PACE LAVORO SCIENZA SONO I PRINCIPI COSTITUTIVI PER IL PRESENTE E PER IL FUTURO

“Si è svolto questa mattina, in video conferenza con il Mise, l’incontro per la Speedline alla presenza del CEO della Ronal Group, multinazionale svizzera.
Il motivo che ha portato il CDA a decidere la chiusura dello stabilimento di Tabina a Santa Maria di Sala in Provincia di Venezia, e delocalizzare la produzione, sembra essere dovuto all’andamento negativo del mercato, in particolare nella fase della pandemia, e all’eccesso dell’offerta di ruote anche collegato alla concorrenza cinese. Nel 2021 Speedline ha perso 23 milioni di euro. Ronal Group produce 15 milioni di ruote in tutto il Mondo e 800mila ruote nello stabilimento di Speedline.

La chiusura dello stabilimento, nel quale sono impiegati oltre 620 lavoratrici e lavoratrici diretti, oltre a circa 200 dell’indotto sarebbe un disastro per le prospettive industriali e occupazionali del territorio e un duro colpo alla filiera del “Made in Italy” in particolare quella dell’extra lusso che peraltro è tutt’altro che in crisi.

E’ necessario quindi richiamare alle proprie responsabilità le aziende a cui forniscono i cerchioni per le auto, a partire da Lamborghini, Ferrari e Maserati, che stanno predisponendo, tra l’altro, nuovi modelli per il futuro.

La Fiom e la Cgil hanno chiesto di dare avvio all’apertura del confronto ma senza pregiudiziali con l’obiettivo del mantenimento delle produzioni e della tutela occupazionale delle lavoratrici e dei lavoratori, richieste sostenute da parte di tutte le Istituzioni nazionali e territoriali presenti al tavolo. L’azienda ha annunciato la sospensione della decisione per il periodo del confronto, tempo che deve servire a trovare la soluzione per mantenere la produzione e l’occupazione. Ora è necessario che tutti i soggetti, a partire dal Mise alla Regione Veneto, mettano a disposizione del tavolo tutti gli strumenti utili a garantire l’occupazione e il rilancio dell’azienda.

Questa vicenda è l’ennesimo segnale che nel settore sono in atto cambiamenti, tecnologici e organizzativi che mettono a rischio 50 mila posti di lavoro. E’ per tali ragioni che chiediamo un tavolo sul settore con il Governo e le imprese per predisporre gli strumenti utili a prevenire il proliferare di nuove crisi industriali. E’ necessario un piano straordinario per il settore automotive e per tutta la filiera, perchè è a rischio un intero settore strategico per l’industria del nostro Paese.

Domenica 19 dicembre saremo alla manifestazione indetta dalle segreterie di Fiom e Fim di Venezia alle ore 11 a Villa Farsetti di Santa Maria di Sala, con il corteo che partirà alle ore 10 dallo stabilimento di Speedline”.

Lo dichiarano in una nota congiunta Simone Marinelli, coordinatore nazionale automotive per la Fiom-Cgil e Silvia Spera, Area Politiche Industriali per la Cgil nazionale, Manuela Musolla Segretaria della Fiom-Cgil di Venezia e Ugo Agiollo, segretario generale della Cgil di Venezia.

Roma, 17 dicembre 2021

Comunicato congiunto Fim Cisl e Fiom Cgil

Santa Maria di Sala 20 dicembre 2021

Oggi grandissima e partecipatissima manifestazione per la Speedline di Tabina. Più di 1500 persone. Oltre a tutte le lavoratrici e i lavoratori di Speedline, hanno aderito anche i cittadini del territorio salese, le istituzioni e le rappresentanze politiche venete. Un sentito grazie alla Regione Veneto e alla città metropolitana di Venezia per il contributo a questa iniziativa e un ringraziamento al patriarca di Venezia e ai vescovi presenti.
È stata l’occasione per dimostrare la compattezza delle segreterie nazionali e di tutto il sindacato nel seguire da vicino questa vicenda. Abbiamo accolto con positività il messaggio del ministro Federcio D’Incà che sta seguendo da vicino questa vertenza.
Per le segreterie di Fim e Fiom Venezia e per la RSU, quella di oggi rappresenta un grande e importante messaggio alla Ronal e con questa iniziativa trasversale dimostriamo al gruppo che la comunità, non solo sindacale, è stretta intorno a questa fabbrica e insieme sosterremo questa vertenza.
Adesso è importante accelerare e iniziare un percorso di confronto con l’impresa, saltando i consulenti che rischiano di chiudere il numero di possibilità anziché aumentarle. 
Chiediamo, come fatto oggi, a tutte le istituzioni e alla politica di accompagnare questo processo di convincimento della multinazionale. Tutti insieme dobbiamo fare in modo che le scelte di chiudere dichiarate da Ronal siano davvero sospese e si inizi a lavorare ad un rilancio per la Speedline.
Come organizzazioni sindacali, metteremo in campo altre iniziative nelle prossime settimane e nel prossimo mese, per evitare che possa diminuire l’attenzione su questa vertenza.
Sappiamo che al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero del Lavoro, c’è molta attenzione su Speedline e sul tema delle delocalizzazioni. 
Va costruita una proposta per riuscire a ridare dignità e futuro a questa impresa.
Grazie a tutti quelli che hanno partecipato e sostenuto l’iniziativa di oggi.
SEGRETERIE FIM-CISL E FIOM-CGIL VENEZIA

