Lettera a Frau Dorothea Angela Merkel dai reduci della Battaglia di Stalingrado http://sakeritalia.it/
Stimata Frau Merkel!
Nell’anno del 70° anniversario della vittoria sul nazismo, noi, i reduci di quella terribile guerra ed i partecipanti alla sua battaglia più terribile rileviamo come in Europa ancora una volta vaghi uno spettro – lo spettro della peste bruna. In questo momento un focolaio del nazismo è diventata l’Ucraina, dove dall’ideologia ultranazionalista, antisemita e dell’odio del genere umano si è passati alla loro pratica – alla violenza fisica, all’eliminazione dei dissidenti, all’omicidio delle persone motivato da odio etnico, dalla negazione della cultura diversa.
Di fronte a noi immagini note: sfilate di fiaccole, giovani in divisa con distintivi nazisti che alzano il braccio nel saluto nazista, parate fasciste protette dalla polizia statale nel centro di Kiev, dichiarazioni sull’inferiorità di alcuni popoli. Tutto questo lo abbiamo già visto e sappiamo dove ci conduce.
In Ucraina la peste bruna , rinfocolata e riscaldata negli ultimi decenni, è straripata ed ha portato ad una sanguinosa guerra civile. Le formazioni naziste, come “Settore destro”, la cosiddetta “Guardia Nazionale”, numerosi battaglioni informali ma ben armati, tipo “Azov”, con l’appoggio dell’aviazione e dell’artiglieria pesante dell’esercito ucraino sistematicamente sterminano la popolazione dell’Est dell’Ucraina. I civili vengono uccisi solamente perché vogliono parlare la loro lingua madre, perché hanno una diversa opinione sul futuro del loro paese, perché non vogliono vivere in un paese dove governano i sostenitori di Bandera.
Questi ultimi sono i seguaci del cosiddetto “Esercito di liberazione ucraino”, che Le ricordiamo Frau Merkel, combatteva durante la Seconda Guerra Mondiale incluso nella Wehrmacht, così come della Divisione SS “Galizia” partecipando, in particolare, ai massacri degli ebrei sovietici, raggiungendo l’esaltazione dei loro padri e nonni. Con i nomi dei criminali nazisti denominano le strade delle città ucraine! La storia del 20° secolo in Ucraina viene riscritta davanti i nostri occhi! C’è da meravigliarsi come gli attuali sostenitori di Bandera abbiano la luce fanatica negli occhi conosciuta personalmente da noi, veterani sui fronti della Seconda Guerra Mondiale durante la battaglia di Stalingrado, accecati dall’odio chiedono di distruggere il Donbass, bruciare con il napalm l’est del paese. Ci sono le prove documentali che delle persone siano state assassinate solamente perché portavano il nastro di San Giorgio – il simbolo della vittoria sul fascismo.
La verita è, Frau Merkel, che in Ucraina si sta verificando il dilagare su vasta scala del nazismo. Non sono singoli commenti antisemiti nel Parlamento o articoli di ignoranti sulla superiorità di una razza rispetto ad un’altra. Sono crimini sanguinosi, su vasta scala, le cui vittime si contano a centinaia e migliaia. Ma l’Occidente ha una posizione molto strana e noi non la capiamo. Potrebbe essere interpretata come apologia del nazismo ucraino. E’ proprio così che interpretano la posizione dell’Europa in Ucraina ed è così che inizia a percepirlo il popolo russo. E noi vorremmo conoscere che cosa dice il popolo tedesco dall’alto della propria esperienza storica.
Per noi è importante conoscere la Sua opinione, il pensiero di un leader di una grande nazione che si ammalò della malattia bruna una volta ed a costo di orribili perdite riuscì a guarire. Sappiamo come nel vostro paese lottano contro qualsiasi manifestazione del nazismo. E, ci creda, lo apprezziamo. Soprattutto è più difficile per noi capire il motivo ripulendo accuratamente ogni eventuale germe del nazismo nel Suo paese, perché Voi consentiate manifestarlo su larga scala in altre parti d’Europa?
