Seconda guerra mondiale e Unione Sovietica. La ‘storia’ a uso e consumo degli sconfitti
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di Fabrizio Poggi
Si approssima l’80° anniversario dell’inizio della Seconda guerra mondiale, conclusa vittoriosamente dagli Stati Uniti, che sconfissero il nazismo nel 1945, nonostante il perfido patto con cui, cinque anni prima, l’Unione Sovietica aveva dato via libera a Hitler per attaccare l’indifesa e innocente Polonia…
Le premesse ci sono tutte, e altre sono in elaborazione, perché l’interpretazione mediatica della storia si sviluppi proprio così. Nulla di nliuovo; da anni va in questo modo; ma i contorni si fanno sempre più definiti, via via che passa il tempo. Il dato categorico di partenza è che “la democrazia ha sconfitto i totalitarismi, neri o rossi che fossero”; tutto il resto viene a cascata. Sulla scia degli yankee, che attribuiscono importanza “decisiva”, se non esclusiva, a ogni loro scontro o scaramuccia con qualche reparto hitleriano e, di quando in quando, si appropriano addirittura delle imprese dei propri alleati occidentali (ricordate il film “U-571”?), anche gli sconfitti assoluti cominciano a dire che no, questa o quella vittoria sovietica in realtà fu una disfatta sul campo.
Da un paio di giorni i media russi prendono posizione contro l’uscita di Sven Felix Kellerhoff, capo-redattore della sezione storica del tedesco Die Welt, il quale, descrivendo il più grande scontro di mezzi corazzati della guerra, il 12 luglio 1943 a Prokhorovka, come un involontario attacco-kamikaze (“unfreiwilligen Kamikaze-Angriff”) e in pratica una disfatta dell’Armata Rossa, chiede l’immediata demolizione del monumento (“müsste dieses Denkmal sofort abgerissen werden”) la cappella erettanel 1995 nella piana di Prokhorovka, in memoria dei soldati sovietici caduti nello scontro.
L’urto di carri armati a Prokhorovka, una sessantina di km a nord di Belgorod, avvenne durante la fase terminale della battaglia di Kursk, l’operazione con cui l’Armata Rossa respinse la programmata offensiva nazista “Zitadelle” contro il saliente sovietico. Più ancora di Stalingrado, secondo il parere concorde di tutti gli storici, Kursk, durata complessivamente dal 5 luglio al 23 agosto, decise le sorti della guerra, obbligò gli alleati ad affrettare lo sbarco in Sicilia e pose fine a ogni piano d’attacco tedesco. Dopo Kursk, strategicamente, i tedeschi, salvo qualche isolato tentativo nel 1945, non riuscirono più a prendere l’offensiva e fermarono la ritirata solo a Berlino. Al saliente di Kursk furono impegnati, da entrambe le parti, oltre 4 milioni di uomini, 12mila aerei, quasi 70mila bocche da fuoco, più di 13mila tra carri armati e artiglieria semovente.
Sulla scorta, principalmente, delle affermazioni dello storico Karl-Heinz Frieser, Kellerhoff mette in dubbio il numero di carri che effettivamente avrebbero preso parte allo scontro – non circa 800 per parte, ma appena un paio di centinaia in tutto – e dà come risultato una completa disfatta dei corazzati sovietici, con appena qualche “Tigre” danneggiato.
Cose non nuove. Ma, quello che davvero ha fatto andare in bestia i commentatori russi è che l’articolo, “in puro tedesco, contenga una frase che in Russia è difficile non leggere come una sfacciata arroganza o un insulto intenzionale”: la sollecitazione a rimuovere il monumento. “Questo lo dice a noi un tedesco. In tal tono. A proposito di un monumento sulla nostra terra. Dedicato ai nostri caduti!”, si indigna lo storico Nikolaj Starikov, e osserva che Die Welt, come altri giornali, “non è stampa tedesca, ma in lingua tedesca; di fatto, portavoce non della Germania, ma degli USA”. Le stesse immagini a corredo del testo, sono prese dall’Archivio di Stato College-Park, nel Maryland. Che a Prokhorovka, l’Armata Rossa abbia perso molti più carri dei tedeschi, è un fatto che gli storici sovietici hanno sempre ammesso, perché al largo impiego dei nuovi “Tigre”, “Pantera” e semoventi “Ferdinand”, i leggeri T-34 potevano opporre solo il numero, la maggior manovrabilità e il combattimento ravvicinato; ma, dopo Prokhorovka l’iniziativa strategica passò definitivamente ai sovietici.