dove ci può portare il “patriottismo” di Georgia Meloni e del centro-destra

Il pericoloso “patriottismo” di Giorgia Meloni

Gianfranco Pagliarulo

Torna all’attacco della Costituzione del 1948, la numero uno di FdI per riscriverla a suo uso e consumo, come non aveva osato neppure la Lega. Nella sua proposta: la derubricazione dei poteri, già compromessi, del parlamento, la relega in soffitta di ogni partecipazione popolare, e l’elezione a suffragio universale e diretto del presidente della repubblica

Costituzione Democrazia Politica

Gianfranco Pagliarulo, presidente nazionale Anpi

L’enfasi e la retorica da un lato e la accurata rimozione dall’altro sembrano alle volte la cifra di tanta parte della politica italiana. A proposto di rimozione è semplicemente stupefacente il grande silenzio sulle dichiarazioni di Giorgia Meloni a proposito del parlamento, della repubblica presidenziale con l’elezione del capo dello Stato a suffragio universale e diretto, dell’Assemblea costituente. Intendiamoci: Matteo Salvini e Silvio Berlusconi hanno immediatamente ed entusiasticamente aderito alle proposte della leader di Fratelli d’Italia; ma, per il resto, silenzio.

Di che cosa stiamo parlando? Ha detto Giorgia Meloni recentemente a Roma: “Vogliamo lavorare per la madre di tutte le riforme: uscire dal pantano della repubblica parlamentare ed entrare nella repubblica presidenziale”. Ha aggiunto su La Stampa: “dovremo ragionare intorno all’istituzione di una Assemblea costituente da eleggere contestualmente alle prossime elezioni politiche”. Infine, a proposito dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, ha affermato: “Vogliamo un patriota!”.

Andiamo per ordine (di importanza). Si propone l’Assemblea costituente. Per definizione tale Assemblea ha un potere assoluto, appunto, costituente, cioè che instaura un nuovo ordinamento costituzionale che sostituisce quello precedente. Storicamente si tratta di un passaggio traumatico fra un vecchio e un nuovo ordine. In parole povere l’Assemblea riscrive la Costituzione. Siamo perciò davanti a una proposta che, dopo più di settant’anni di attacchi alla Costituzione del 1948, vedrebbe finalmente realizzati i sogni di tutti coloro che hanno operato per demolire – non riuscendoci – il più grande risultato della Resistenza e della lotta di Liberazione nazionale.

Per Giorgia Meloni la repubblica parlamentare è un pantano. I poteri del parlamento italiano, già svuotati da una compagine di deputati e senatori sempre meno corrispondente alle scelte dei cittadini, perché prevalentemente nominati anziché scelti dai cittadini  attraverso leggi elettorali che, in base a un presunto principio di governabilità, hanno progressivamente demolito il principio della rappresentanza, umiliati da un uso dei decreti legge abnorme e profondamente irrispettoso dell’art. 77 della Costituzione, stravolti dalla recente riforma che ha dimezzato il numero dei parlamentari, questi poteri – dunque – verrebbero definitivamente e formalmente ridotti al lumicino dall’elezione a suffragio universale diretto del Presidente della Repubblica, che presiede il Consiglio dei Ministri.