Perché i leader europei marciano a sostegno dei disegnatori francesi uccisi dai terroristi islamici ma non contro il fascismo in Ucraina? Perché a queste marce partecipa il capo dello Stato che ha dato l’ordine di uccidere il proprio popolo? Perché 12 vittime francesi meritano attenzione e le migliaia di russi ed ucraini uccisi no? Sa quanti bambini sono stati uccisi nell’est dell’Ucraina dai teppisti con la svastica nazista sulla divisa? Lo vuole sapere? Le forniremo quest’informazione qualora Le mancasse. Perché i popoli europei osservano serenamente la violenza di massa in Ucraina? O perché di tutto questo semplicemente non parla la Vostra stampa? Dov’è dunque la loro famosa indipendenza? Indipendenza dai fatti? Dalla verità? Qual’é il vero scopo delle Vostre sanzioni economiche? Indebolire la Russia come potenza ? Sostenere il nazismo in Ucraina? O semplicemente svalutare le nostre pensioni che percepiamo come partecipanti alla Seconda Guerra Mondiale?
Stimata Frau Merkel, la storia triste del 20° secolo ci ha insegnato qualche lezione:
1. Riscrivere la storia è una strada diretta verso il nazismo
Con questo sono iniziati tutti i regimi fascisti europei degli anni 20 e 30. Il medesimo percorso è stato intrapreso dall’Ucraina: dalla reiscrizione dei libri scolastici sulla storia alla demolizione dei monumenti sovietici. Il vertice della menzogna è stato raggiunto dalla dichiarazione di Jazenjuk alla stampa tedesca sull’invasione della Germania e dell’Ucraina da parte dell’Unione Sovietica! Vorremmo conoscere la Sua opinione su questo, il parere di un leader di un paese dove per la negazione dell’Olocausto è previsto il carcere.
2. La ricerca dei colpevoli – una manifestazione del nazismo
I regimi fascisti incolpano per il fallimento del proprio paese diversi gruppi: etnici, sociali, religiosi. Negli anni passati in questa veste finirono ebrei e comunisti. Nell’Ucraina attuale la colpa è data ai russi, a tutta la Russia, alla popolazione dell’est del paese.
3. Se il nazismo emerge in un paese, la peste fa il giro del mondo
Non si può promuovere il nazismo in un paese e pensare che rimanga nei suoi confini. L’onda del nazismo arriverà dappertutto scavalcando qualsiasi frontiera. Perciò’ il nazismo è chiamato «la peste bruna». Il nazismo va fermato lontano, in caso contrario arriva anche a casa tua.
4. Il Nazismo non può essere ignorato, può essere solo combattuto
Se qualcuno pensa che dal nazismo ucraino ci si può semplicemente allontanare, ignorarlo, si sbaglia fortemente La natura del nazismo è che persino il trascurarlo lo percepisce come una promozione, una manifestazione della sua potenza. Il nazismo non è locale, può solo crescere e svilupparsi! Per questo l’unica strada per opporsi al nazismo è una lotta brutale ed attiva contro di esso.
5. La più importante arma nella lotta contro il nazismo nelle sue fasi iniziali è la verità
E’ esattamente la verità ciò che sconfigge davvero il nazismo. Mostrando l’essenza del nazismo – l’odio verso il genere umano – espressione della sua ideologia contenuta nelle dichiarazioni dei suoi sostenitori, in particolare la violenza contro la gente, stiamo combattendo contro il nazismo in quanto tale. La verità storica è il migliore mezzo di profilassi contro il nazismo. Se ai giovani ucraini il loro governo non nascondesse la storia reale del loro paese e del loro popolo, i sostenitori del nazismo in Ucraina sarebbero molti di meno. I moderni mass media hanno un ruolo importante: possono sia plasmare il nazismo sia opporsi ad esso.
Stimata Frau Merkel!
La Russia come successore dell’Unione Sovietica ha una speciale missione storica. 70 anni fa abbiamo eliminato il nazismo dall’Europa subendo le peggiori vittime della guerra. Noi, personalmente, gli abitanti di Stalingrado con sforzi sovrumani abbiamo cambiato il corso della storia. Non solo della nostra storia, ma anche di quella europea e mondiale. Non possiamo ammettere un ripetersi del nazismo. Soprattutto sulla soglia di casa. Abbiamo lottato e lotteremo contro questo male. E Vi invitiamo a combatterlo assieme.