In “Occidente ci sono sempre più idioti, provocatori o storicamente ignoranti”: questo il commento dello storico Oleg Nazarov su Svobodnaja Pressa. Nel 1941 e ’42 l’iniziativa fu in mano ai tedeschi e loro alleati, continua Nazarov; poi venne la rotta di Stalingrado.
Con “Zitadelle”, i tedeschi pianificavano di riprendersi la rivincita e l’iniziativa. Ma non ebbero né l’una né l’altra.
Secondo lo storico Mikhail Mjagkov, l’uscita di Kellerhoff rientra nella “guerra di informazione occidentale contro la Russia”. La figlia di un veterano di quella battaglia ha commentato per iarex.ru: “”Quanti mascalzoni hanno messo in dubbio la vittoria a Kursk! E propongono addirittura di demolire i monumenti! I fascisti devono chiudere la bocca per sempre”.
Dmitrij Orlov su feisbuc: “Il tritacarne di Prokhorovka: iniziativa strategica e teatro dell’assurdo”. La valutazione generale è che “né l’Armata Rossa, né la Wehrmacht abbiano vinto; ma che l’offensiva “Zitadelle” sia stata fermata proprio a Prokhorovka, mentre la controffensiva sovietica si sia trasformata in una iniziativa strategica (i “dieci assalti staliniani”) che non si arrestò fino alla fine della guerra”.
L’osservatore di iarex.ru, Mikhail Demurin: “Dove e come innalzare i monumenti ai vincitori, la Russia lo decide senza i consigli di chicchessia; agli autori di alcuni di questi strani consigli si può ricordare il noto appello a non svegliare il can che dorme”. Che il rapporto tra perdite sovietiche e tedesche a Prokhorovka, continua Demurin, “sia stato a favore degli hitleriani, è un fatto a tutti noto”. Altrettanto noto che “il 5 agosto l’Armata Rossa liberasse Belgorod, che ancora il 12 luglio era molto dietro le linee tedesche”; e poi, che fine avevano fatto “le tre divisioni del 2° corpo carri SS impegnate a Prokhorovka: “Leibstandard Adolf Hitler”, “Das Reich” e “Totenkopf”? Si erano ritirate nelle posizioni preparate in precedenza?”. La conclusione è che “una lotta particolarmente accanita contro l’eredità della Grande Guerra Patriottica è condotta in paesi che, direttamente o indirettamente, sostengono le idee fasciste: primi fra tutti, Ucraina e Paesi baltici”. Paesi in cui la glorificazione del nazismo è all’ordine del giorno, le parate storiche istituzionali a ricordo dei veterani delle divisioni SS baltiche e ucraine costituiscono una ricorrenza ufficiale annuale, la distruzione dei monumenti a ricordo dei soldati sovietici e dei caduti antinazisti costituiscono ormai fatti quotidiani.
Anche per questo, non può considerarsi casuale, o dettata solo dalla ricorrenza del 12 luglio, l’uscita di Sven Kellerhoff su Die Welt che, sotto la veste della “ricerca”, intenderebbe rimettere in discussione la storia della vittoria sul nazismo.
