Autore: Bruno
Giornata della memoria Miranese 7 e 10 DICEMBRE 2021
IN PREPARAZIONE AGLI INCONTRI CON GLI STUDENTI DEI LICEI E DELLE SCUOLE MEDIE INFERIORI (terze medie) SI PROPONGONO QUESTE DUE STORIE
sofia gobbo staffetta partigiana
LA STORIA DELLA RESISTENZA MIRANESE DI LUCIANA GRANZOTTO
https://anpi.it/media/uploads/patria/2012/32-36_GRANZOTTO.pdf
Congresso Anpi 2021
Commemorazione ORESTE LICORI fucilato dai nazifascisti il 1 Novembre 1944.
SABATO 6 NOVEMBRE ORE 11.30 PRESSO IL CIPPO di Via Cimitero
Brigata partigiana Martiri di Mirano
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.Jump to navigationJump to search
La Brigata Partigiana Martiri di Mirano fu una brigata partigiana che operò nei mesi precedenti al 27 aprile 1945 (giorno della Liberazione) nel territorio del Miranese, in provincia di Venezia. La città di Mirano per onorarli ha dedicato loro, nel 1945, la sua piazza principale e nel 1975 un monumento di Augusto Murer.
Indice
- 1Origini
- 2I martiri per la libertà di Mirano
- 3Alcune azioni dei componenti della Brigata
- 4Note
- 5Bibliografia
Origini[modifica | modifica wikitesto]
Secondo la relazione del CLN miranese, datata 6 luglio 1945, il primo nucleo di una ventina di partigiani si formò nell’ottobre del 1943, a Zianigo, sotto il comando di Michele Cosmai e Oreste Licori. Alla fine del maggio del 1944, erano attivi altri due gruppi di altrettanta consistenza: uno nella zona tra Luneo e Salzano comandato da Bruno Tomat-Demonte e un altro nella zona di Scaltenigo al comando prima di Guido Gambato e successivamente da Erminio Nicoletti. All’inizio le bande partigiane operarono senza una direttiva, successivamente, ad opera di Michele Cosmai, del figlio Armando, di Tomat-Demonte e di Gioachino Gasparini (in seguito sindaco di Mirano) – che curò i rapporti il Comando Superiore di Padova le attività – furono concordate e coordinate. Una delle prime azioni fu la partecipazione del rifornimento aereo delle Forze Alleate delle armi necessarie. Nel giugno del 1944 erano sorti altri nuclei nel miranese: il tenente Mario Zamengo e Bruno Eugenio Ballan organizzarono i nuclei di Pianiga, Santa Maria di Sala e Noale; il colonnello Orazio Rutoli, Onofrio Confi e il sacerdote Antonio Pegoraro organizzarono i nuclei di Campocroce e di Caltana. A luglio alcuni partigiani già individuati e ricercati passarono in clandestinità e operarono come squadre agli ordini sia del CLN di Mirano che della Brigata Garibaldi “Francesco Sabatucci” di Padova. Nell’ottobre del 1944, i nuclei diventarono Compagnia di 50-60 persone, suddivisi in squadre. Le compagnie erano:
- “Volga”, guidata da Oreste Licori, zone operative Veternigo e Salzano;
- “Felisati” , guidata da Mario Zamengo, zone operative Sant’Angelo di SMS, Briana, Zeminiana, Massanzago, Mazzacavallo;
- “Bis”, guidata da Bruno Eugenio Ballan, stessa zona della “Felisati”.
- “Lubian” , guidata da Giancarlo Fabris
Alcune squadre passarono alle dipendenze della Brigata del Popolo “Guido Negri”. Dopo la battaglia di Zeminiana e Briana dell’11 ottobre 1944 la compagnia “Bis” passò operativamente alle dipendenze del VI Battaglione “Sparviero” della Brigata Garibaldi “Sabatucci” e la “Felisati” si coordinò con la Compagnia “Luneo”. Nel novembre del 1944 le formazioni diedero vita alla Brigata “Mirano” che dal febbraio 1945, dopo l’efferata esecuzione in piazza di Mirano di altri sette partigiani, si chiamò Brigata “Martiri di Mirano”.