Frau Merkel, in Ucraina “Heil” si sente dappertutto. Apertamente e quasi con il supporto delle autorità. E’ ora di fermare il male assieme a tutto il mondo europeo! Ci auguriamo che il popolo tedesco, come tutti gli altri popoli dell’Europa, insieme con il popolo russo schiacci il rettile sul nascere! Il fascismo non passerà ! Viva la pace!
Zagorul’ko Maksim Maksimovich
Veterano della Grande Guerra Patriottica
Cittadino onorario della città eroe Volgograd
Kolotushkin Aleksander Ivanovich
Veterano della Grande Guerra Patriottica
Partecipante della parata di Vittoria del 1945
Sokolova Marija Vasil’evna
Veterana della battaglia di Stalingrado
Infermiera dell’ospedale 4423
Tereschenco Michail Vasil’evich
Veterano della Grande Guerra Patriottica
Cinque volte decorato con l’Ordine della Stella Rossa
Partecipante alla Parata della Vittoria del 1945
Rogov Egor Fiodorovich
Veterano della Grande Guerra Patriottica
Veterano della battaglia di Stalingrado
Partecipante alla liberazione della Crimea e dell’Ucraina
Sirotenco Aleksander Jakovlevich
Veterano della Grande Guerra Patriottica
Veterano dello sfondamento dell’Assedio di Leningrado
Oggi Stalingrado resiste ancora: a KOBANE per esempio
contro il fascismo di ieri, contro il fascismo di oggi: Resistenza! Sempre!
GS
IL NUOVO “PIANO D’AZIONE” DI ANKARA?
SANGUE E LACRIME PER IL KURDISTAN
Uccisioni, coprifuoco, assedio…e ora anche le armi chimiche. Cresce la preoccupazione per le città curde assediate (Cizre da quasi 60 giorni, Sur anche di più…), con i soldati turchi che impediscono alle ambulanze di soccorrere i feriti, in gran parte donne e bambini (vedi l’agenzia curda AnfEnglish).
Dopo oltre due mesi di assedio e repressione la situazione è sempre più grave. Mentre decine di migliaia di persone nei territori curdi sotto amministrazione turca sono quotidianamente sottoposte a pesanti bombardamenti, negli ultimi giorni l’esercito turco ha massacrato oltre 60 persone a Cizre. Vengono attaccati anche gli edifici dove trovavano rifugio i feriti e si parla dell’uso di armi chimiche (una conferma dalle immagini di corpi completamente bruciati. Avanzo un’ipotesi: fosforo bianco come gli USA a Falluja?). In una cantina di Cizre sottoposta a bombardamento erano bloccati 19 feriti di cui non si hanno più notizie e non si esclude che siano stati passati per le armi (come sembra da alcune immagini su un account twitter vicino all’ASKP). Ancora una settimana fa la deputata Leyla Birlik (esponente di HDP) aveva denunciato che alcuni cadaveri abbandonati nelle strade risultavano completamente bruciati.
Tra le 60 persone giustiziate a Cizre, c’era Mehmet Tunç, copresidente dell’assemblea popolare di Cizre. Sequestrato insieme ad altri civili per due settimane nel seminterrato di un edificio circondato e bombardato dall’esercito turco, aveva detto: “se lo stato turco ci ammazza, quelli che hanno mantenuto il silenzio non vengano a piangere sulla nostre tombe”.
Il nuovo “Piano d’azione in dieci punti” presentato dal primo ministro turco Davutoglu prevede “l’eliminazione delle differenze tra nazione e Stato”, un’espressione che evoca la definitiva negazione dell’identità curda. Quanto ai metodi previsti per “ristabilire l’ordine pubblico” è evidente che saranno quelli impiegati ormai da mesi: repressione, massacri e ora, ripeto, anche le armi chimiche. Un piano da 9 milioni di dollari (almeno quelli già previsti) a cui contribuiranno anche i finanziamenti europei. Notoriamente Ankara gode dell’aperto sostegno della Nato (in chiave anti russa) e del sostanziale, tacito assenso da parte dell’Ue. Al punto che proseguono impunemente, nonostante le proteste del governo locale, anche i bombardamenti degli F 16 turchi in territorio iracheno, sui monti di Qandil dove si rifugiano i guerriglieri del PKK.