Guarda caso, proprio Paesi come Ucraina e Baltici, saranno tra i principali invitati il 1 settembre a Varsavia alle celebrazioni per l’80° anniversario dell’inizio della guerra; mentre non sarà invitata la Russia. Il capo di gabinetto presidenziale, Krzysztof Szczerski, ha dichiarato che la Polonia celebrerà la data con i rappresentanti degli stati che collaborano con Varsavia a “garantire la pace sulla base del diritto internazionale, del rispetto della sovranità degli altri stati e della loro integrità territoriale”. Al contrario, la “violazione di queste regole fu un tratto distintivo degli aggressori del 1939 e rimane oggi la più grande minaccia per la pace”, ha detto Szczerski. Saranno quindi invitati i Paesi NATO, UE e del Partenariato orientale (Armenia, Azerbajdžan, Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina). D’altronde, nella stessa Polonia, che fu tra le prime, nel gennaio 1934, a firmare un patto di non aggressione decennale con la Germania hitleriana, sono ufficiali l’antisovietismo, l’anticomunismo e, oggi, la russofobia, così dilaganti nei Paesi baltici e in Ucraina. Nient’altri che un polacco, il Presidente del Consiglio d’Europa, Donald Tusk, ha dichiarato, nel corso della visita a Batumi per il 10° anniversario del “Partenariato orientale” della UE, che la caduta dell’Unione Sovietica “non è stata la più grande catastrofe geopolitica del secolo”, ma, anzi, una “benedizione per georgiani, polacchi, ucraini e tutta l’Europa orientale e centrale. E anche per i russi”.
E’ forse per questo che, a scanso di improbabili resurrezioni sovietiche dalla Russia eltsiniana, che la NATO sta allestendo una “testa offensiva d’assalto nelle vicinanze dei confini russi”; lo ha rivelato il Comandante della Direzione operativa dello Stato maggiore russo, generale Andrej Sterlin, che ha precisato come, allo scopo di “espandere le capacità di spostamento delle truppe”, per il 2020 la NATO metterà a punto “formazioni di rapida operatività, composte da 30 battaglioni meccanizzati, 30 squadroni aerei, 30 navi”.
La lezione di Kursk e Prokhorovka non ha insegnato nulla a ovest della Vistola.
Battaglia di Kursk (1943)
Luogo: Kursk, Unione Sovietica
Data: 5 Luglio – 16 Luglio 1943
Forze in Campo: Germania contro l’Unione Sovietica
Esito: Vittoria Sovietica
Comandanti: Germania: Günther von Kluge , Erich von Manstein , Walter Model e Hermann Hoth – Unione Sovietica: Aleksandr Vasilevsky , Georgij Žukov , Nikolai Vatutin , Konstantin Rokossovskij e Ivan Konev
Lo Scenario e gli Obiettivi:
La battaglia di Kursk, combattuta da Russi e Tedeschi nel luglio 1943, è la più grande battaglia di forze corazzate della seconda guerra mondiale e sono proprio le centinaia di carri armati che si sono affrontati la vera ragione d’essere dello scontro. Difendendo il saliente di Kursk ad ogni costo, trasformandolo in un caposaldo imprendibile, i Russi si proponevano di distruggere una parte importante delle divisioni Panzer tedesche e di logorare in uno scontro d’attrito le migliori unità tedesche, nella certezza di poter rimpiazzare le proprie perdite e, anzi, incrementare la consistenza dell’Armata Rossa, per poi assumere l’iniziativa e passare all’offensiva. C’era voluto tutto il carisma di Zukhov e dei più brillanti generali per convincere Stalin dell’opportunità di non lanciare nessuna offensiva estiva nel 1943, attendendo invece la mossa tedesca nel saliente di Kursk. Solo dopo aver respinto l’attacco tedesco, indebolendo le preziose forze mobili corazzate, si sarebbe potuto dare il via ad una simultanea offensiva sia a nord sia a sud del saliente. Proprio per questo i comandanti del Fronte Centrale e del Fronte di Voronezh, mentre si apprestavano a contenere l’offensiva tedesca, dovevano anche prepararsi a passare all’attacco appena la spinta nemica si fosse esaurita. I Russi avevano informazioni precise sulle intenzioni tedesche. Intanto la concentrazione di uomini e mezzi era tale