I martiri per la libertà di Mirano[modifica | modifica wikitesto]
- Oreste Licori, anni 23, fucilato presso il cimitero di Mirano il 1º novembre 1944;
- Mosè Bovo, anni 22, fucilato a Maerne il 10 dicembre 1944;
- Seviziati e trucidati sulla piazza di Mirano la notte tra il 10 e 11 dicembre 1944:
- Cesare Chinellato, anni 22;
- Giovanni Garbin, anni 21;
- Bruno Garbin, anni 18;
- Cesare Spolaor, anni 22;
- Severino Spolaor, anni 21;
- Giulio Vescovo, anni 22;
- Fucilati presso le mura del cimitero di Mirano il 17 gennaio 1945:
- Michele Cosmai, anni 53;
- Aldo Vescovo, anni 27
- Luigi Bassi, anni 23;
- Ivone Boschin, anni 21;
- Dario Camilot, anni 23;
- Primo Garbin, anni 22
- Gianmatteo Zamatteo, anni 20
Altri martiri miranesi[modifica | modifica wikitesto]
- Brunello Rutoli, anni 21 (* San Remo 29 novembre 1923) caduto combattendo a Codevigo il , 10 dicembre 1944 [1] ;
- Vito Giacalone, anni 27, caduto combattendo a Maerne di Martellago, marzo 1945
- Severino Faggian, anni 20, fucilato il 12 gennaio 1945
- Caduti combattendo in Piazza di Mirano, il 27 aprile 1945, giorno della Liberazione:
- Luigi Tomaello, anni 28
- Mario Marcato, anni 14
- Maria Nassuato. 53 anni, civile uccisa nel combattimento
- Morti, deportati in Germania nei campi di sterminio in quanto Ebrei, dal febbraio 1944:
- Nella Grassini Errera
- Paolo Errera (Sindaco di Mirano dal 1895 al 1920)
Alcune azioni dei componenti della Brigata[modifica | modifica wikitesto]
Le attività di guerriglia furono condizionate dalla natura del territorio del miranese che è un territorio di pianura, ricco di strade e di abitanti che ebbe l’azione di disperdere le forze partigiane in quanto non c’erano rifugi naturali. Le azioni si alternarono tra periodi di violenta lotta armata e relativa calma o alla temporanea dispersione. Ad ogni azione partigiana ci fu una reazione delle brigate nere e delle SS, con arresti e rappresaglie. Tra le azioni più significative si possono ricordare:
- maggio 1944 – Armando Cosmai guidò l’assalto di una villa di una contessa presidiata dalla GNF con recupero di armi e documenti;
- giugno 1944 – Ballan, Oreste Licori e Cosmai guidarono l’assalto alla caserma dei paracadutisti e alla Casa del Fascio di Dolo con recupero di armamenti;
- luglio 1944 – azioni di sabotaggio alle linee ferroviarie che transitano nel territorio (la Mestre – Padova, la Mestre – Castelfranco) con il ferimento e l’arresto di Rutoli e di Luigi Argeo Masaro (futuro Vicesindaco di Mirano tra il 1970 e 1980). La reazione fascista si scatenò sulla frazione di Campocroce di Mirano incendiando la casa della famiglia Masaro.
- tra il 7 e 8 luglio 1944 il nucleo di Zianigo partecipò alla liberazione di Bruno Eugenio Ballan imprigionato a Camposampiero (PD).
- ottobre 1944- le compagnie Felisati e Bis, che si erano accampate nella campagna tra Zeminiana e Briana, il 11 ottobre furono accerchiate. La battaglia durò sette ore e lasciò sul terreno 4 partigiani (Cosimo Aiello, 21 anni; Amleto Bordoni, 17 anni; Silvio De Cesaro, 44 anni; Antonio Zucca, 24 anni) e alcune decine di militi fascisti.
Note[modifica | modifica wikitesto]
- ^ Antonio Noventa – Sognando la libertà – Padova 2015 -gennaio 2016 – Prixartprinting Quarto d’Atino pp 175 e seguenti
Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]
- Comune di Mirano – 25 aprile 1945-1985 – Per una storia della resistenza nel miranese – a cura di Giorgio Vecchiato e Marino Favaretto – Dolo – aprile 1985
- Giulia Albanese, Marco Borghi – Memoria resistente – Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea – Nuova dimensione – Portogruaro – 2005
Menu di navigazio
Ricerca
Comunità
Strumenti
Stampa/esporta
Lingue
- Questa pagina è stata modificata per l’ultima volta il 28 set 2021 alle 11:02.