“l’Autonomia Democratica è diventata la pratica quotidiana di milioni di donne e di uomini…”
Intervista con:
OZLEM TANRIKULU esponente del KNK (Congresso Nazionale del Kurdistan) e presidente dell’UFFICIO DI INFORMAZIONE DEL KURDISTAN IN ITALIA (UIKI-Onlus)
(Gianni Sartori, febbraio 2016)
D. Un aggiornamento. Cosa è cambiato per i curdi da qualche tempo a questa parte? Ricordo i molti editoriali, anche recentemente, sull’eroica resistenza curda contro Isis, ma contemporaneamente negli ultimi mesi le città curde venivano poste sotto assedio dall’esercito turco. Inevitabile corollario: coprifuoco, repressione, vittime civili…e senza che da parte dell’opinione pubblica internazionale (penso soprattutto a Unione Europea e Stati Uniti) si levassero adeguate condanne. Perché, a vostro avviso, due pesi e due misure?
Risposta: Effettivamente registriamo un atteggiamento a due facce da parte dell’Europa e degli Stati Uniti, ma più che l’opinione pubblica questa doppiezza riguarda i governi e i media. I curdi diventano eroi, nel nome della civiltà, quando difendono Kobane e sconfiggono L’ISIS, mentre invece sono sospettati addirittura di terrorismo quando chiedono al governo turco il rispetto dei loro diritti. La lotta per creare una comunità libera, equa, egualitaria e ecologica nel Rojava, è la stessa lotta delle popolazioni nelle città del Bakur (Kurdistan sottoposto ad amministrazione turca). La differenza sta solo nel fatto che questa lotta nel Bakur si scontra con i piani del governo turco. I governi di Stati Uniti e Europa hanno la loro convenienza nel mascherare il carattere autoritario e antidemocratico del governo di Erdogan che opprime allo stesso modo i curdi come i turchi che desiderano una nazione libera e rispettosa di diritti fondamentali. Troppi sono gli interessi economici e geopolitici per contrastare le politiche autoritarie, con aspetti apertamente fascisti, del governo di Erdogan: il transito di gas e petrolio, i milioni di profughi in territorio turco da non far venire in Europa, la necessità di arginare il nuovo protagonismo “ imperiale “ della Russia…
D. Quale ritenete sia il progetto di Erdogan (oltre a quello di conservare il potere)? “Risolvere” a modo suo la “questione curda” approfittando della situazione (guerra al terrorismo, controllo dei profughi…)? Forse, azzardo, si è “comprato” il tacito assenso degli Usa e dell’Ue? In cambio di cosa?
Risposta: Erdogan mira a fare della Turchia una potenza a livello internazionale, facendo leva sullo sciovinismo e sul nazionalismo diffuso nella società turca. Ha mire sulla Siria, sull’Iraq, interloquisce con Israele e si confronta alla pari con la Russia e con la potenza sciita dell’Iran. In questo quadro strategico,se torna utile, è compresa anche l’alleanza con l’Isis. Questo piano presuppone tuttavia l’affermazione di un vero e proprio regime interno, con la soppressione di ogni dissidenza e opposizione. I curdi, con la loro rivendicazione di libertà e di giustizia rappresentano oggi il principale ostacolo a questo progetto. Erdogan promette fedeltà e sostegno alle politiche Usa ed Europee in cambio della mano libera verso i curdi e tutti i dissidenti.
D. Un vostro commento sul recente arresto in Turchia di una ventina di accademici che avevano firmato l’appello per la Pace.
