23 aprile: Le nove di sera. Si riunisce a il CLN genovese, per decidere se dare il via all’insurrezione o aspettare. Il Comando germanico aveva fatto sapere al vescovo Siri – e questi a Pittaluga (Taviani), che ne riferì subito in apertura di seduta – d’esser disposto a rinunciare alla minacciata distruzione del porto, se il Cln si fosse impegnato a rispettare quattro giorni di tregua ,permettendo all’esercito tedesco una ritirata indisturbata. Ci fu una calorosa discussione sul l’accogliere o meno il messaggio della Curia. Infine, a notte fonda, con quattro voti contro due il CLN liberò l’ordine di insurrezione.
24 aprile: Alle quattro del mattino i primi colpi di fucile. Subito dopo, le raffiche di mitraglia.
Alle cinque, sempre più frequenti, i colpi di cannone e di mortaio. Durissima la battaglia al centro di Piazza De Ferrari. Gli abitati di Sestri Ponente, Cornigliano,Pontedecimo, Bolzaneto, Rivarolo, Quarto, Quinto erano caduti fin dal mattino in mano agli insorti. Mancava, tuttavia, la continuità territoriale fra le loro posizioni e il centro cittadino. Sulla camionale per Milano le colonne nemiche, bloccate nelle gallerie, tentano sortite: non possono più a lungo restare prive d’acqua.
La sera del 24 si chiude in una cupa atmosfera. La situazione era ancora più tragica e confusa per la minaccia che, dal Comando di Savignone, inviava il generale Meinhold: aprire il fuoco su Genova con le batterie pesanti di Monte Moro e con quelle leggere del porto, qualora non si lasciassero evacuare in ordine le truppe tedesche. Gli americani avevano appena raggiunto La Spezia, distanti dunque più di cento chilometri.
Fin dalla sera il Comitato ero conscio del rischio che accadesse a Genova quel che era successo a Varsavia. Adesso però – a differenza della sera prima – non c’era più il problema di fidarsi o meno della parola del nemico; adesso il Comitato poteva trattare in termini di forza: aveva nelle sue mani un numero cospicuo di prigionieri tedeschi perciò decide d’inviare una lettera-ultimatum al generale Meinhold.
25 aprile: Alba: riprende la battaglia, praticamente in tutta la città. Ore nove: le Sap di Sestri espugnano il Castello Raggio. Ore nove e trenta: si arrendono i presidi di Voltri e di Prà.
Ore nove e quarantacinque: si arrendono le batterie di Arenzano.
Fra le otto e le dieci e trenta: le Sap conquistano Piazza Acquaverde (ma non la stazione Principe), le caserme di Sturla, l’ospedale di Rivarolo e alcuni punti di resistenza in Val Polcevera. Intanto il professor Stefano (Carmine Romanzi) dopo un avventuroso viaggio in ambulanza da Genova a Savignone ,consegna due lettere al gen. Meinhold (una del Cardinale Boetto e la proposta di resa del CLN). Il generale decide di trattare la resa, poiché viene a conoscenza anche del fatto che tutte le strade per la ritirata sulla linea Kesselring del Po, sono saldamente in mano ai partigiani (Divisione Pinan Cichero, comandata da Scrivia) e come garanzia consegna a Romanzi la sua pistola.
Ore quindici : il gen. Meinhold e i suoi accompagnatori arrivano con l’ambulanza in città dopo cinque ore di viaggio, scortati da due partigiani in motocicletta,e si recano a Villa Migone, residenza del Cardinale, dove si trovano già il console tedesco Von Hertzdorf e Giovanni Savoretti. Ore diciassette iniziano le trattative di resa. Rappresentano il Cln Scappini e Martino. Rappresenta il Corpo dei Volontari per la Libertà il maggior Mauro Aloni del Comando Piazza di Genova .
Ore diciassette e trenta: un grosso contingente dei reparti acquartierati nel porto si arrende ai partigiani.
Ore diciannove da Savona Carlo Russo telefona che anche là sono insorti.
Ore diciannove e trenta: a Villa Migone il gen. Meinhold firma l’atto di resa. Scappini testimonierà poi che il generale firmò quasi improvvisamente, dopo molte incertezze, e che tutti loro, osservandolo in quelle ore di trattative, ebbero l’impressione che stesse compiendo lo sforzo più impegnativo della sua vita. Prima che la resa sia firmata si è fatta la conta dei militari tedeschi prigionieri degli insorti della città:1360. Numerosi altri sono stati e saranno catturati dai partigiani che stanno calando dalla montagna.
