Domenica 7 aprile alle ore 9 a Castello Tesino, inizierà la cerimonia per l’inaugurazione del cippo alla memoria di Clorinda Menguzzato “Veglia”, trucidata dai nazisti l’11 ottobre del 1944 sulla strada per Pieve Tesino. Interverranno Alberto Parcher, Presidente della Giunta Provinciale, Marcello Basso della Presidenza Anpi Nazionale e Sandro Schmid, Presidente Anpi del Trentino. Qui trovate il volantino della manifestazione.
Le foto della manifestazione: http://imgur.com/a/4vp95
Un ricordo di “Veglia” nelle parole di Sandro Schmid:
“ Una cosa sola non passa mai: la voce della nostra coscienza la quale ci dice che abbiamo fatto il nostro dovere e questa voce che non conosce tramonto è la nostra vera gloria.”
Don Francesco Sordo Corvo – cappellano del Gherlenda
Clorinda Menguzzato è una giovane e bella ragazza di Castello Tesino che lavora come tante altre la campagna e il bestiame di famiglia. All’Albergo Italia conosce il proprietario Riccardo Fattore Lina e un altro sottoufficiale degli alpini Leda, entrambi punti di riferimento del CLN. Con l’arrivo dalle vette feltrine del gruppo partigiano Giorgio Gherlenda, Clorinda passa con la Resistenza. Partecipa a numerose azioni fino al clamoroso assalto alla Caserma del CST di Castello Tesino (14 settembre 1944) dove catturano l’intera guarnigione (60 militi) con il loro comandante tedesco. L’impresa sarà trasmessa da Radio Londra.
I partigiani s’impadroniscono delle armi e liberano tutti gli ostaggi. La reazione nazista è immediata. Alcune centinaia di tedeschi e militi del CST rastrellano la montagna verso la base del Gherlenda alla diga di Costabrunella. Come scudo umano si fanno precedere da Pronto e Mosca due partigiani catturati e poi crivellati di colpi.
Lo scontro, favorito da una nebbia fittissima, comporta la morte sul campo del mitico comandante Fumo Isidoro Giacomin. Il battaglione Gherlenda riesce comunque a sfuggire alla morsa. I tedeschi si ritirano. I partigiani recuperano il corpo del loro comandante e in cima a Costabrunella, con il parroco di Pieve Tesino Lino Tamanini celebrano la Messa e danno l’ultimo saluto. Testimoniata dalle foto, con fucile in spalla è presente anche Veglia, non a caso chiamata dai tedeschi la leonessa dei partigiani e la sua giovane compagna “Ora” Ancilla Marighetto con il fratello Celestino Renata, e fra gli altri il nostro Corrado Pontalti Prua .
L’8 ottobre una colonna militare corazzata tedesca circonda e mette in stato d’assedio Castello Tesino. Il parroco don Cristofolini con tutti i paesani fa voto alla Madonna per risparmiare la Comunità dalla rappresaglia. Un gruppetto di partigiani si nasconde verso Celado. Solo Veglia non lascia al suo destino il suo amato Nazzari ancora indebolito dalle ferite. Una scelta fatale a entrambi. S’incamminano sul sentiero che porta verso Zuna, dove Veglia voleva trovare rifugio in una malga. Sull’imbrunire sono sorpresi da due militi del CST di Castello che li avrebbero anche lasciati scappare se non fossero sopraggiunti altri due militi fanatici che, dopo alcune prime sevizie, li consegnano ai tedeschi insediati nel maso più vicino di proprietà della famiglia Buffa, a due chilometri da Castello Tesino verso Grigno. La notte cala presto il suo mantello nero. Nazzari è scaraventato a terra con il calcio del mitra e subito picchiato senza misericordia per farlo parlare. Di lui i tedeschi non sanno il nome e non immaginano che è il nuovo capo di stato maggiore del Gherlenda.
Si svuota sul tavolo lo zaino di Veglia. La ragazza tenta con un gesto disperato di recuperare la pistola lasciata sul fondo. Non ci riesce. La schiaffeggiano con violenza. La legano mani e piedi a una sedia. La riconoscono subito anche i tedeschi per averla vista spesso all’Albergo Italia. Nazzari durante la notte, a forza di percosse viene ridotto ad un grumo di sangue. All’alba i due partigiani sono portati alla sede delle SS a Castello Tesino e non si vedranno più . Un attimo prima Veglia riesce a sussurare alla sua compagna di scuola Ida che abitava in quella casa: “Mi uccideranno. Sarò la morte della mia mamma. Non me ne importa di me.Mi spiace solo per lui che è innocente”. Poi fu interrotta bruscamente .
Ad occuparsi direttamente di Veglia è il comandante Hegenbart. Le torture di ogni genere durano per tre giorni. Il comandante tedesco fa azzannare persino dal suo cane lupo.
A nulla vale il tentativo di don Narciso Sordo di aiutarla e sostenerla spiritualmente. A sua volta don Sordo è arrestato, poi liberato e ancora arrestato un mese dopo, questa volta con destinazione Mauthausen dove morirà tragicamente.
Veglia non parla, dalla sua bocca non esce nemmeno un nome. Ai suoi carnefici dice sprezzante: “È inutile, quando non ne potrò più dal dolore, mi mozzerò la lingua con i denti”.
La sera dell’11 è portata fuori dal paese. Su un tornante della strada, vicino a una scarpata, a non molti metri da Villa Daziaro, Veglia è freddata con un colpo di arma da fuoco a bruciapelo. Lo sparo rimbomba nella notte e si sente chiaramente in Villa Daziaro . Gli ultimi militi che lasciano il luogo sono gli stessi due che l’avevano arrestata. Non contenti la spogliano, la violano per l’ultima volta, la calpestano e la buttano nella scarpata dove rimane intrappolata da alcuni rami degli alberi. Il giorno dopo nessuno osa passare da quelle parti .
Sarà la pietà cristiana di don Narciso Sordo e del parroco Silvio Cristofolini, a recuperarla e rivestirla con il vestito tradizionale del Tesino. La troverà così, sul bordo della strada, il medico condotto di Castello Tommasini autorizzato a riconoscerla. Il corpo sarà poi tumulato nella fossa comune fuori il cimitero.
Quattro giorni dopo Veglia avrebbe festeggiato i suoi 20 anni.