Mese: Dicembre 2021
PACE LAVORO SCIENZA SONO I PRINCIPI COSTITUTIVI PER IL PRESENTE E PER IL FUTURO
“Si è svolto questa mattina, in video conferenza con il Mise, l’incontro per la Speedline alla presenza del CEO della Ronal Group, multinazionale svizzera.
Il motivo che ha portato il CDA a decidere la chiusura dello stabilimento di Tabina a Santa Maria di Sala in Provincia di Venezia, e delocalizzare la produzione, sembra essere dovuto all’andamento negativo del mercato, in particolare nella fase della pandemia, e all’eccesso dell’offerta di ruote anche collegato alla concorrenza cinese. Nel 2021 Speedline ha perso 23 milioni di euro. Ronal Group produce 15 milioni di ruote in tutto il Mondo e 800mila ruote nello stabilimento di Speedline.
La chiusura dello stabilimento, nel quale sono impiegati oltre 620 lavoratrici e lavoratrici diretti, oltre a circa 200 dell’indotto sarebbe un disastro per le prospettive industriali e occupazionali del territorio e un duro colpo alla filiera del “Made in Italy” in particolare quella dell’extra lusso che peraltro è tutt’altro che in crisi.
E’ necessario quindi richiamare alle proprie responsabilità le aziende a cui forniscono i cerchioni per le auto, a partire da Lamborghini, Ferrari e Maserati, che stanno predisponendo, tra l’altro, nuovi modelli per il futuro.
La Fiom e la Cgil hanno chiesto di dare avvio all’apertura del confronto ma senza pregiudiziali con l’obiettivo del mantenimento delle produzioni e della tutela occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, richieste sostenute da parte di tutte le Istituzioni nazionali e territoriali presenti al tavolo. L’azienda ha annunciato la sospensione della decisione per il periodo del confronto, tempo che deve servire a trovare la soluzione per mantenere la produzione e l’occupazione. Ora è necessario che tutti i soggetti, a partire dal Mise alla Regione Veneto, mettano a disposizione del tavolo tutti gli strumenti utili a garantire l’occupazione e il rilancio dell’azienda.
Questa vicenda è l’ennesimo segnale che nel settore sono in atto cambiamenti, tecnologici e organizzativi che mettono a rischio 50 mila posti di lavoro. E’ per tali ragioni che chiediamo un tavolo sul settore con il Governo e le imprese per predisporre gli strumenti utili a prevenire il proliferare di nuove crisi industriali. E’ necessario un piano straordinario per il settore automotive e per tutta la filiera, perchè è a rischio un intero settore strategico per l’industria del nostro Paese.
Domenica 19 dicembre saremo alla manifestazione indetta dalle segreterie di Fiom e Fim di Venezia alle ore 11 a Villa Farsetti di Santa Maria di Sala, con il corteo che partirà alle ore 10 dallo stabilimento di Speedline”.
Lo dichiarano in una nota congiunta Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil e Silvia Spera, Area Politiche Industriali per la Cgil nazionale, Manuela Musolla Segretaria della Fiom-Cgil di Venezia e Ugo Agiollo, segretario generale della Cgil di Venezia.
Roma, 17 dicembre 2021
Comunicato congiunto Fim Cisl e Fiom Cgil
Santa Maria di Sala 20 dicembre 2021
Oggi grandissima e partecipatissima manifestazione per la Speedline di Tabina. Più di 1500 persone. Oltre a tutte le lavoratrici e i lavoratori di Speedline, hanno aderito anche i cittadini del territorio salese, le istituzioni e le rappresentanze politiche venete. Un sentito grazie alla Regione Veneto e alla città metropolitana di Venezia per il contributo a questa iniziativa e un ringraziamento al patriarca di Venezia e ai vescovi presenti.
È stata l’occasione per dimostrare la compattezza delle segreterie nazionali e di tutto il sindacato nel seguire da vicino questa vicenda. Abbiamo accolto con positività il messaggio del ministro Federcio D’Incà che sta seguendo da vicino questa vertenza.
Per le segreterie di Fim e Fiom Venezia e per la RSU, quella di oggi rappresenta un grande e importante messaggio alla Ronal e con questa iniziativa trasversale dimostriamo al gruppo che la comunità, non solo sindacale, è stretta intorno a questa fabbrica e insieme sosterremo questa vertenza.
Adesso è importante accelerare e iniziare un percorso di confronto con l’impresa, saltando i consulenti che rischiano di chiudere il numero di possibilità anziché aumentarle.
Chiediamo, come fatto oggi, a tutte le istituzioni e alla politica di accompagnare questo processo di convincimento della multinazionale. Tutti insieme dobbiamo fare in modo che le scelte di chiudere dichiarate da Ronal siano davvero sospese e si inizi a lavorare ad un rilancio per la Speedline.
Come organizzazioni sindacali, metteremo in campo altre iniziative nelle prossime settimane e nel prossimo mese, per evitare che possa diminuire l’attenzione su questa vertenza.