- Il testo è disponibile secondo la licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo; possono applicarsi condizioni ulteriori. Vedi le condizioni d’uso per i dettagli.
giornata della Memoria di Mirano
Nella Giornata della Memoria dei Martiri di Mirano si ricorda il Partigiano Oreste Licori fucilato il 1 Novembre del 1944:
La Giornata della memoria è stata istituita dal Consiglio Comunale nel 2003 e celebrata l’11 dicembre di ogni anno perché la più violenta rappresaglia che ha coinvolto il paese si era svolta in piazza Martiri l’11 dicembre 1944. Questa giornata è dedicata comunque a tutte le vittime del nazifascismo che caddero a Mirano nell’inverno 1944/45, a partire da Oreste Licori che fu fucilato l’1 novembre 1944 fino alla fucilazione il 17 gennaio 1945 di Luigi Bassi, Ivone Boschin, Dario Camilot, Michele Cosmai, Primo Garbin, Aldo Vescovo, Gianmatteo Zamatteo , alla morte in combattimento di Brunello Rutoli a Codevigo il 9 diembre 1944 e il 27 aprile 1945 di Luigi Tomaello e Mario Marcato e alla deportazione in Germania, da cui non fecero più ritorno, nel febbraio 1944 di Nella Grassini Errera e Paolo Errera. vedi Link
https://it.wikipedia.org/wiki/Brigata_partigiana_Martiri_di_Mirano
Pertanto il giorno Sabato 6 Novembre 2021 alle ore 11.30 verrà depositato nel cippo di Oreste Licori nella via del Cimitero una corona di fiori accompagnata dal Suo Ricordo con rappresentanti dell’Anpi Mirano e dell’Amministrazione Comunale di Mirano.
ANPI Sezione Martiri di Mirano
24 Ottobre 1945-2021 76° Anniversario della Nascita delle Nazioni Unite
Le armi nucleari sono illegali: il Trattato Onu entra in vigore
Già dal 2017 in Italia è stata promossa la mobilitazione “Italia, ripensaci” che punta a far cambiare idea a Governo e politica italiani finora rimasti al fuori, per scelta, da questo percorso di disarmo nucleare. La Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica ritengono «che l’Italia dovrebbe liberarsi dalle pressioni ed indicazioni provenienti dalla Nato e dagli Stati Uniti, che mirano a tenerla sotto il loro ombrello nucleare. Va ricordato infatti che nel nostro Paese sono presenti circa 50 testate nucleari statunitensi (nelle basi di Ghedi ed Aviano)».
https://unric.org/it/agenda-2030/
Allo “ sviluppo sostenibile” in 17 punti si aggiunga il + 1, quello della
ELIMINAZIONE DELLE ARMI NUCLEARI CIOE’ IL 18°punto.
“Tutti sanno che il partito della Meloni è nostalgico del fascismo”
6 Ottobre 2021
La partigiana Teresa Vergalli alla puntata di ieri del programma “di Martedì” su La7. Il video dell’intervista
La partigiana Teresa Vergalli alla puntata di ieri di “di Martedì”: “C’è bisogno di riconoscere quello che ancora di fascismo c’è nella nostra vita. Quando si sente qualcuno incitare all’odio, quando si discrimina, c’è fascismo”. Secondo lei Giorgia Meloni ha fatto i conti con la storia?: “La Meloni sa dire le cose, ma tutti sanno che il suo partito è nostalgico del fascismo”.
GUARDA IL VIDEO DELL’INTERVISTA: https://www.la7.it/dimartedi/video/lintervista-alla-partigiana-teresa-vergalli-molta-gente-inneggia-al-fascismo-senza-sapere-cosa-e-05-10-2021-401041?fbclid=IwAR3NMl4dZdTJwsiB7wLtPor0SGACgGMfhnVPe2aOlAwaHmFH-TlEZQZB2Lc
26 settembre 2021 giornata per la eliminazione delle armi nucleari Nazioni Unite
“GLI APPRENDISTI STREGONI NEL FIRMAMENTO STELLARE”
NAZIONI UNITE, 29 AGOSTO GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO I TEST NUCLEARI
Giornata internazionale contro i test nucleari
29 agosto
Test di Licorne, 1971, Polinesia francese.FOTO: The Official CTBTO Photostream
Da quando sono iniziati i test sulle armi nucleari, il 16 luglio 1945, ne sono stati effettuati più di 2.000. Agli albori dei test nucleari è stata data poca considerazione ai suoi effetti devastanti sulla vita umana, per non parlare dei pericoli delle ricadute nucleari dei test atmosferici. Il senno di poi e la storia ci hanno mostrato gli effetti terrificanti e tragici dei test sulle armi nucleari, specialmente quando le condizioni controllate vanno storte, e alla luce delle armi nucleari molto più potenti e distruttive che esistono oggi.