Si compirebbe così la parabola avviata nel 2019 dalla richiesta di Matteo Salvini dell’uomo forte al potere, rilanciata qualche settimana fa da Giorgetti (“Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattien lo strale, quando dall’arco uscì”: Pietro Metastasio), che auspicava un presidenzialismo di fatto; una richiesta, nello scenario della grande crisi che stiamo attraversando, sostanzialmente sostenuta da un immaginario pubblico costruito in gran parte dai media che vede in qualche modo l’attuale Presidente del Consiglio (indipendentemente da un equilibrato giudizio sui lati positivi e negativi di tale presidenza) come salvatore della Patria.

Con l’entusiastico e autorevole consenso del costituzionalista Sabino Cassese, che parla esplicitamente di “democrazia decidente” si chiude così il cerchio di una proposta che sconvolgerebbe l’assetto repubblicano relegando definitivamente nella soffitta dell’archeologia politica concetti e strumenti della partecipazione popolare, svuotando di poteri l’opposizione, riducendo il concetto stesso di democrazia alla sola ginnastica quinquennale del voto alle elezioni politiche. Più che democrazia decidente, sembra una democrazia decadente. Detto in due parole: verrebbe definitivamente messa sotto tutela la democrazia italiana, oggi ferita dal drastico calo di rappresentanza dei cittadini da parte dei partiti in quanto tali (lo stesso Cassese qualche settimana fa ricordava che oggi gli iscritti ai partiti non sono più di 700mila, mentre negli anni del secondo dopoguerra, quando la popolazione italiana contava 46 milioni di persone, erano oltre 4 milioni), dal crollo di credibilità del sistema (docet l’astensionismo alle ultime elezioni amministrative), dalla concorrenza delle cosiddette democrazie illiberali (vedi fra le tante l’Ungheria e la Polonia).

D’altra parte il modello presidenzialista non è del tutto assente nell’attuale struttura istituzionale del Paese; sindaci e presidenti di Regione sono eletti a suffragio universale e diretto con conseguenze drastiche sul piano della vita democratica: svuotamento di poteri dell’opposizione, scomparsa della partecipazione popolare, personalizzazione della politica (conta sempre meno il partito, cioè una comunità coesa attorno a un determinato bagaglio ideale e a uno specifico programma; conta sempre più la persona da eleggere a partire dalle sue caratteristiche caratteriali, dalla sua capacità oratoria e “spettacolare”, e, specialmente, dalla sua privata rete di relazioni). Si prenda ad esempio di tutto ciò la sconcertante gestione della pandemia nel 2020 nella Lombardia di Attilio Fontana, il ruolo “eccentrico” del Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, le traversie della Regione Calabria, l’immedesimazione della Regione Veneto nella figura di Luigi Zaia. Per di più nel caso specifico delle Regioni c’è da aggiungere la spinta centrifuga che tale meccanismo ha introdotto rispetto al tema dell’unità nazionale e al disposto dell’art. 5 Cost. (Repubblica una e indivisibile) capovolgendo il principio di autonomia da solidale a concorrenziale. Per dirla in breve, oggi Comuni e Regioni vedono una concentrazione di potere sulla singola persona senza alcun significativo contrappeso e con un sovrappiù di autonomismo localistico, personalistico, competitivo e alle volte rissoso che ha aggravato le già pesanti differenze territoriali storicamente presenti nel nostro Paese, a cominciare dalla questione meridionale.

Dall’altro lato, silenzio. Un silenzio tanto più inquietante quanto più la proposta avanzata da Giorgia Meloni non è un maquillage costituzionale ma un’idea di revisione radicale, se non di riscrittura, che va letta nell’ambito di quell’orizzonte sovranista che sta mettendo in discussione i fondamenti dell’assetto istituzionale non solo dell’Italia, ma anche dell’Unione Europea. È il disegno dell’internazionale sovranista che compone una sorta di nazionalismo 2.0 con l’idea di Europa-fortezza, cioè una dimensione nazionale e continentale che vede nell’altro il nemico, il pericolo, l’inquinatore della purezza del popolo.

Si legge così la perentoria affermazione “Vogliamo un patriota!”. Che vuol dire “patriota” nel vocabolario della Meloni? Questa parola, infatti, accomuna l’intero schieramento politico e sociale ma ha un significato diverso, se non opposto, a seconda di chi la pronuncia. Nelle forze democratiche il patriottismo indica amore per la propria nazione non disgiunto dal rispetto per gli altri popoli e dalla volontà di pace. Il patriottismo per le forze di destra radicale indica supremazia della propria nazione, rivalità verso gli altri Paesi, inclusione della scelta della guerra per comporre tale rivalità, in altre parole: nazionalismo. E il nazionalismo – per chi dovesse soffrire di vuoti di memoria – è la ragione essenziale che ha portato a entrambi i conflitti mondiali. Per fare un esempio, è stato patriottismo quello dei partigiani che hanno liberato l’Italia dall’occupazione e dalla dittatura e hanno reso possibile una pace in cui il nostro Paese, pur pagando un prezzo, non è stato smembrato né ha subito un bombardamento atomico; è stato nazionalismo quello dei fascisti che, dopo aver aggredito Spagna, Libia, Etiopia, Albania, Francia, Grecia, Jugoslavia, Unione Sovietica, hanno portato alla catastrofe l’Italia. Sia chiaro che questa non è propaganda ma semplice, fredda e rigorosa registrazione del fatto storico.