da non poter essere nascosta alla ricognizione e agli informatori, ma Stalin poteva anche contare sui servizi di Lucy, la rete spionistica che riuscì a fornire a Mosca le linee generali del piano di Hitler, compresa la probabile data d’inizio, gli obiettivi e le linee d’avanzata dei reparti tedeschi. Altre fonti intelligente confermavano. Del resto, non ci voleva un genio militare per comprendere che i Tedeschi avrebbero cercato di tagliare alla sua base il saliente di Kursk, che si protendeva minaccioso nelle linee tedesche, che aveva un fronte ampio 400 km, ma che alla sua base era davvero molto stretto: una situazione ideale per condurre una classica manovra a tenaglia che poteva consentire ai Tedeschi di accerchiare un milione di soldati russi, di accorciare significativamente la linea del fronte che dovevano difendere, eliminando una pericolosa spina nel fianco e stroncando sul nascere l’inevitabile offensiva estiva russa. Secondo alcuni ufficiali la distruzione delle forze russe a Kursk avrebbe potuto convincere Stalin a discutere la cessazione delle ostilità. Senza arrivare alle conseguenze politiche, questo è il concetto che Erich von Manstein propone a Hitler nel febbraio del 1943. In realtà l’opzione favorita da Manstein era più ardita e meno ovvia: si trattava di lasciare ai Russi la prima mossa, di cedere terreno, sul Donetz e sul Mius, lasciare avanzare i Russi, risparmiare le forze, ricostituire le divisioni Panzer e poi sferrare una serie di attacchi devastanti, sul Dnepr, come stava per fare a Kharkov. Hitler non ne vuole sapere. Resta allora Kursk, ma la condizione per ottenere il successo è di attaccare il prima possibile, subito, possibilmente in maggio, prima che i Russi possano riprendersi dalle batoste subite. In favore del piano si pronunciano il capo dell’eserdIto, generale Zeitzler, e il maresciallo von Kluge, mentre l’ispettore delle forze corazzate, generale Guderian, è contrario. Lo stesso Manstein cambia idea dopo i troppi ritardi e quando è ormai chiaro che il decisivo fattore sorpresa è stato compromesso. Hitler, pur riluttante, sanziona il piano dell’Operazione Zitadelle il 15 aprile, con data dell’attacco fissato per il 3 maggio ma poi, dando retta alle richieste di rinforzi che gli arrivano da diversi generali e credendo a Guderian che lo illude sugli incrementi di produzione di nuovi carri, ordina un rinvio dietro l’altro. I Tedeschi non si rendono conto che la battaglia industriale per rinforzare i rispettivi schieramenti è stata vinta dai Russi. Solo tra aprile e maggio il maresciallo Zukhov ottiene altri 10.000 pezzi d’artiglieria per Kursk. Alla fine Hitler fissa la data per l’attacco per il 5 luglio. I Russi sono pronti.
Le Forze in Campo e gli Schieramenti:
La corsa a potenziare le rispettive forze in vista della battaglia vede senza dubbio prevalere i Russi, che a Kursk possono contare su 1.370.000 soldati, 60 divisioni, appoggiati da 20.220 pezzi d’artiglieria e mortai, compresi 6.000 cannoni anticarro da 76 mm e 900 lanciarazzi multipli Katyusha e su una formidabile massa corazzata di 3.300 tra carri armati e cannoni semoventi d’assalto. Il Fronte Centrale, a nord, ha sei armate, 488a,138a, 70a, 65a, 608a, 2a corazzata (equivalenti a Corpi d’armata tedeschi), mentre il Fronte di Voronez a sud ne ha cinque, la 38a, 40a, 6a della Guardia, 7a della Guardia, 1a corazzata. Infine il Fronte della Steppa, di riserva, ha cinque armate: 5a della Guardia, 27a, 47a e 53a, e 5a armata corazzata della Guardia. La componente aerea è altrettanto formidabile: alle tre armate aeree, 16a, 5a e 2a, ciascuna con 700 velivoli, si aggiungono gli aerei messi a disposizione dall’aviazione strategia e dalle unità della difesa aerea, portando il totale complessivo a 2.650 aerei, con ben 900 cacciabombardieri 11-2 Shturmovik, micidiali contro i carri armati. Con l’arrivo della primavera, il saliente è stato trasformato, anche grazie all’impiego di 300.000 