Il 2 dicembre 2009, la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 29 agosto Giornata internazionale contro i test nucleari adottando all’unanimità la risoluzione 64/35 . La risoluzione chiede di aumentare la consapevolezza e l’educazione “sugli effetti delle esplosioni di test di armi nucleari o di qualsiasi altra esplosione nucleare e sulla necessità della loro cessazione come uno dei mezzi per raggiungere l’obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari”. La risoluzione è stata avviata dalla Repubblica del Kazakistan, insieme a un gran numero di sponsor e co-sponsor, al fine di commemorare la chiusura del sito del test nucleare di Semipalatinsk il 29 agosto 1991.
Inoltre, “convinta che il disarmo nucleare e l’eliminazione totale delle armi nucleari siano l’unica garanzia assoluta contro l’uso o la minaccia di armi nucleari”, l’Assemblea Generale ha designato il 26 settembre la “Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari” , che è dedicato a promuovere l’obiettivo dell’eliminazione totale delle armi nucleari, attraverso la mobilitazione degli sforzi internazionali.La Giornata internazionale per l’eliminazione totale delle armi nucleari è stata celebrata per la prima volta nel settembre 2014. La Giornata internazionale contro i test nucleari, insieme alla altri eventi e azioni, ha promosso un ambiente globale che sostiene fortemente un mondo libero dalle armi nucleari.
Lo strumento internazionale per porre fine a tutte le forme di test nucleari è il Trattato di divieto globale dei test nucleari (CTBT) del 1996. Sfortunatamente, questo deve ancora entrare in vigore.
Come ha riconosciuto il Segretario generale nella sua agenda per il disarmo “Securing our Common Future” lanciata il 24 maggio 2018, la norma contro i test è un esempio di misura che serve sia gli obiettivi di disarmo che di non proliferazione. Limitando lo sviluppo di nuovi tipi avanzati di armi nucleari, il CTBT mette un freno alla corsa agli armamenti. Serve anche come una potente barriera normativa contro potenziali Stati che potrebbero cercare di sviluppare, produrre e successivamente acquisire armi nucleari in violazione dei loro impegni di non proliferazione. A proposito di VIOLAZIONI: 1<description><![CDATA[LIVERMORE, California — Un team di ingegneri dei Sandia National Laboratories ha sviluppato una nuova capacità di test a supporto della sua missione di armi nucleari. Il team ha completato il primo test in ambienti combinati su un sistema di armi su vasta scala presso il complesso Sandia Superfuge/Centrifuge ad Albuquerque, nel New Mexico. In un test riuscito, gli ingegneri delle armi hanno simulato tre ambienti: accelerazione, vibrazione […]]]>2</description> Superando le sfide della pandemia di COVID-19 attraverso mezzi virtuali, le squadre dei Sandia National Laboratories e dell’US Air Force sotto la guida della National Nuclear Security Administration hanno eseguito un B61 critico -12 test di volo a bordo del caccia a reazione F-35A Lightning II.</p>
È necessario compiere ogni sforzo per garantire l’entrata in vigore del CTBT e preservare il suo posto nell’architettura internazionale. A questo proposito, il Segretario Generale fa appello a tutti i restanti Stati le cui ratifiche sono necessarie per l’entrata in vigore del CTBT affinché si impegnino a firmare il Trattato in una data tempestiva se non l’hanno già fatto, e ad accelerare il completamento della loro ratifica processi.
È la speranza delle Nazioni Unite che un giorno tutte le armi nucleari vengano eliminate. Fino ad allora, è necessario osservare la Giornata internazionale contro i test nucleari mentre il mondo lavora per promuovere la pace e la sicurezza.
Sfondo
Il 2 dicembre 2009, la 64a sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 29 agosto Giornata internazionale contro i test nucleari attraverso l’adozione unanime della sua risoluzione 64/35 . Il Preambolo della risoluzione sottolinea che “dovrebbe essere compiuto ogni sforzo per porre fine ai test nucleari al fine di evitare effetti devastanti e dannosi sulla vita e sulla salute delle persone” e che “la fine dei test nucleari è uno dei mezzi chiave per raggiungere il obiettivo di un mondo senza armi nucleari”.