Risposta: E’ noto che il mondo della cultura è da sempre tra le realtà più sensibili ai temi della pace, della libertà e della giustizia. La condanna degli atti di violenza posti in essere dal governo, con l’uso dell’esercito contro la popolazione civile nelle città curde, è il segnale evidente di questa sensibilità, manifestata in Turchia dal mondo accademico e della cultura. Il progetto autoritario di Erdogan non può tollerare queste voci libere, esse rappresentano un pericolo soprattutto per l’influenza che possono avere sui giovani. Un regime autoritario teme come la peste le voci di dissenso quando sono così autorevoli. Questa vicenda dovrebbe mettere in allarme, oltre che l’intero mondo della cultura in Italia, Europa, e in tutto il resto del mondo, anche gli stessi governi, perché è quanto mai rivelatrice della vera natura del regime turco. Oltre 300 accademici ed esponenti del mondo scientifico europeo (270 solo dall’Italia) hanno sottoscritto l’appello lanciato da accademici e accademiche in Turchia per la ripresa delle trattative di pace e la fine delle operazioni militari e lo stato di assedio che hanno colpito molte città della regione curda in Turchia in spregio a tutte le libertà garantite dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali di cui la Turchia è firmataria. Hanno dimostrato che non vogliono far parte del crimine dello stato turco. E’ molto importante.
D. In sintesi: quale è ora la situazione della popolazione curda nei territori amministrati da Ankara? Come procede la politica dell’Autonomia democratica rivendicata da molte organizzazioni curde? E’ praticabile anche in una situazione di guerra come quella attuale?
Risposta: La politica del governo turco nei confronti della popolazione curda nei confini turchi ha conosciuto, negli ultimi mesi, un aggravamento di dimensioni storiche. Il grande successo dell’HDP, sia nell’elezione di giugno che in quelle di novembre (elezioni queste ultime volute da Erdogan proprio per cancellare la presenza politica libera e autonoma dei curdi) rappresenta un pericolo per le mire autoritarie del sultano di Ankara. Il governo di Ankara si sente in pericolo per il fatto che le popolazioni delle città curde, quasi ovunque insieme ai rappresentanti delle istituzioni comunali eletti nell’HDP con grandi maggioranze, stanno sperimentando politiche di autogoverno, e cercano di sviluppare forme democratiche, assembleari e libere di partecipazione per decidere sull’amministrazione del loro territorio. L’Autonomia Democratica è diventata la pratica quotidiana di milioni di donne e di uomini; essi intendono mostrare, alla Turchia e alla intera comunità internazionale come sia possibile un diverso modo di vivere e governare rispetto a quello accentratore, autoritario, violento e corrotto dell’attuale governo turco, orientato a difendere solo gli interessi dei grandi oligopoli e della grande finanza. Contro questa alternativa il governo ha scatenato una guerra vera e propria, schierando l’esercito contro i civili, decretando il coprifuoco e bombardando le case. Questa violenza genera enormi sofferenze nella popolazioni, con lutti e distruzioni, ma non ferma la determinazione delle persone, che resistono nonostante tutto, come i militari turchi hanno dovuto imparare a loro spese a Silvan, come a Cizre, a Sur, come a Nuseybin e in tante altre città.
“…nel Rojava è in atto una vera e propria rivoluzione…”
D. E nei territori curdi posti entro i confini dello stato siriano (a Kobane in particolare)?
Risposta : Nel Rojava ( la regione curda a nord della Siria) è in atto una vera e propria rivoluzione, che investe tutti gli aspetti della società e che noi chiamiamo Confederalismo Democratico. Dall’economia, (attraverso una riorganizzazione e ridistribuzione della produzione e dei beni secondo i bisogni delle comunità e delle persone); alla politica, (con il trasferimento di sempre più ampi poteri alle assemblee popolari di villaggio e di quartiere e con sistemi di deleghe controllate dalla base per le decisioni che interessano ambiti più ampi); dal rapporto tra generi, (con la promozione di uno straordinario e fondamentale partecipazione delle donne ed una lotta senza quartiere al maschilismo e al patriarcato), all’ecologia, (con la costruzione di un diverso rapporto tra uomo e natura, più autentico e rispettoso), nessun aspetto della vita è escluso dalla rivoluzione. In questo sforzo comune, tutte le etnie, le religioni e gli orientamenti politici e culturali (che condividano almeno le idee basilari di democrazia, equità e parità di genere) convivono in pace e nel reciproco rispetto e contribuiscono a dare impulso al cambiamento. Certo, realizzare tutto questo in un’area dove al contrario tutt’attorno prevalgono le ingiustizie sociali, l’intolleranza religiosa, l’autoritarismo politico, il maschilismo e il sessismo più violento e il disprezzo per la natura non è facile, specie se le forze della conservazione e dell’inciviltà praticano la guerra e la violenza come ordinario mezzo di confronto con chi considerano un nemico. Questo vale per l’isis, ma anche per la Turchia, per lo stesso regime di Assad e per molte delle forze che combattono Assad, ma in nome di concezioni ancora più conservatrici ed arretrate. Tuttavia, il cambiamento in atto nel Rojava non si ferma, anzi, diventa sempre di più un riferimento per donne ed uomini che in Medio Oriente, ma anche in Europa cercano con lealtà un’alternativa al capitalismo selvaggio, all’autoritarismo politico e ai fondamentalismi crudeli e disumani.