lavoratori civili, in una formidabile posizione fortificata, che supera quanto realizzato durante le battaglie di trincea della prima guerra mondiale. Immensi campi minati hanno il compito di “canalizzare” gli attaccanti contro vere e proprie trappole anticarro con cannoni, disposte a scacchiera. La fanteria è ben schierata in quasi 5.000 km di trincee ed è protetta da campi minati, artiglieria e dispone di molte armi anticarro. Le linee di difesa sono addirittura otto, scaglionate in profondità per quasi 180 km. I Tedeschi mettono in campo 900.000 uomini, dei quali 570.000 di prima linea, con 36 divisioni, 10.000 pezzi d’artiglieria, 2.700 tra carri armati e cannoni d’assalto. Complessivamente il Gruppo Armate Centro, a nord del saliente, può concentrare su un fronte di 50 km cinque Corpi d’armata, il XX, XXIII, XLI, XLVI, XLVII con 4 divisioni Panzer, 2 divisioni meccanizzate e 12 di fanteria, con 1.200 mezzi corazzati. A sud il Gruppo Armate Sud conta sulla 4a armata Panzer, con il XLVIII e LII corpo d’armata e il II corpo SS, con 5 divisioni corazzate, una meccanizzata e 4 di fanteria, mentre il Raggruppamento Kempf conta l’XI, XLII e III corpo d’armata, con 3 divisioni Panzer e 6 di fanteria, che sono schierati per attaccare su un fronte di una cinquantina di chilometri, con circa 1.500 mezzi corazzati. È il caso di ricordare che nel 1941, nell’attacco alla Russia, l’esercito tedesco aveva schierato 3.300 carri su un fronte di quasi 1.500 km. La Luftwaffe, per l’ultima volta, riesce a concentrare una forza considerevole, con la Luftflotte 4 a supporto del Gruppo Armate Sud e la Luftflotte 6 per il Gruppo Armate Centro, con complessivamente 2.050 aerei, dei quali circa 600 da caccia. Lo squilibrio numerico in favore dei Russi è in parte compensato dalla superiorità qualitativa tedesca, che ancora esiste, per quanto costantemente erosa e i comandanti tedeschi sanno che devono percorrere solo una sessantina di chilometri per raggiungere l’obiettivo e ricongiungersi. Ma non ci riusciranno.
La Battaglia:
Kursk si trova nell’altopiano stepposo della Russia centrale, oltre 500 km a sud di Mosca, alla confluenza dei fiumi Tuskor e Seym. Il saliente ha una forma semicircolare, ha un fronte di quasi 400 km ed alla base è largo meno di 160 km e si spinge nelle linee tedesche per 120 km. Il terreno è idoneo alla guerra corazzata ed offre anche visibilità a grande distanza. L’offensiva tedesca ha in realtà un prologo russo, nella forma di un potente bombardamento d’artiglieria scatenato sulle linee dove si stanno ammassando le forze nemiche. A dimostrare che non ci sarà neanche una sorpresa tattica, ma un attacco contro un nemico che sa perfettamente cosa aspettarsi, che ha ultimato i preparativi difensivi a fine maggio ed ha utilizzato le 5 settimane extra concesse dai Tedeschi per migliorare ancora le sue già formidabili difese. I comandanti tedeschi decidono tattiche diverse per i loro attacchi: a nord Model prevede di impiegare la fanteria di 9 divisioni con i suoi cannoni d’assalto, appoggiata dall’artiglieria in modo massiccio e da una minima parte delle unità corazzate per aprire la breccia dove poi far penetrare le unità Panzer. A sud Manstein, che ha poca fanteria, preferisce assestare un colpo di maglio corazzato, concentrando i suoi Panzer su un fronte ristretto. Manstein utilizza in particolare il concetto del Panzerkeil, il cuneo corazzato, che pone al tice i carri pesanti Tiger, affiancati dai Panther e dai Panzer IV. Alle 05.00 del mattino, preceduti a loro volta dal bombardamento d’artiglieria, i Tedeschi attaccano. I Russi sono pronti. A nord il generale Rokossovsky ha schierato tre armate in linea, mantenendo altra fanteria e un’armata corazzata in riserva. Gode di una schiacciante superiorità su Model. A sud Vatutin è inferiore a Manstein e Hoth in carri armati e inoltre ha disperso un po’ troppo le sue forze su un fronte ampio, pur sapendo dove con probabilità i