Ecco la lettera inviata oggi (13/5/13) da Alessandra Kersevan a Il Fatto sulle ripetute vergognose affermazioni di Travaglio:
Scrivo a proposito della replica di Marco Travaglio alla famiglia Moranino.
Travaglio dice che Moranino non fu condannato da un tribunale fascista ma «dalla magistratura della Repubblica italiana per sette efferatissimi delitti avvenuti nel novembre del 1944 e non coperti neppure dall’amplissima amnistia varata dal compagno Togliatti nel 1946, perché con la lotta partigiana non c’entravano nulla».
Riguardo alla prima parte di questa affermazione, se bastasse che una sentenza sia fatta dalla magistratura della Repubblica italiana per essere “giusta”, la gran parte degli articoli su cui il giornalista MarcoTravaglio si è fatto in questi anni la sua carriera professionale sarebbe inutile e da rigettare, dal momento che lui esiste in quanto giornalista proprio perché la magistratura della Repubblica purtroppo in questi decenni ha sbagliato un mucchio di sentenze, anche nei confronti del suo principale obiettivo giornalistico Berlusconi. Per non parlare poi di tutte le stragi non punite, e di tutti gli scandali di questo dopoguerra, in cui sono stati coinvolti proprio dei magistrati in casi di corruzione. Travaglio dovrebbe sapere inoltre che nei primi anni della Repubblica la magistratura continuò ad essere costituita da magistrati che si erano formati nel fascismo, addirittura un presidente della Corte Costituzionale degli anni cinquanta, Gaetano Azzariti, era stato durante il fascismo presidente del Tribunale della Razza.
Per quanto riguarda la seconda parte della sua affermazione, dovrebbe leggersi un po’ di libri sull’argomento e scoprirebbe che l’amnistia Togliatti che era stata pensata come atto di clemenza nei confronti dei fascisti meno responsabili, venne applicata in maniera molto “larga”, da una parte della magistratura, per assolvere, invece, i maggiori responsabili: famoso è il caso del criminale di guerra Junio Valerio Borghese che riuscì con la complicità del presidente della corte d’assise che lo giudicava, il giudice Caccavale, ad essere praticamente scarcerato dopo un paio d’anni di galera, storia raccontata non da uno storico comunista, ma da Giorgio Bocca. Contemporaneamente, gli stessi magistrati, iniziarono una vera e propria persecuzione nei confronti dei partigiani. Era successo qualcosa in Italia e nel mondo nel frattempo, che possiamo riassumere nel termine “guerra fredda”, che in Italia significò “guerra ai comunisti”. Moranino, comandante partigiano amato e rispettato dalla gente della sua terra che lo elesse con tantissime preferenze al parlamento, fu vittima di questa guerra, condotta in tutti i modi dalla democrazia cristiana e dai serivizi segreti. Posto che Moranino non avrebbe neppure dovuto essere inquisito, tuttavia l’amnistia Togliatti per Moranino non fu applicata perché si aggiunse alle imputazioni l’accusa di furto, che come reato comune non rientrava nell’amnistia. Ma era un’accusa completamente inventata. Se Travaglio leggesse gli atti processuali, o anche solo il libro di Recchioni che li analizza, capirebbe.
Alessandra Kersevan
Udine, 13 maggio 2013
http://anpimirano.it/2013/travaglio-e-criminali-della-guerra-partigiana/