D. Una vostra valutazione sui vari interventi contro Isis (Francia, Russia, Usa…).
Risposta: Non diciamo niente di nuovo se ricordiamo che inizialmente le potenze occidentali, Stati Uniti innanzitutto, ma anche l’Europa, avevano avuto un atteggiamento molto morbido verso l’Isis, considerato un fenomeno locale, tutto sommato utile per abbattere Assad e il suo regime. Era stato tollerato anche il sostegno aperto che la Turchia e gli altri paesi del Golfo offrivano al Califfato. Poi le bande fasciste dell’Isis hanno mostrato al mondo intero la loro vera natura, ed anche le loro mire espansionistiche. Di fronte ai massacri, alle uccisione e agli attentati, l’Europa e gli Stati Uniti hanno cominciato a capire che l’isis era un nemico da combattere. Tuttavia il loro impegno bellico resta nel complesso, piuttosto modesto, limitandosi a dare appoggio con raid aerei alle forze che combattono l’isis sul campo.
Chiaramente il loro obbiettivo era e resta quello di sottomettere la Siria, e comunque di normalizzarla, rendendola una nazione legata alle grandi potenze, come è in larga misura avvenuto con l’Iraq e l’Afganistan. Dal nostro punto di vista vediamo come necessità primaria sconfiggere le bande fasciste dell’Isis e liberare le popolazioni civili in Siria come in Iraq dall’oppressione praticata da questo mostruoso regime. Naturalmente speriamo, e lottiamo per questo, che la liberazione dall’Isis non porti ad altri regimi antipopolari e a nuove colonizzazioni da parte delle grandi potenze, sia del blocco occidentale, ma anche da parte della Russia o dell’ Iran.
D. E un commento sul ruolo realmente svolto da Turchia e Arabia saudita (sospettati di aver avuto rapporti e interessi comuni con Isis)…?
Risposta: Gli stati dell’area mediorientale che maggiormente aspirano ad assumere ruoli di potenze- guida dell’area sono da sempre la Turchia, la monarchia Saudita e l’Iran. Storicamente l’Arabia Saudita ha avuto nell’identità religiosa sunnita un suo collante e punto di forza; più recentemente anche la Turchia, portata da Erdogan lontano dal laicismo kemalista, sfrutta l’identità religiosa sunnita come un mezzo di rafforzamento dell’idea di nazione, in chiave sciovinista. La contrapposizione con la potenza sciita, l’Iran, per la quale egualmente la religione è strumento di rafforzamento identitario e di potere, diventa quasi inevitabile. Lo scontro oggi si è concentrato in Siria, dove la presenza sciita, spesso alleata con la corrente alewita della quale fa parte il clan di Assad, è da sempre forte. L’Isis rappresenta sul campo l’alternativa sunnita, nella forma più estrema. Le due fazioni raccolgono simpatie ed appoggi dalle potenze “confratelle”, interessate, ovviamente, a mettere le mani, anche se per mezzo dei loro alleati, sulle risorse petrolifere e idriche siriane. In realtà il richiamo religioso serve solo a mascherare interessi economico-politici dei vari gruppi di potere. A fare le spese di queste politiche è la popolazione siriana, sottoposta a immani sofferenze che causano l’esodo di milioni di donne e uomini,con le conseguenze ben note anche in Europa.