Tedeschi attaccheranno. Le sue due unità migliori, la 6a e la 7a armata della Guardia sono in prima linea. I soldati di Model incontrano una resistenza durissima, avanzano lentamente, subi-scono perdite, ma alle 09.00 ci sono varchi nelle prime linee russe ed entrano in azione le divisioni corazzate. Alla fine della giornata i Tedeschi sono penetrati tra 6,5 e 9,5 km nelle linee russe. A sud la 4a armata corazzata e il XLVIII corpo Panzer attaccano alle 4 del mattino. Incontrano anche loro una durissima resistenza. Hoth però non avanza direttamente verso nord, ma piega a nord-est, perché è conscio della minaccia costituita dal Fronte della Steppa, non vuole subire un attacco sul fianco mentre avanza su Kursk. Punta quindi su Oboyan con il XLVIII corpo, lancia il II corpo SS al centro e assegna al Raggruppamento Kempf la corsa verso Prokhorovka. Ed è il corpo SS che il primo giorno riesce ad avanzare per 20 km, contro i 10 km guadagnati dal XLVIII corpo. Ma, sul fianco destro, il Raggruppamento Kempf incontra problemi a superare il Donetz e le difese della 7a armata della Guardia del generale Shumilov. La strategia dei Russi non è però rigidamente difensiva, per stroncare l’avanzata si rinforzano le difese dove i Tedeschi premono e si contrattacca con le forze corazzate. È quanto fa Rokossovsky i16 giugno, a nord, nei pressi del villaggio di Ponyri dove si scontrano quasi 2.000 cani armati dei due eserciti. È una battaglia selvaggia e i Tedeschi non riescono ad avanzare. Lo scenario si ripete il giorno successivo, con i Tedeschi che progrediscono faticosamente contro le difese russe e sono poi contrattaccati. Succede a Ponyri, Bobrik, Soborovka,Teploye, Olkhovatka. Alla sera del 9 luglio i progressi ottenuti sono stati largamente inferiori alle aspettative e le divisioni di Model sono esauste e hanno subito gravissime perdite. Il 10 luglio Model impegna le sue ultime riserve, lancia all’attacco 300 carri armati, ma non riesce a sfondare. In sei giorni ha perso 400 carri armati e 50.000 soldati, le sue unità sono allo stremo, non può più attaccare e, anzi, si deve preparare alla ormai imminente controffensiva sovietica. Le cose sono andate meglio a sud, anche se l’intervento già il 6 luglio della 1a armata corazzata del generale Katukov, i cui 640 carri spesso vengono interrati per aumentare la protezione, ha portato a scontri durissimi. I Tedeschi però avanzano e a fine giornata hanno raggiunto e inciso la seconda linea di difesa sovietica. E a questo punto il comando supremo, lo Stavka, comincia a far affluire ulteriori rinforzi corazzati e ordina anche alla 5′ armata corazzata del generale Rotmistrov di muovere verso sud, spostandosi a Prokhorovka: 300 km da percorrere entro 3 giorni. Il 7 luglio la 6a armata della Guardia russa inizia a sfaldarsi, ma le forze tedesche del XLVIII corpo che la incalzano subiscono pesanti attacchi aerei. Anche la 1a armata corazzata è in grave difficoltà e Vatutin le rinforza con la 40a armata. Gli scontri proseguono l’8 luglio e alla sera del 9 luglio i carri tedeschi sono a 20 km da Oboyan. Lo sforzo è costato, secondo fonti russe, 11.000 uomini e 230 carri alle unità di élite tedesche. Il 10 luglio il generale Horth fa deviare verso nord-est il peso del suo attacco, chiede che anche il corpo corazzato di riserva, il XXIV, schierato a Kharkov, sia spostato per partecipare all’offensiva. Vatutin però intuisce la mossa e si rende anche conto che c’è il rischio di una manovra aggirante per avvolgere le sue forze se i Tedeschi risalissero verso a nord. Il 10 luglio è anche la data dell’operazione Husky, lo sbarco in Sicilia che porta gli Anglo-americani ad aprire un nuovo fronte nell’Europa meridionale, un evento che avrà grande influenza sull’Operazione Zitadelle. L’11 luglio Manstein ordina l’attacco decisivo: dovrebbe coincidere con una nuova offensiva da nord, ma la 9a armata deve invece cominciare a disimpegnarsi in vista dell’offensiva