Il meccanismo principale per sradicare i test sulle armi nucleari è il Trattato sul divieto totale dei test nucleari (CTBT) . È stato adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 settembre 1996. Ad oggi, 185 paesi hanno firmato il trattato e 170 l’hanno ratificato. Perché il Trattato entri in vigore, deve essere ratificato da quegli Stati con significative capacità nucleari.
Mentre il consenso generale all’interno della comunità internazionale è che i test sulle armi nucleari pongono rischi potenzialmente letali, esiste ancora in una certa misura un persistente sospetto sulla possibilità di test clandestini di armi nucleari. C’è anche la preoccupazione che se le armi nucleari non possono essere testate, la loro affidabilità potrebbe essere in pericolo. Tuttavia, nel corso degli anni, i progressi della scienza e della tecnologia hanno aumentato in modo esponenziale la capacità di monitorare e verificare i meccanismi di conformità e il rilevamento della proliferazione delle armi nucleari. Queste attività e strumenti di monitoraggio sono stati avviati e sviluppati dal Segretariato tecnico provvisorio dell’Organizzazione CTBT (CTBTO) Commissione preparatoria. Nonostante l’entrata in vigore in fase di stallo, una difesa pubblica sempre più forte, comprese le attività e gli eventi intrapresi nella Giornata internazionale contro i test nucleari, sta esercitando pressioni sui poteri forti affinché procedano alla ratifica del trattato al fine di verso l’eliminazione definitiva dei test sulle armi nucleari.
La Commissione preparatoria della CTBTO ei suoi 170 Stati ratificanti continuano a spingere con forza per l’entrata in vigore del Trattato. Il sistema di monitoraggio internazionale del CTBTO, che comprende già quasi il 90% degli Stati, garantisce la certezza che nessuna esplosione nucleare sfuggirà al rilevamento.
Tuttavia, nulla può svolgere un ruolo cruciale nell’evitare una guerra nucleare o una minaccia terroristica nucleare quanto l’eliminazione totale delle armi nucleari. Porre fine irreversibilmente alle esplosioni nucleari impedirà l’ulteriore sviluppo delle armi nucleari.
sviluppi
Da quando è stata dichiarata per la prima volta la Giornata internazionale contro i test nucleari, ci sono stati numerosi sviluppi significativi, discussioni e iniziative pertinenti ai suoi scopi e obiettivi, nonché conferenze convocate per elaborare e far progredire questi sviluppi.
2021
- 22 gennaio: entra ufficialmente in vigore il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW).
- 3 febbraio: il Trattato tra gli Stati Uniti d’America e la Federazione Russa sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (“Nuovo Trattato START”) è stato prorogato per un ulteriore periodo di cinque anni fino al 4 febbraio 2026.
- 6 aprile: a Vienna sono iniziati i colloqui tra le parti del JCPOA e gli Stati Uniti sul ritorno alla piena attuazione del JCPOA.
- 19-23 aprile: si è tenuta a Ginevra la prima riunione del Gruppo di esperti governativi sulla verifica del disarmo nucleare.
- 16 giugno: gli Stati Uniti e la Federazione Russa hanno rilasciato una dichiarazione presidenziale congiunta sulla stabilità strategica all’esito del vertice dei due presidenti a Ginevra.
- 21 luglio: la decima conferenza di revisione delle parti del trattato di non proliferazione delle armi nucleari è stata ulteriormente rinviata a data da destinarsi a causa della pandemia di COVID-19, non appena le circostanze lo consentiranno, ma non oltre il febbraio 2022.
- 29 luglio: la quarta conferenza delle zone libere da armi nucleari e della Mongolia è stata ulteriormente rinviata dall’Assemblea generale a data da destinarsi a causa della pandemia di COVID-19.
2020
- 14 gennaio: l’E3 (Francia, Germania, Regno Unito) ha deferito alla Commissione mista del JCPOA la questione del ritiro graduale degli impegni relativi al nucleare nell’ambito del Joint Comprehensive Program of Action (JCPOA) da parte della Repubblica islamica dell’Iran, invocando la controversia meccanismo di risoluzione dell’accordo.