D. Recentemente la Turchia ha bombardato un villaggio curdo, Sharanish, abitato anche da cristiani (caldei e assiri), un episodio su cui è intervenuta duramente anche la stampa vaticana. Papa Francesco finora è mai intervenuto esplicitamente in merito all’oppressione subita dai curdi (anche come riconoscenza per i tanti cristiani, salvati e protetti proprio dai curdi)?
Risposta : L’odio fascista delle bande armate dell’Isis si è scatenato contro tutti coloro che chiedono libertà e democrazia, siano essi cristiani, mussulmani, ezidi, assiri o di qualunque altra religione, fede o credo politico. Per il movimento curdo è un principio fondamentale difendere chiunque sia vittima di questa oppressione. Anche le politiche di aggressione del governo turco non risparmiano nessuno e per reprimere chi lotta per la democrazia e la libertà l’esercito turco non esita a bombardare senza distinzione popolazioni civili. Abbiamo apprezzato l’autorevole voce del Papa ogni volta che si è espressa a favore della pace, della libertà e della giustizia e crediamo che sarebbe molto importante, per l’opinione pubblica internazionale, una sua parola di condanna degli atti di aggressione contro la popolazione civile, di qualunque credo e religione, posti in essere dal governo turco.
D. Come valutate la solidarietà internazionale tra Italia e Kurdistan?
Risposta: In Italia la solidarietà con il nostro movimento è stata sempre particolarmente attiva. Lo dimostrano le iniziative delle tante realtà associative, culturali e anche istituzionali che si sono sviluppate in tutto il territorio nazionale. In ogni città si sono costituiti comitati di solidarietà e nodi territoriali della Rete Italiana di Solidarietà con il Popolo Curdo. Molte amministrazioni locali hanno stretto patti di solidarietà con l’amministrazione autonoma del Rojava. Le recenti iniziative di concedere la cittadinanza onoraria al Presidente Ocalan da parte di grandi città come Palermo e Napoli ne sono una concreta prova. Anche a livello accademico si sono svolte e sono in preparazione importanti iniziative di approfondimento e divulgazione del sistema del confederalismo democratico come nuovo modello per una vita libera e democratica, così come molte organizzazioni di donne e femministe si sono avvicinate al tema della jineologia. La solidarietà internazionale è uno strumento di grade importanza e straordinario valore, perché agisce dal basso verso l’alto e porta la voce del nostro movimento dal livello locale fino alle istituzioni. Sosteniamo tutti i tipi di iniziativa tesi a realizzare una vita alternativa e riponiamo grandi speranze in tutti e tutte coloro che le costruiscono attivamente.
“…siamo consapevoli della nostra forza e proseguiremo sulla strada che abbiamo tracciato…”
D. E riguardo al negoziato internazionale per una soluzione politica del conflitto in atto in Siria?
Qualora effettivamente non vi partecipassero, quale sarebbe la posizione dei curdi (o delle diverse organizzazioni curde) di fronte all’esito dei negoziati?
Risposta: Queste domande possono essere considerate unitariamente. Abbiamo valutato, e continuiamo a valutare come positivo l’avvio del negoziato internazionale. Tuttavia, la decisione di tutti gli attori di accettare il diktat turco di escludere dal tavolo il PYD, il partito più rappresentativo dei curdi di Siria e le forze di autodifesa del Rojava, ovvero le forze che non solo hanno un ruolo fondamentale nella rivoluzione in atto nel Rojava, ma anche nella lotta all’Isis, renderà il negoziato debole e privo di reale efficacia. È irrealistico infatti pensare ad una soluzione di pace e di democrazia per la Siria senza tener conto dell’esperienza di autogoverno del Confederalismo Democratico e del valore che esso ha per sconfiggere definitivamente le bande fasciste. Noi crediamo che di questo, inevitabilmente, tutti gli attori del negoziato si renderanno conto. Per quanto ci riguarda, siamo consapevoli della nostra forza e proseguiremo sulla strada che abbiamo tracciato. Pensiamo che la determinazione del nostro popolo e di tutti coloro che con noi stanno scrivendo questa straordinaria pagina di storia farà prevalere la ragionevolezza ed il buon senso in coloro che siedono al tavolo del negoziato, rendendo tutti consapevoli che nel futuro della Siria, come di tutto il Medio oriente, non vi può essere vera soluzione senza i curdi.