Tutto così si combina; Assemblea costituente, antiparlamentarismo, presidenzialismo, apologia dell’uomo solo al comando, nazionalismo, sono i punti cardinali di una proposta politica inaccettabile e pericolosa che va denunciata senza se e senza ma, prima che titubanze o inopportuni eccessi di prudenza ci portino in un vicolo cieco. A buon intenditor, poche parole.

PUBBLICATO MERCOLEDÌ 15 DICEMBRE 2021

Giornata della memoria Miranese 7 e 10 DICEMBRE 2021

IN PREPARAZIONE AGLI INCONTRI CON GLI STUDENTI DEI LICEI E DELLE SCUOLE MEDIE INFERIORI (terze medie) SI PROPONGONO QUESTE DUE STORIE

sofia gobbo staffetta partigiana

Foto realizzata da Anita Marcolan

LA SHOAH A MIRANO: PAOLO ERRERA E NELLA GRASSINI
http://www.progetti.iisleviponti.it/errera-2/

LA STORIA DELLA RESISTENZA MIRANESE DI LUCIANA GRANZOTTO

https://anpi.it/media/uploads/patria/2012/32-36_GRANZOTTO.pdf

Congresso Anpi 2021

Commemorazione ORESTE LICORI fucilato dai nazifascisti il 1 Novembre 1944.

Oreste Licori

SABATO 6 NOVEMBRE ORE 11.30 PRESSO IL CIPPO di Via Cimitero

Brigata partigiana Martiri di Mirano

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La Brigata Partigiana Martiri di Mirano fu una brigata partigiana che operò nei mesi precedenti al 27 aprile 1945 (giorno della Liberazione) nel territorio del Miranese, in provincia di Venezia. La città di Mirano per onorarli ha dedicato loro, nel 1945, la sua piazza principale e nel 1975 un monumento di Augusto Murer.

Indice

Origini[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la relazione del CLN miranese, datata 6 luglio 1945, il primo nucleo di una ventina di partigiani si formò nell’ottobre del 1943, a Zianigo, sotto il comando di Michele Cosmai e Oreste Licori. Alla fine del maggio del 1944, erano attivi altri due gruppi di altrettanta consistenza: uno nella zona tra Luneo e Salzano comandato da Bruno Tomat-Demonte e un altro nella zona di Scaltenigo al comando prima di Guido Gambato e successivamente da Erminio Nicoletti. All’inizio le bande partigiane operarono senza una direttiva, successivamente, ad opera di Michele Cosmai, del figlio Armando, di Tomat-Demonte e di Gioachino Gasparini (in seguito sindaco di Mirano) – che curò i rapporti il Comando Superiore di Padova le attività – furono concordate e coordinate. Una delle prime azioni fu la partecipazione del rifornimento aereo delle Forze Alleate delle armi necessarie. Nel giugno del 1944 erano sorti altri nuclei nel miranese: il tenente Mario Zamengo e Bruno Eugenio Ballan organizzarono i nuclei di PianigaSanta Maria di Sala e Noale; il colonnello Orazio Rutoli, Onofrio Confi e il sacerdote Antonio Pegoraro organizzarono i nuclei di Campocroce e di Caltana. A luglio alcuni partigiani già individuati e ricercati passarono in clandestinità e operarono come squadre agli ordini sia del CLN di Mirano che della Brigata Garibaldi “Francesco Sabatucci” di Padova. Nell’ottobre del 1944, i nuclei diventarono Compagnia di 50-60 persone, suddivisi in squadre. Le compagnie erano:

  • “Volga”, guidata da Oreste Licori, zone operative Veternigo e Salzano;
  • Felisati” , guidata da Mario Zamengo, zone operative Sant’Angelo di SMS, Briana, Zeminiana, Massanzago, Mazzacavallo;
  • “Bis”, guidata da Bruno Eugenio Ballan, stessa zona della “Felisati”.
  • “Lubian” , guidata da Giancarlo Fabris

