andare oltre la deterrenza nucleare”, puntando alla “eliminazione totale delle armi nucleari”. La quale deve nascere da “un approccio concreto” che respinga “paura” e “isolazionismo”. Mutuando l’enciclica Laudato Si’, egli ricorda che “il conseguimento di un mondo senza armi nucleari richiede processi di lungo periodo, basati sulla consapevolezza che ‘tutto è connesso’, in un’ottica di ecologia integrale”.

Ecco quindi che “il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare, con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari”. Di qui la necessità di “un dialogo che sia il più inclusivo possibile”, tra organizzazioni e tutti gli Stati, compresi quelli possessori di armi nucleari. “In questo sforzo – precisa il Vescovo di Roma – dobbiamo evitare quelle forme di recriminazione reciproca e di polarizzazione che intralciano il dialogo invece di incoraggiarlo.”

Del resto – sottolinea – “l’umanità ha la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare e dirigere la tecnologia, così come di limitare il nostro potere, e di metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più integrale”.

Infine il Papa definisce questa conferenza alle Nazioni Unite “un esercizio di speranza” che si augura “possa rappresentare anche un passo decisivo nel cammino verso un mondo senza armi nucleari”, obiettivo “di lungo periodo estremamente complesso”, ma che “non è al di fuori della nostra portata”.
Zenit

Gli attivisti di tutta Europa davanti alle basi con armi nucleari:
“E’ tempo di metterle al bando!”

All’inizio dei negoziati ONU (27-31 marzo 2017) che discuteranno la strada per un Trattato di messa al bando degli ordigni nucleari, le associazioni europee per il disarmo nucleare ricordano che le bombe atomiche sono già tra noi.

Secondo gli ultimi dati diffusi in questi giorni dalla Federation of American Scientist gli ordigni nucleari statunitensi dislocati sul continente europeo per il cosiddetto programma di “nuclear sharing” sono almeno 150. E si trovano in Belgio (20), Germania (20), Italia (40: 20 ad Aviano e 20 a Ghedi), Paesi Bassi (20 e Turchia (50). Secondo quest’ultimo aggiornamento dunque l’Italia non è più il Paese che ospita sul proprio territorio il maggior numero di ordigni nucleari stranieri, come invece avvenuto per diversi decenni. Le bombe americane installate in Europa sono come detto sottoposte al cosiddetto “nuclear sharing”: alcune bombe definite a chiave singola sono bombe americane che saranno lanciate in caso di conflitto da aerei americani, altre definite a chiave doppia sono bombe americane che, in caso di conflitto saranno lanciate da aerei del paese ospitante. Le bombe di Aviano sono a chiave singola, mentre quelle di Ghedi sono a chiave doppia.

Ma è proprio per ricordare questa situazione, che indebolisce le prescrizioni e gli obiettivi del Trattato di Non Proliferazione elaborato negli anni ’70, che gli attivisti per la pace e il disarmo di diverse organizzazioni europee si sono dati appuntamento davanti alle basi che custodiscono armi nucleari per dire con forza “E’ arrivato il momento di andarsene! Mettiamo al bando le armi nucleari! Time to go! Ban nuclear weapons!”

In questi ultimi giorni gruppi disarmisti hanno organizzato azioni fotografiche coordinate davanti alle installazioni militari nucleari dei propri Paesi, come gesto di sostegno ai negoziati per un Trattato che metta al bando le armi nucleari, in avvio a New York lunedì 27 marzo.

“Il contesto del possibile trattato ONU sulla proibizione della armi nucleari sarebbe molto utile per procedere alla rimozione delle armi nucleari installate su territorio altrui – sottolinea il prof. Paolo Cotta Ramusino, Segretario Generale Pugwash – Con un Trattato ONU i Paesi non nucleari diverrebbero di fatto zone libere da armi nucleari. E questo sarà possibile anche se i Paesi che possiedono armi nucleari non aderiranno, come è da prevedersi, al Trattato stesso”.

Le manifestazioni si sono svolte davanti ad Aviano e Ghedi (Italia), Kleine Brogel (Belgio), Büchel (Germania) e Volkel (Paesi Bassi) e hanno creato molto interesse sui negoziati delle Nazioni Unite.

“Tutte queste iniziative servono a esplicitare come le popolazioni europee e la società civile siano chiaramente in favore del disarmo nucleare, mentre i Governi continuano a scegliere di basarsi su una teoria ormai antiquata e inefficace come quella della deterrenza – sottolinea Francesco Vignarca di Rete Disarmo – ma il punto vero è che l’impatto umanitario degli ordigni nucleari è ormai incontrollabile e per questo il mondo dovrebbe cambiare direzione”.

