L’intervista di Radio Popolare a Lorenza Carlassare:
Come andrebbe risolta la questione dell’immunità di cui tanto si parla in queste ore?
Se non fosse tragico sarebbe ridicolo. Ieri ho sentito che la ministra Boschi diceva di voler trovare una mediazione. La mediazione si ha tra persone che vogliono cose diverse. Sull’immunità nessuno la voleva. Tra chi mediano? Nessuna l’aveva messa, nessuno l’aveva pensata, che allora la eliminino, che mediazione è?
Ho sentito anche qualcuno dei miei colleghi parlare del ’700, delle origini celebri dell’immunità parlamentare, ma si sono dimenticati di ricordare da chi allora ci si voleva difendere. Già nel medioevo inglese le rivendicazioni delle libertà parlamentari nascevano dall’esigenza concreta, quotidiana, politica, di garantirsi dalle interferenze del re nell’attività parlamentare e più tardi viene addirittura codificata la regola del Bill of right nel 1689 che la libertà di parola, discussione e di azione in parlamento non può essere contestata in sede giudiziaria. Per difendersi. In Francia, quindi un secolo dopo, alla fine del ’700, mentre il re era pronto a usare la forza contro i rappresentanti del terzo stato riuniti in assemblea generale, Bailly disse “la nazione riunita in assemblea non riceve ordini da nessuno”. E si approvò una dichiarazione che sanciva l’inviolabilità della persona, di ciascun deputato, che discende dai principi che “nessun centro di potere può ergersi al di sopra del corpo rappresentativo della nazione” (Robespierre). Qui è tutto ridicolo: il re non c’è, i giudici non sono i giudici del re, del governo, da chi si devono difendere? Loro non sono i rappresentanti della nazione perchè non sono nemmeno eletti (questi del nuovo senato).
Nella Costituzione italiana l’immunità era stata prevista secondo quale ragionamento?
Quando siamo passati dalla monarchia alla repubblica è rimasta nella costituzione l’immunità, sempre per ragioni più fragili però sempre opportune. Una cosa rimane importante. La riforma del 1993 ha tolto il secondo comma dell’articolo 68, che prevedeva due cose: l’insindacabilità e questa va benissimo, questa deve rimanere per chiunque: i membri del parlamento non possono essere perseguiti – oggi è scritto chiamati a rispondere, un cambiamento semantico importante – per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Questa è l’insindacabilità, questa è corretto che ci sia.
La seconda cosa era l’immunità, che chiedeva l’autorizzazione della camera per sottoporre a procedimento penale, che è stata tolta. E’ arrivata l’autorizzazione a procedere per gli arresti, le perquisizioni, le intercettazioni e i sequestri di corrispondenza. Questa no, non deve rimanere per sindaci e presidenti di regione spesso indagati.
Io vorrei però sottolineare una cosa importante: la prassi che è stata usata. Dopo la riforma del 1993 rimane l’insindacabilità per le opinioni espresse nell’esercizio della funzione. Invece le camere cosa hanno fatto per difendersi fortemente, al massimo, hanno allargato il concetto di “opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni” fino a comprendere in pratica tutte le attività, ogni espressione di pensiero di ogni parlamentare.
La garanzia del secondo comma viene spostata nel primo, per estendere le garanzie e la difesa.
Allora che resti solo l’insindacabilità – senza parificare deputati e senatori perchè i deputati sono eletti dal popolo, mentre questi sono (in qualche modo nominati) dalle segreterie dei partiti. Vengono sì eletti, ma si elegge quello che il partito offre.
Io sono molto contraria a questa riforma perchè la vedo globalmente come il desiderio di togliere la popolo qualsiasi possibilità di interferire, la legge elettorale che mette la soglia di sbarramento all’8% per i partiti non coalizzati vuol dire togliere le minoranze. C’è il desiderio di andare avanti senza impacci.
Bisogna stare attenti quando si riducono gli spazi di democrazia e le garanzie, le minoranze espulse, un senato non elettivo…. questo senato non elettivo: o ne fanno un espressione che sia solo relativo alle questioni regionali, e allora più che un senato diventa un organo di consulenza. Ma qui si sta giocando male perchè ci sono delle funzioni importantissime che gli sono attribuite: ha la funzione legislativa più elevata possibile perchè nel progetto questo Senato che non è un Senato, è uno “sgorbio”, concorre insieme all’altra camera alla riforma della costituzione. Quindi una legge di riforma costituzionale, che è la più importante, è di competenza anche di quest’organo. Allora il discorso cambia. Io accetto il discorso di un senato delle autonomie ma non di un senato nominato così, che partecipi alla formazione della corte costituzionale su cui è tanti anni che vogliono mettere le mani.
Il suo giudizio è che questo “sgorbio” sia frutto di insipenza o di mediazioni eccessive, sbagliate…?
Non credo sia insipienza, il mio giudizio è che questo sgorbio sia frutto di un disegno che va avanti da tantissimi anni di cambiare la costituzione. E quando loro parlano di cambiare la costituzione non pensano ad alcune modifiche, pensano di toccarne il cuore, quella che è la sua forma e cioè la democrazia costituzionale. Democrazia costituzionale non vuol dire totalitaria o maggioritaria dove chi vince ha tutto, ma vuol dire limiti e regole al potere. Il costituzionalismo nasce per questo, per porre limiti e regole al potere. Il potere non le vuole e quindi reagisce in modi più o meno educati a seconda del momento storico e dei personaggi. Io sono veramente ostile. Se questo senato fosse un organo di consulenza e basta a me andrebbe anche bene, ma allora non devono dargli il potere di revisione costituzionale. Questo è inammissibile, veramente inammissibile. Devo dire la verità che mi sono un pò scoraggiata in quest’ultimo periodo, vedo che tutti saltano sul carro dei vincitori, anche alcuni miei insospettabili colleghi.
Devo aggiungere una cosa: tra le mediazioni possibili inserire la corte costituzionale nelle questioni politiche è un modo per ammazzare la corte, delegittimarla, sottoporla a critiche per il suo operato e ingombrarne inutilmente il lavoro. La funzione della corte andrebbe allargata nelle verifiche dopo le elezioni, per dire era ineleggibile. Facciamo l’esempio di Berlusconi. Quando è stato eletto non era eleggibile, c’era una legge che lo vietava perchè era titolare di una concessione pubblica. Il parlamento ha detto che andava bene lo stesso, perchè tanto non era lui che gestiva ma gestiva Confalonieri. Le varie forze politiche non sono una garanzia, negli altri paesi queste questioni dell’ineleggibilità sono gestite dalla corte costituzionale, sia in Francia che in Germania.
Questo darei alla corte.