Alcune squadre passarono alle dipendenze della Brigata del Popolo “Guido Negri”. Dopo la battaglia di Zeminiana e Briana dell’11 ottobre 1944 la compagnia “Bis” passò operativamente alle dipendenze del VI Battaglione “Sparviero” della Brigata Garibaldi “Sabatucci” e la “Felisati” si coordinò con la Compagnia “Luneo”. Nel novembre del 1944 le formazioni diedero vita alla Brigata “Mirano” che dal febbraio 1945, dopo l’efferata esecuzione in piazza di Mirano di altri sette partigiani, si chiamò Brigata “Martiri di Mirano”.

I martiri per la libertà di Mirano[modifica | modifica wikitesto]

  • Oreste Licori, anni 23, fucilato presso il cimitero di Mirano il 1º novembre 1944;
  • Mosè Bovo, anni 22, fucilato a Maerne il 10 dicembre 1944;
  • Seviziati e trucidati sulla piazza di Mirano la notte tra il 10 e 11 dicembre 1944:
    • Cesare Chinellato, anni 22;
    • Giovanni Garbin, anni 21;
    • Bruno Garbin, anni 18;
    • Cesare Spolaor, anni 22;
    • Severino Spolaor, anni 21;
    • Giulio Vescovo, anni 22;
  • Fucilati presso le mura del cimitero di Mirano il 17 gennaio 1945:
    • Michele Cosmai, anni 53;
    • Aldo Vescovo, anni 27
    • Luigi Bassi, anni 23;
    • Ivone Boschin, anni 21;
    • Dario Camilot, anni 23;
    • Primo Garbin, anni 22
    • Gianmatteo Zamatteo, anni 20

Altri martiri miranesi[modifica | modifica wikitesto]

  • Brunello Rutoli, anni 21 (* San Remo 29 novembre 1923) caduto combattendo a Codevigo il , 10 dicembre 1944 [1] ;
  • Vito Giacalone, anni 27, caduto combattendo a Maerne di Martellago, marzo 1945
  • Severino Faggian, anni 20, fucilato il 12 gennaio 1945
  • Caduti combattendo in Piazza di Mirano, il 27 aprile 1945, giorno della Liberazione:
    • Luigi Tomaello, anni 28
    • Mario Marcato, anni 14
    • Maria Nassuato. 53 anni, civile uccisa nel combattimento
  • Morti, deportati in Germania nei campi di sterminio in quanto Ebrei, dal febbraio 1944:
    • Nella Grassini Errera
    • Paolo Errera (Sindaco di Mirano dal 1895 al 1920)

Alcune azioni dei componenti della Brigata[modifica | modifica wikitesto]

Le attività di guerriglia furono condizionate dalla natura del territorio del miranese che è un territorio di pianura, ricco di strade e di abitanti che ebbe l’azione di disperdere le forze partigiane in quanto non c’erano rifugi naturali. Le azioni si alternarono tra periodi di violenta lotta armata e relativa calma o alla temporanea dispersione. Ad ogni azione partigiana ci fu una reazione delle brigate nere e delle SS, con arresti e rappresaglie. Tra le azioni più significative si possono ricordare:

  • maggio 1944 – Armando Cosmai guidò l’assalto di una villa di una contessa presidiata dalla GNF con recupero di armi e documenti;
  • giugno 1944 – Ballan, Oreste Licori e Cosmai guidarono l’assalto alla caserma dei paracadutisti e alla Casa del Fascio di Dolo con recupero di armamenti;
  • luglio 1944 – azioni di sabotaggio alle linee ferroviarie che transitano nel territorio (la Mestre – Padova, la Mestre – Castelfranco) con il ferimento e l’arresto di Rutoli e di Luigi Argeo Masaro (futuro Vicesindaco di Mirano tra il 1970 e 1980). La reazione fascista si scatenò sulla frazione di Campocroce di Mirano incendiando la casa della famiglia Masaro.
  • tra il 7 e 8 luglio 1944 il nucleo di Zianigo partecipò alla liberazione di Bruno Eugenio Ballan imprigionato a Camposampiero (PD).
  • ottobre 1944- le compagnie Felisati e Bis, che si erano accampate nella campagna tra Zeminiana e Briana, il 11 ottobre furono accerchiate. La battaglia durò sette ore e lasciò sul terreno 4 partigiani (Cosimo Aiello, 21 anni; Amleto Bordoni, 17 anni; Silvio De Cesaro, 44 anni; Antonio Zucca, 24 anni) e alcune decine di militi fascisti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Antonio Noventa – Sognando la libertà – Padova 2015 -gennaio 2016 – Prixartprinting Quarto d’Atino pp 175 e seguenti

