Il 6 ottobre del 1962 furono ritrovati in un terreno vicino a San Giovanni Persiceto (Emilia-Romagna) i resti di numerosi scheletri, senza indumenti e oggetti che potessero far risalire all’individuazione dell’origine dei cadaveri. All’epoca l’istituto di medicina legale di Bologna evidenziò che le cause e il periodo preciso della morte non erano identificabili. Il giudice incaricato delle indagini concluse che gli scheletri appartenevano a vittime di rappresaglie, fasciste o della Resistenza, della Seconda guerra mondiale, anche se la loro identità non venne mai a galla. Un’altra ipotesi sosteneva che erano vittime della peste del 1630. Visto il clima di quegli anni l’ipotesi che aveva preso maggiormente piede era quella di essere di fronte alle vittime di un agguato da parte di un gruppo di partigiani a persone legate al fascismo. Nel maggio del 1963, nella chiesa della Collegiata, ci furono i funerali in forma solenne con le cassettine zincate portate al cimitero e fu eretta una lapide sul luogo del ritrovamento. Lo scorso anno, Carlo d’Adamo e William Pedrini dell’Anpi di Persiceto, convinti che gli scheletri fossero di un epoca piu’ remota, chiesero e ottennero il permesso per la riesumazione degli scheletri per cercare di datare con il carbonio 14 (materiale poco amato anche in altre occasioni dai numerosi pseudo-storici nostrani) l’età dei resti. Le ossa sono state riesumate il 23 aprile scorso e pochi giorni fa sono giunti i risultati delle analisi effettuate nel laboratorio Cedad di Lecce che datano le ossa ad un periodo che va dalla fine dell’800 all’inizio del 1100 dopo Cristo.