I manifestanti in Belgio, Italia, Germania e Paesi Bassi chiedono ai loro Governi di partecipare, con spirito costruttivo, ai negoziati sulle armi nucleari a partire da una immediata rimozione degli ordigni dai loro Paesi.

Inoltre, nei parlamenti del Belgio e dell’Italia si sono presentate o si presenteranno mozioni per impegnare i Governi a partecipare in buona fede ai negoziati, impegno già assunto invece formalmente dal Governo dei Paesi Bassi.
Rete Italiana per il Disarmo

Onu: il mondo vuole fermare il conto alla rovescia atomico

Mancano due minuti e mezzo alla fine del mondo. Ad aver avvicinato il rischio dell’autodistruzione terrestre è stata l’accelerazione dei cambiamenti climatici e soprattutto, come sempre da oltre settant’anni, la minaccia di una guerra nucleare che scateni un’apocalisse di matrice tutta umana. Per questo, a fine gennaio, un gruppo di scienziati atomici ha spostato in avanti di trenta secondi il simbolico “orologio del giorno del giudizio”, che non è mai stato tanto vicino alla mezzanotte dal 1953, quando l’Unione sovietica testò la bomba all’idrogeno e diede il via alla corsa agli armamenti nucleari con gli Stati Uniti.

Oggi come allora il rischio ha intensificato gli sforzi di chi vuole tornare indietro, disarmare le testate nucleari e riportare la lancetta dei minuti in posizioni più sicure. E ora la comunità internazionale è più ricettiva: per la prima volta dalla fondazione delle Nazioni Unite, i Paesi membri sembrano pronti ad approvare una misura giuridicamente vincolante che metta al bando gli ordigni atomici. Il test della volontà globale si avrà a partire da domani, quando cominciano i lavori di una Conferenza, convocata dall’Assemblea Generale Onu con una risoluzione, che sfoci in un trattato per l’eliminazione delle armi nucleari.

È vero che i Paesi armati nuclearmente e i loro alleati (Italia compresa) si sono opposti alla risoluzione, una realtà che impedirà a un eventuale trattato di avere effetti concreti immediati. Rimane, però, in ogni caso, ben 123 nazioni hanno già dichiarato la loro opposizione politica a questi arsenali, che a quasi 50 anni dalla firma del Trattato di non proliferazione contano ancora 15mila testate, di cui 4.400 pronte all’uso.

Un simile sforzo fu intrapreso nel 1946, quando la prima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì una Commissione per «affrontare i problemi sollevati dalla scoperta dell’energia nucleare e altre questioni correlate», e presentare proposte «per l’eliminazione delle armi atomiche dagli armamenti nazionali». Ma la rivalità e diffidenza tra le superpotenze dell’epoca ha finora tolto mordente alla commissione. Nel corso dei decenni successivi, la comunità internazionale è riuscita solo a stabilire restrizioni volte a limitare il numero di Paesi che possedevano tali armi, e anche questo con scarso successo.

Il Trattato di non proliferazione, entrato in vigore nel 1970, ha diviso il mondo in due categorie: da una parte i cinque Paesi che già possedevano armi atomiche al 1 gennaio 1968 (Cina, Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti), dall’altra quelli che non ne avevano. Questi ultimi accettarono di non acquisire armi nucleari e di sottoporsi a verifiche internazionali. Allo stesso tempo, le cinque potenze si impegnavano ad avviare negoziati in materia di disarmo. I risultati non sono stati incoraggianti. Da allora, altri quattro Paesi hanno acquisito o sviluppato arsenali nucleari: Corea del Nord, India, Israele e Pakistan, mentre le iniziative verso il disarmo languivano.

Per questo, la comunità internazionale è divenuta sempre più preoccupata dei rischi legati al continuo miglioramento tecnologico delle armi nucleari e degli effetti del loro uso accidentale o intenzionale. La frustrazione per la mancanza di progressi concreti è stata la scintilla della decisione di convocare nel 2017 una conferenza, aperta a tutti gli Stati membri. La risoluzione è stata adottata con 123 voti positivi, con 38 contrari e 16 astensioni.

Tra gli Stati che possiedono le armi nucleari la Francia, Israele, Russia, Regno Unito e Stati Uniti hanno votato contro, mentre altri tre (Cina, Pakistan e India) si sono astenuti. La Corea del nord ha votato sì.
Immediatamente, alcuni Stati detentori di armi nucleari hanno lanciato una campagna contro la Conferenza, invitando i loro alleati militari ad astenersi dai negoziati poiché a loro dire il divieto avrà effetti negativi sulla sicurezza internazionale. «Gran parte della comunità mondiale chiede il disarmo nucleare, ma una ristretta schiera di paesi vuole conservare gelosamente il potere distruttivo di tali armi», spiega Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo. [Avvenire].