Sappiamo che al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero del Lavoro, c’è molta attenzione su Speedline e sul tema delle delocalizzazioni.
Va costruita una proposta per riuscire a ridare dignità e futuro a questa impresa.
Grazie a tutti quelli che hanno partecipato e sostenuto l’iniziativa di oggi.
SEGRETERIE FIM-CISL E FIOM-CGIL VENEZIA
dove ci può portare il “patriottismo” di Georgia Meloni e del centro-destra
Il pericoloso “patriottismo” di Giorgia Meloni
Torna all’attacco della Costituzione del 1948, la numero uno di FdI per riscriverla a suo uso e consumo, come non aveva osato neppure la Lega. Nella sua proposta: la derubricazione dei poteri, già compromessi, del parlamento, la relega in soffitta di ogni partecipazione popolare, e l’elezione a suffragio universale e diretto del presidente della repubblica
Costituzione Democrazia Politica
L’enfasi e la retorica da un lato e la accurata rimozione dall’altro sembrano alle volte la cifra di tanta parte della politica italiana. A proposto di rimozione è semplicemente stupefacente il grande silenzio sulle dichiarazioni di Giorgia Meloni a proposito del parlamento, della repubblica presidenziale con l’elezione del capo dello Stato a suffragio universale e diretto, dell’Assemblea costituente. Intendiamoci: Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno immediatamente ed entusiasticamente aderito alle proposte della leader di Fratelli d’Italia; ma, per il resto, silenzio.
Di che cosa stiamo parlando? Ha detto Giorgia Meloni recentemente a Roma: “Vogliamo lavorare per la madre di tutte le riforme: uscire dal pantano della repubblica parlamentare ed entrare nella repubblica presidenziale”. Ha aggiunto su La Stampa: “dovremo ragionare intorno all’istituzione di una Assemblea costituente da eleggere contestualmente alle prossime elezioni politiche”. Infine, a proposito dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, ha affermato: “Vogliamo un patriota!”.
Andiamo per ordine (di importanza). Si propone l’Assemblea costituente. Per definizione tale Assemblea ha un potere assoluto, appunto, costituente, cioè che instaura un nuovo ordinamento costituzionale che sostituisce quello precedente. Storicamente si tratta di un passaggio traumatico fra un vecchio e un nuovo ordine. In parole povere l’Assemblea riscrive la Costituzione. Siamo perciò davanti a una proposta che, dopo più di settant’anni di attacchi alla Costituzione del 1948, vedrebbe finalmente realizzati i sogni di tutti coloro che hanno operato per demolire – non riuscendoci – il più grande risultato della Resistenza e della lotta di Liberazione nazionale.
Per Giorgia Meloni la repubblica parlamentare è un pantano. I poteri del parlamento italiano, già svuotati da una compagine di deputati e senatori sempre meno corrispondente alle scelte dei cittadini, perché prevalentemente nominati anziché scelti dai cittadini attraverso leggi elettorali che, in base a un presunto principio di governabilità, hanno progressivamente demolito il principio della rappresentanza, umiliati da un uso dei decreti legge abnorme e profondamente irrispettoso dell’art. 77 della Costituzione, stravolti dalla recente riforma che ha dimezzato il numero dei parlamentari, questi poteri – dunque – verrebbero definitivamente e formalmente ridotti al lumicino dall’elezione a suffragio universale diretto del Presidente della Repubblica, che presiede il Consiglio dei Ministri.
Si compirebbe così la parabola avviata nel 2019 dalla richiesta di Matteo Salvini dell’uomo forte al potere, rilanciata qualche settimana fa da Giorgetti (“Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì”: Pietro Metastasio), che auspicava un presidenzialismo di fatto; una richiesta, nello scenario della grande crisi che stiamo attraversando, sostanzialmente sostenuta da un immaginario pubblico costruito in gran parte dai media che vede in qualche modo l’attuale Presidente del Consiglio (indipendentemente da un equilibrato giudizio sui lati positivi e negativi di tale presidenza) come salvatore della Patria.
Con l’entusiastico e autorevole consenso del costituzionalista Sabino Cassese, che parla esplicitamente di “democrazia decidente” si chiude così il cerchio di una proposta che sconvolgerebbe l’assetto repubblicano relegando definitivamente nella soffitta dell’archeologia politica concetti e strumenti della partecipazione popolare, svuotando di poteri l’opposizione, riducendo il concetto stesso di democrazia alla sola ginnastica quinquennale del voto alle elezioni politiche. Più che democrazia decidente, sembra una democrazia decadente. Detto in due parole: verrebbe definitivamente messa sotto tutela la democrazia italiana, oggi ferita dal drastico calo di rappresentanza dei cittadini da parte dei partiti in quanto tali (lo stesso Cassese qualche settimana fa ricordava che oggi gli iscritti ai partiti non sono più di 700mila, mentre negli anni del secondo dopoguerra, quando la popolazione italiana contava 46 milioni di persone, erano oltre 4 milioni), dal crollo di credibilità del sistema (docet l’astensionismo alle ultime elezioni amministrative), dalla concorrenza delle cosiddette democrazie illiberali (vedi fra le tante l’Ungheria e la Polonia).
