Dire che ci fischiano le orecchie è poco. I Monti boys tornano alla carica con una proposta di legge contro i giornali online e i blog. Per ridurli al silenzio o strangolarli economicamente in caso di “diffamazione”.
Alla Camera torna alla carica la cosiddetta “legge ammazza-blog”. La norma, che ha come obiettivo quello di rivedere le sanzioni per diffamazione, è contenuta in una proposta di legge depositata da Scelta civica, il partito dell’ex premier Mario Monti. Il testo, porta come prima firma quella di Stefano Dambruoso. L’on. Dambruoso, è in magistratura dal 1990. E’ stato sostituto procuratore ad Agrigento, applicato alla procura distrettuale di Palermo, ha indagato su associazioni mafiose e reati contro la Pubblica Amministrazione ed è stato Pubblico Ministero in vari maxiprocessi a Palermo. Alla Procura della Repubblica del tribunale di Milano, si è occupato di terrorismo, cominciando a collaborare anche con altre autorità giudiziarie europee. Componente della Direzione distrettuale antimafia di Milano, dopo l’11 settembre 2001 con la Law Enforcement americana ha perfezionato nuovi strumenti investigativi, finalizzati a prevenire e combattere il crimine organizzato e il terrorismo.
La proposta di legge è stata depositata il 6 giugno scorso ed è stata assegnata alla Commissione Giustizia dove già è stato avviato l’iter sulla riforma della diffamazione a mezzo stampa. Una proposta di legge simile, promotore l’attuale ministro D’Alia, era stata avanzata anche nel 2011 durante il governo Berlusconi.
La proposta di legge è stata sottoscritta da altri 13 deputati centristi tra cui Andrea Romano Mario Marazziti, ed estende l’obbligo di rettifica, su richiesta di chi si ritiene offeso, anche alle testate telematiche (quindi è il nostro caso). Il comma, che contiene la norma, reca modifiche all’articolo 8 della legge del ’48 e recita cosi’: “per i siti informatici, ivi compresi i blog, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, in testa alla pagina, prima del corpo dell’articolo, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono”. Per chi non rispetterà l’obbligo di pubblicazione della rettifica scatterà una multa da un minimo di “euro 8.000” a un massimo di “euro 16.000”.
L’obbligo di rettifica viene esteso anche alla stampa non periodica, includendo quindi anche i saggi e i libri: la pubblicazione dovrà avvenire entro sette giorni dalla richiesta su due quotidiani a tiratura nazionale e nelle successive edizioni e ristampe con chiaro riferimento allo scritto ‘incriminato’. La proposta di legge Dambruoso, anche per le testate tradizionali, prevede che la rettifica venga pubblicata “senza commento”. Il testo cancella la pena del carcere in caso di diffamazione a mezzo stampa per un fatto determinato prevedendo solo la multa da “euro 5.000 a euro 50.000”.
L’on Dambruoso nega che lo scopo della sua proposta sia quello di “ammazzare” i blog. “La valorizzazione del momento della rettifica coglie da un lato l’esigenza di salvaguardare le persone che hanno un interesse alla correzione di dati inesatti, quando non addirittura diffamatori, e dall’altro introduce un correttivo che avrà ricadute significative nella determinazione del danno, il quale, dopo la pubblicazione della rettifica non potrà che risultare ridotto e in alcuni casi persino esaustiva”, spiega il deputato di Scelta Civica. “E’ dunque errato – aggiunge – denominare la proposta che introduce per blog e libri l’obbligo della rettifica come uno strumento ‘ammazza blog'”. E’ curioso però che il sistema sanzionatorio indugi piuttosto sul dato economico che su quello penale. Apparentemente sembra una cosa positiva, nella realtà sancisce la strada adottata in questi anni dai poteri forti e dalle “personalità” nel tentativo di zittire chi parla di loro in modo non lusinghiero. Molto spesso i processi per diffamazione a mezzo stampa non trovano soddisfazione in sede penale ma la trovano in sede di tribunale civile con provvedimenti sanzionatori economici che la maggior parte dei giornalisti e delle piccole testate non sono in grado di sopportare. (http://www.contropiano.org)