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Comune di Mirano – 25 aprile 1945-1985 – Per una storia della resistenza nel miranese – a cura di Giorgio Vecchiato e Marino Favaretto – Dolo – aprile 1985
  • Giulia Albanese, Marco Borghi – Memoria resistente – Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea – Nuova dimensione – Portogruaro – 2005
 Portale Italia Portale Storia
mostraV · D · MAntifascismo in Italia (1919-1943)

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giornata della Memoria di Mirano

Nella Giornata della Memoria  dei Martiri di Mirano si ricorda il Partigiano Oreste Licori fucilato il 1 Novembre del 1944:
La Giornata della memoria è stata istituita dal Consiglio Comunale nel 2003 e celebrata l’11 dicembre di ogni anno perché la più violenta rappresaglia che ha coinvolto il paese si era svolta in piazza Martiri l’11 dicembre 1944. Questa giornata è dedicata comunque a tutte le vittime del nazifascismo che caddero a Mirano nell’inverno 1944/45, a partire da Oreste Licori che fu fucilato l’1 novembre 1944 fino alla fucilazione il 17 gennaio 1945 di Luigi Bassi, Ivone Boschin, Dario Camilot, Michele Cosmai, Primo Garbin, Aldo Vescovo, Gianmatteo Zamatteo , alla morte in combattimento di Brunello Rutoli a Codevigo il 9 diembre 1944 e  il 27 aprile 1945 di Luigi Tomaello e Mario Marcato e alla deportazione in Germania, da cui non fecero più ritorno, nel febbraio 1944 di Nella Grassini Errera e Paolo Errera. vedi Link
https://it.wikipedia.org/wiki/Brigata_partigiana_Martiri_di_Mirano
Pertanto il giorno Sabato 6 Novembre 2021 alle ore 11.30 verrà depositato nel cippo di Oreste Licori nella via del Cimitero una corona di fiori accompagnata dal Suo Ricordo con  rappresentanti dell’Anpi Mirano e dell’Amministrazione Comunale di Mirano.
ANPI Sezione Martiri di Mirano

24 Ottobre 1945-2021 76° Anniversario della Nascita delle Nazioni Unite

Le armi nucleari sono illegali: il Trattato Onu entra in vigore

Già dal 2017 in Italia è stata promossa la mobilitazione “Italia, ripensaci” che punta a far cambiare idea a Governo e politica italiani finora rimasti al fuori, per scelta, da questo percorso di disarmo nucleare. La Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica ritengono «che l’Italia dovrebbe liberarsi dalle pressioni ed indicazioni provenienti dalla Nato e dagli Stati Uniti, che mirano a tenerla sotto il loro ombrello nucleare. Va ricordato infatti che nel nostro Paese sono presenti circa 50 testate nucleari statunitensi (nelle basi di Ghedi ed Aviano)».

https://unric.org/it/agenda-2030/

Allo “ sviluppo sostenibile” in 17 punti si aggiunga il + 1, quello della

ELIMINAZIONE DELLE ARMI NUCLEARI CIOE’ IL 18°punto.

“Tutti sanno che il partito della Meloni è nostalgico del fascismo”

6 Ottobre 2021

La partigiana Teresa Vergalli alla puntata di ieri del programma “di Martedì” su La7. Il video dell’intervista

La partigiana Teresa Vergalli alla puntata di ieri di “di Martedì”: “C’è bisogno di riconoscere quello che ancora di fascismo c’è nella nostra vita. Quando si sente qualcuno incitare all’odio, quando si discrimina, c’è fascismo”. Secondo lei Giorgia Meloni ha fatto i conti con la storia?: “La Meloni sa dire le cose, ma tutti sanno che il suo partito è nostalgico del fascismo”.

GUARDA IL VIDEO DELL’INTERVISTA: https://www.la7.it/dimartedi/video/lintervista-alla-partigiana-teresa-vergalli-molta-gente-inneggia-al-fascismo-senza-sapere-cosa-e-05-10-2021-401041?fbclid=IwAR3NMl4dZdTJwsiB7wLtPor0SGACgGMfhnVPe2aOlAwaHmFH-TlEZQZB2Lc