- 27 marzo: la decima conferenza di revisione delle parti del trattato di non proliferazione delle armi nucleari è stata rinviata a data da destinarsi a causa della pandemia di COVID-19, non appena le circostanze lo consentiranno, ma non oltre l’aprile 2021.
- 13 aprile: la quarta conferenza delle zone libere da armi nucleari e della Mongolia è stata rinviata a un periodo nel 2021 che sarà deciso dall’Assemblea generale alla sua settantacinquesima sessione.
- 2 luglio: la Repubblica Islamica dell’Iran ha deferito i problemi di attuazione con l’E3 (Francia, Germania, Regno Unito) alla Joint Commission del JCPOA, invocando il meccanismo di risoluzione delle controversie dell’accordo.
- 24 ottobre: depositato presso le Nazioni Unite il 50° strumento di ratifica del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari.
2019
- 1 febbraio: gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione della loro conformità al Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (Trattato INF).
- 2 febbraio: la Federazione Russa ha sospeso il Trattato INF.
- 27-28 febbraio: si è svolto ad Hanoi, in Vietnam, il Vertice tra i leader della Repubblica Popolare Democratica di Corea e degli Stati Uniti d’America.
- 8-12 aprile: si è tenuta a Ginevra la terza riunione del Gruppo di esperti governativi per esaminare il ruolo della verifica nell’avanzamento del disarmo nucleare.
- 29 aprile – 10 maggio: si è tenuta a New York la terza sessione del comitato preparatorio per la conferenza di revisione del trattato di non proliferazione nucleare 2020.
- 8 maggio: la Repubblica islamica dell’Iran ha annunciato l’intenzione di non impegnarsi più in alcune delle disposizioni del Programma d’azione globale congiunto (JCPOA).
- 30 giugno: nella zona demilitarizzata coreana si è tenuto il vertice tra i leader della Repubblica popolare democratica di Corea e gli Stati Uniti d’America.
- 18-22 novembre: si è tenuta a New York la prima sessione della Conferenza sull’istituzione di una zona mediorientale libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa.
- 12 dicembre: l’Assemblea Generale ha adottato una risoluzione 74/50 che istituisce il Gruppo di esperti governativi per esaminare ulteriormente le questioni relative alla verifica del disarmo nucleare.
2018
- 5 febbraio: gli Stati Uniti d’America e la Federazione Russa hanno rispettato i limiti centrali del Trattato sulle misure per l’ulteriore riduzione e limitazione delle armi strategiche offensive (“Nuovo START”).
- 15-16 febbraio: si è tenuta a New York la seconda riunione consultiva informale del gruppo preparatorio di esperti ad alto livello FMCT .
- 23 aprile – 4 maggio: si è tenuta a Ginevra la seconda sessione del comitato preparatorio per la conferenza di revisione del trattato di non proliferazione nucleare 2020 .
- 8 maggio: gli Stati Uniti hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi dal JCPOA, un accordo sul programma nucleare iraniano.
- 14-18 maggio: si è tenuta a Ginevra la prima riunione del Gruppo di esperti governativi per esaminare il ruolo della verifica nell’avanzamento del disarmo nucleare .
- 24 maggio: Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha lanciato a Ginevra la sua nuova agenda per il disarmo “Securing our Common Future” .
- 28 maggio – 8 giugno: il gruppo preparatorio di esperti ad alto livello FMCT ha tenuto la sua riunione finale a Ginevra.
- 12 giugno: si è svolto a Singapore il Vertice tra i leader della Repubblica Popolare Democratica di Corea e degli Stati Uniti d’America.
- 1 luglio: Commemorato il 50° anniversario dell’apertura alla firma del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari
- 7 luglio: commemorazione del primo anniversario dell’adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari .
- 20 ottobre: gli Stati Uniti hanno dichiarato l’intenzione di recedere dal Trattato sulle forze nucleari a raggio intermedio (Trattato INF).
- 12-16 novembre: si è tenuta a Ginevra la seconda riunione del Gruppo di esperti governativi per esaminare il ruolo della verifica nell’avanzamento del disarmo nucleare.