D’altra parte il modello presidenzialista non è del tutto assente nell’attuale struttura istituzionale del Paese; sindaci e presidenti di Regione sono eletti a suffragio universale e diretto con conseguenze drastiche sul piano della vita democratica: svuotamento di poteri dell’opposizione, scomparsa della partecipazione popolare, personalizzazione della politica (conta sempre meno il partito, cioè una comunità coesa attorno a un determinato bagaglio ideale e a uno specifico programma; conta sempre più la persona da eleggere a partire dalle sue caratteristiche caratteriali, dalla sua capacità oratoria e “spettacolare”, e, specialmente, dalla sua privata rete di relazioni). Si prenda ad esempio di tutto ciò la sconcertante gestione della pandemia nel 2020 nella Lombardia di Attilio Fontana, il ruolo “eccentrico” del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, le traversie della Regione Calabria, l’immedesimazione della Regione Veneto nella figura di Luigi Zaia. Per di più nel caso specifico delle Regioni c’è da aggiungere la spinta centrifuga che tale meccanismo ha introdotto rispetto al tema dell’unità nazionale e al disposto dell’art. 5 Cost. (Repubblica una e indivisibile) capovolgendo il principio di autonomia da solidale a concorrenziale. Per dirla in breve, oggi Comuni e Regioni vedono una concentrazione di potere sulla singola persona senza alcun significativo contrappeso e con un sovrappiù di autonomismo localistico, personalistico, competitivo e alle volte rissoso che ha aggravato le già pesanti differenze territoriali storicamente presenti nel nostro Paese, a cominciare dalla questione meridionale.
Dall’altro lato, silenzio. Un silenzio tanto più inquietante quanto più la proposta avanzata da Giorgia Meloni non è un maquillage costituzionale ma un’idea di revisione radicale, se non di riscrittura, che va letta nell’ambito di quell’orizzonte sovranista che sta mettendo in discussione i fondamenti dell’assetto istituzionale non solo dell’Italia, ma anche dell’Unione Europea. È il disegno dell’internazionale sovranista che compone una sorta di nazionalismo 2.0 con l’idea di Europa-fortezza, cioè una dimensione nazionale e continentale che vede nell’altro il nemico, il pericolo, l’inquinatore della purezza del popolo.
Si legge così la perentoria affermazione “Vogliamo un patriota!”. Che vuol dire “patriota” nel vocabolario della Meloni? Questa parola, infatti, accomuna l’intero schieramento politico e sociale ma ha un significato diverso, se non opposto, a seconda di chi la pronuncia. Nelle forze democratiche il patriottismo indica amore per la propria nazione non disgiunto dal rispetto per gli altri popoli e dalla volontà di pace. Il patriottismo per le forze di destra radicale indica supremazia della propria nazione, rivalità verso gli altri Paesi, inclusione della scelta della guerra per comporre tale rivalità, in altre parole: nazionalismo. E il nazionalismo – per chi dovesse soffrire di vuoti di memoria – è la ragione essenziale che ha portato a entrambi i conflitti mondiali. Per fare un esempio, è stato patriottismo quello dei partigiani che hanno liberato l’Italia dall’occupazione e dalla dittatura e hanno reso possibile una pace in cui il nostro Paese, pur pagando un prezzo, non è stato smembrato né ha subito un bombardamento atomico; è stato nazionalismo quello dei fascisti che, dopo aver aggredito Spagna, Libia, Etiopia, Albania, Francia, Grecia, Jugoslavia, Unione Sovietica, hanno portato alla catastrofe l’Italia. Sia chiaro che questa non è propaganda ma semplice, fredda e rigorosa registrazione del fatto storico.
Tutto così si combina; Assemblea costituente, antiparlamentarismo, presidenzialismo, apologia dell’uomo solo al comando, nazionalismo, sono i punti cardinali di una proposta politica inaccettabile e pericolosa che va denunciata senza se e senza ma, prima che titubanze o inopportuni eccessi di prudenza ci portino in un vicolo cieco. A buon intenditor, poche parole.
PUBBLICATO MERCOLEDÌ 15 DICEMBRE 2021
12 dicembre 1969 Strage Piazza Fontana
Giornata della memoria Miranese 7 e 10 DICEMBRE 2021
IN PREPARAZIONE AGLI INCONTRI CON GLI STUDENTI DEI LICEI E DELLE SCUOLE MEDIE INFERIORI (terze medie) SI PROPONGONO QUESTE DUE STORIE
sofia gobbo staffetta partigiana
LA STORIA DELLA RESISTENZA MIRANESE DI LUCIANA GRANZOTTO
https://anpi.it/media/uploads/patria/2012/32-36_GRANZOTTO.pdf