sovietica. L’epicentro della battaglia è Prokhorovka, dove convergono i 300 carri del Raggruppamento Kempf, da sud, ed i 600 carri del Secondo corpo SS del generale Hausser che avanza da ovest. È proprio il corpo SS che ingaggia una battaglia di incontro con la 5a armata corazzata della Guardia del generale Rotmistrov, rinforzata da due ulteriori corpi corazzati e da elementi della 5a armata della Guardia. L’avanzata tedesca è fermata, ma con gravi perdite. Vatutin comprende che non può attendere oltre per riorganizzare le sue forze, non può permettere il ricongiungimento delle due formazioni tedesche e ordina quindi un contrattacco il 12 luglio, che si scontra con la rinnovata offensiva di Hausser. Rotmistrov ha quasi 500 carri T-34, 264 carri leggeri T-70 e 35 Churchill III, contro i 600 di Hausser. È il più grande scontro di carri armati. I Russi sanno di essere in svantaggio nel combattimento a lunga distanza contro i più potenti e protetti carri tedeschi: Rotmistrov ordina quindi una vera carica, occorre serrare le distanze. Quando scende la notte i Tedeschi hanno perso quasi 300 carri armati, 88 cannoni e 300 autocarri, i Russi circa 450 carri armati. Ci sono ancora azioni offensive tedesche fino al 15 luglio, ma dal 13 Zitadelle è finita: i Tedeschi sono sconfitti. A Hitler servono urgentemente unità da inviare in Italia, mentre i Russi passano all’offensiva nel saliente di Orel con l’Operazione Kutuzov. I Tedeschi riescono a condurre una ritirata ordinata, ma il Gruppo Armate Centro tra il 5 luglio e il 18 agosto ha perso l’equivalente di 14 divisioni. A sud l’operazione Rumantsyev porta i Russi a riprendere Belgorod e Kharkov. Durante la battaglia di Kursk in cielo la Luftwaffe fu in grado di giocare un ruolo molto importante, ottenendo e mantenendo una discreta superiorità aerea locale ed effettuando oltre duemila sortite al giorno solo il 5 luglio nell’area meridionale. I Russi avevano sbagliato a valutare la concentrazione maggiore di aerei tedeschi e si erano preparati per sostenere lo sforzo principale a nord, mentre i Tedeschi avevano potenziato lo schieramento in supporto dell’attacco di Manstein a sud. Per di più, a sud i Russi tentarono un attacco a sorpresa sugli aeroporti tedeschi proprio all’alba del 5 luglio, ma i velivoli russi furono individuati da un radar e la caccia tedesca riuscì a decollare in tempo: 500 aerei si scontrarono e i Tedeschi ebbero la meglio, conquistando la superiorità aerea che sfruttarono per diversi giorni. Ma gli aerei russi continuarono comunque ad imperversare per tutta la durata della battaglia.
Le Conseguenze:
Dopo Kursk la Germania avrebbe perso per sempre l’iniziativa sul fronte orientale, l’Armata Rossa avrebbe continuato la propria avanzata arrivando fino a Berlino, subendo anche sconfitte, perché l’esercito tedesco avrebbe combattuto ancora magistrali battaglie difensive e effettuato contrattacchi limitati, cedendo il terreno lentamente, ma senza più la capacità di cambiare il corso del conflitto. Persino nei cieli la superiorità russa sarebbe stata sempre più marcata, con la Luftwaffe ridotta ad un numero limitato di velivoli e con le macchine russe in costante miglioramento qualitativo. A Kursk i Tedeschi lasciano centinaia e centinaia di carri armati, pezzi d’artiglieria, veicoli e decine di migliaia di soldati tra morti, feriti e prigionieri. Le divisioni corazzate che Guderian aveva ricostituito pazientemente e con dedizione dopo il disastro di Stalingrado sono nuovamente a pezzi. Le divisioni di fanteria sono sempre più a corto di soldati. La stessa Luftwaffe perde centinaia di aerei e piloti. Uomini e mezzi non potranno essere rimpiazzati. L’Armata Rossa subisce perdite ancora più pesanti in tutti i settori, compresi 34.000 prigionieri, ma come aveva previsto Zhukov… può permetterselo. Tra aiuti dagli Alleati, produzione interna in crescita costante e immense riserve di personale, la sua forza continua ad aumentare.