26 aprile Mezzanotte e mezza: il colonnello Davidson, comandante in capo delle missioni alleate, giunge alla sede genovese del CLN a San Nicola. Vista la situazione, riesce a contattare telefonicamente gli Americani della 92a Buffalo, arrivati a Rapallo, per annunciar loro che proseguano pure perchè la via è libera.
Ore quattro e trenta: il generale Meinhold trasmette l’ordine di resa ai reparti. Deve usare toni duri e minacciosi con i presidi che ancora resistono. Ufficiali tedeschi lo cercheranno senza esito in diversi punti della città per eseguire la condanna a morte emessa nei suoi confronti.
Ore nove: Pittaluga ( Taviani) raggiunge la stazione radio di Granarolo e dà l’annuncio da Radio Genova della capitolazione tedesca, legge l’atto di resa e aggiunge: “Popolo genovese esulta. L’insurrezione, la tua insurrezione, è vinta. Per la prima volta nel corso di questa guerra, un corpo d’esercito aguerrito e ancora bene armato si è arreso dinanzi a un popolo. Genova è libera. Viva il popolo genovese, viva l’Italia”.
Mezzogiorno: giungono notizie inquietanti. Due reggimenti germanici in ritirata da La Spezia hanno raggiunto Rapallo. Che cosa accadrà a Genova se riescono a stabilire i collegamenti con gli assediati di Monte Moro e del porto?
Ore tredici: i partigiani della Cichero e della Pinan Cichero si attestano nei punti nevralgici della città…Intanto altre forze partigiane della montagna tengono saldamente in mano i passi della Bocchetta, dei Giovi, della Scoffera e di Uscio: da qui scendono a bloccare la via Aurelia tra Rapallo e Nervi, così la colonna tedesca…si dissolve.
Ore diciannove: una interminabile schiera di prigionieri tedeschi sfila per il centro cittadino inquadrata dai partigiani in armi.
Tarda serata: le avanguardie angloamericane arrivano a Nervi, dieci giorni prima del tempo previsto dai piani.
27 aprile Ore tredici il generale Almond, comandante in capo della V° armata americana rende per primo visita al Cln, nell’Hotel Bristol. Almond ringraziò i patrioti per l’aiuto profuso, e manifestò la sua ammirazione per il modo in cui erano state condotte le cose e governata la città. I genovesi ritornano nelle vie della città liberata .
Anche se in queste cronache le vicende militari dei giorni della liberazione di Genova possono apparire piuttosto intrecciate a causa del tentativo fatto di verificarle contemporaneamente in tutti i Settori di città e di montagna, dobbiamo prendere atto che il quadro generale che ne risulta corrisponde alla definizione di “insurrezione modello” coniata da Roberto Battaglia per indicare gli avvenimenti genovesi dei giorni 23,24 e 25 aprile 1945. Lo abbiamo visto nell’applicazione dei piani operativi, tutti eseguitinelle direttrici previste, salvo alcuni tempi di attuazione peraltro non prevedibili.
Ne abbiamo avuto conferma nel vero e proprio salto di qualità compiuto sul piano militare, in breve tempo, dagli effettivi e dai quadri delle formazioni di montagna chiamate a marciare contro i presidi e a fermare le colonne di ripiegamento.
Le formazioni cittadine ci hanno rivelato, infine, la notevole capacità di trasformarsi rapidamente in reparti organizzati ed efficienti impiegando i numerosi volontari “insurrezionali”, altra grande novità nel quadro militare di quelle giornate.
L’unità politica emilitare appare comunque come premessa e base di questo successo, sostenendo il CLN Liguria nella responsabile decisione di dare tempestivamente il segnale dell’insurrezione e di seguire la spinta popolare senza attendere l’arrivo delle unità di montagna.
In tal modo si rende possibile, con alcune modifiche essenziali al piano A, respingere il ricatto del comando germanico e impedire le distruzioni, fermando, nello stesso tempo, la maggior parte delle truppe nemiche prima che lascini la città.
Unità, tempestività e una buona preparazione hanno reso possibile questa operazione di importante livello strategico, nella quale si è saputo imprimere alla grande sollevazione popolare le giuste spinte per liberare Genova in una situazione militare ancora tecnicamente favorevole al nemico……Con gli ultimi combattimenti dei partigiani e delle forze insurrezionali per liberare Spezia, Genova, Savona e Imperia finiscono le cronache militari della resistenza nella regione Liguria: 20 000 partigiani combattenti, 2 776 partigiani mutilati e invalidi, 2 500 caduti. (da http://www.istitutoresistenza-ge.it)