D. Ho visto recentemente i libri biografici della vostra compagna Sakine Cansiz assassinata in rue La Fayette a Parigi nel gennaio 2013. Potreste dirci perché la sua vita rappresenta una testimonianza esemplare della lotta di liberazione del popolo curdo (e delle donne curde in particolare)?
Risposta: La nostra lotta di liberazione, come popolo, ma crediamo sia un principio valido per l’intera umanità, è fondata sull’idea che la parità di genere ed il protagonismo delle donne costituiscono un elemento imprescindibile per una società libera ed equa. Maschilismo, sessismo e patriarcato sono tra i peggiori ostacoli alla costruzione di rapporti liberi e fraterni tra le persone, sono tra le cose peggiori che lo sviluppo delle società classiste ha lasciato in eredità all’intera umanità. Per questa ragione nel nostro movimento le donne hanno un ruolo fondamentale, non c’è carica politica, amministrativa o di autodifesa che non veda la compresenza di un uomo e di una donna, e le donne hanno inoltre le loro organizzazioni civili, e di autodifesa .Con la loro determinazione e la loro consapevolezza, le donne hanno dato alla rivoluzione e all’autonomia democratica una energia e una straordinaria modernità che spinge anche gli uomini a diventare più consapevoli e liberi. La compagna Sakine, per noi Sara, con la sua storia, la sua lotta e il suo martirio rappresenta un paradigma per i nostri principi: forza e determinazione, ma anche umanità e amore per la vita sono il patrimonio di ogni donna curda che decide di non essere più schiava, serva, sfruttata, oppressa. Ogni donna curda diventa, nella lotta, Sara.
D. Ultima domanda: ho letto che “i curdi hanno per amici soltanto le montagne”. Come si configurano, nella cultura, nella tradizione, nell’immaginario, nelle leggende…(e ovviamente nella Resistenza) le Montagne per il popolo curdo?
Risposta : Per decenni, la politica turca dell’assimilazione negava la stessa esistenza di un’etnia curda. Noi eravamo chiamati, non senza disprezzo, “Turchi di Montagna”. Le forze della reazione pensavano così di umiliarci, ignorando che la nostra fierezza deriva anche dall’essere così legati ai nostri monti. Essi hanno rappresentato, per secoli, un rifugio contro chi voleva annientarci o sottometterci: dai sumeri, ai romani, dagli arabi agli ottomani. E’ su quelle montagne che è rimasto vivo il fuoco della libertà, quello acceso dal fabbro Kawa per annunciare l’uccisione del tiranno babilonese Zuhak. Tutti i perseguitati del tiranno erano fuggiti sulle montagne per nascondersi; vedendo quel fuoco capirono che la tirannia era stata sconfitta e su ogni montagna furono accesi i fuochi della libertà. Da quelle stesse montagne oggi viene oggi un identico segnale. Viviamo e lottiamo per vederlo accogliere e diffondere in ogni parte del mondo.
Alle domande che ci sono state poste vorremmo aggiungere una sola riflessione. La nostra lotta ha un ispiratore e una riferimento: è il pensiero del Presidente Ocalan. La sua prigionia, che dura ormai da 17 anni, in condizioni di vera e propria disumanità, simboleggia l’oppressione e il dolore di un intero popolo. Non crediamo ci possa mai essere una vero processo di democrazia e di giustizia nel Medio Oriente fino a quando il Presidente Ocalan sarà imprigionato. Questa deve essere una consapevolezza che l’Europa, e gli Stati uniti devono acquisire, altrimenti tutti i loro sforzi, in Siria, come in Iraq, ma anche la stessa speranza di avviare la Turchia su una strada di vera democrazia, saranno vani.
(intervista a cura di Gianni Sartori, febbraio 2016)