Il ruolo della società civile
Dall’inizio dell’era nucleare, la società civile ha svolto un ruolo di primo piano nello sforzo di fermare definitivamente i test sulle armi nucleari. Fisici, sismologi e altri scienziati; medici e avvocati; organizzazioni femminili; istituti di ricerca e ONG per il disarmo; sindaci e parlamentari; “downwinders” esposti a contaminanti radioattivi derivanti da test atmosferici e gli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki; e il grande pubblico – tutti sono stati coinvolti. https://www.youtube.com/watch?v=UraxYVTTum0
Alcuni momenti salienti dei decenni di attività:
- Negli anni ’50, medici e gruppi di donne hanno aumentato la consapevolezza degli effetti sulla salute dei test atmosferici, inclusa la presenza di radioisotopi nei denti dei bambini. Questa campagna ha contribuito a portare al Trattato sul divieto parziale dei test, che vieta i test sott’acqua, nell’atmosfera e nello spazio, ma non nel sottosuolo.
- Negli anni ’80, scienziati statunitensi e russi hanno condotto esperimenti congiunti per dimostrare la fattibilità della verifica del divieto di test sotterranei.
- Sempre negli anni ’80, gruppi statunitensi condussero proteste di massa al Nevada Test Site negli Stati Uniti e una potente campagna anti-test, nota come Movimento Nevada-Semipalatinsk, emerse in Kazakistan, sede del principale sito di test sovietico a Semipalatinsk. Azioni e campagne ben pubblicizzate sono state dirette anche al sito di prova francese di Mururoa nel Pacifico negli anni ’80 e di nuovo negli anni ’90.
- A partire dal 1985, le ONG hanno esercitato pressioni nel processo di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP) per un impegno a raggiungere un Trattato completo per il divieto di test nucleari (CTBT). È stato adottato per la prima volta in connessione con la decisione del 1995 di estendere il trattato e riaffermato alle conferenze di revisione del 2000 e del 2010. Soprattutto dalla fine della Guerra Fredda, la società civile ha sostenuto con forza, in numero crescente, che le conferenze di revisione del TNP si impegnino a compiere passi che portino all’eliminazione delle armi nucleari, compreso il CTBT, e le conferenze del 2000 e del 2010 lo hanno fatto .
- Negli anni ’90, ONG e parlamentari hanno dato il via alla convocazione di una conferenza del 1991 sulla modifica del Trattato sul divieto parziale dei test per renderlo completo, un processo che ha contribuito a gettare le basi per i negoziati CTBT.
- I ricercatori non governativi hanno sviluppato la comprensione delle tecniche di verifica.
- I gruppi di ricerca e di advocacy non governativi hanno monitorato i negoziati che hanno portato all’adozione del CTBT nel 1996.
- Le ONG hanno fatto una campagna per persuadere i loro governi a negoziare, quindi ratificare, il CTBT. Alcuni hanno anche criticato le strutture sperimentali e di supercalcolo destinate a sostituire i test sugli esplosivi nucleari.
dal “manifesto”
Gli affari armati dietro alla «guerra permanente»
Afghanistan. Boom in borsa e mega profitti per le aziende militari. L’offensiva sull’Afghanistan ha spianato la strada ai conflitti successivi e sdoganato l’uso dei contractors: tutti i dati degli ultimi 20 anni
Francesco Vignarca*, Giorgio Beretta**
EDIZIONE DEL20.08.2021
PUBBLICATO19.8.2021, 23:57
La missione militare in Afghanistan è stata un fallimento. Ma non per tutti. Non lo è stata per chi la lanciato l’offensiva militare e l’ha sostenuta per 20 anni: il complesso militare-industriale americano e i suoi alleati. Partiamo dall’andamento in borsa.
Secondo un’analisi condotta da The Intercept, l’acquisto di 10mila dollari in azioni equamente divise tra i principali fornitori militari del governo Usa (Boeing, Raytheon, Lockheed Martin, Northrop Grumman e General Dynamics) effettuato il 18 settembre 2001 – giorno dell’autorizzazione di George W. Bush all’intervento militare in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre – varrebbe oggi, con utili reinvestiti, oltre 97mila dollari.
Un rendimento dell’872%, ben superiore a quello realizzato nello stesso periodo dalle aziende del listino Standard & Poor’s 500 che si ferma al 516% (dai 10mila dollari iniziali se ne sarebbero ricavati “solo” 61mila). Il «boom» in borsa è sotto gli occhi di tutti: un’azione Lochkeed Martin (famosa in Italia per la produzione degli F-35) è passata da 44,6 a 356,6 dollari; una di Raytheon (la compagnia che inserisce le guide laser sulle bombe MK prodotte in Sardegna e poi usate dai sauditi in Yemen) valeva 30,8 dollari nel 2001 ed è ora quotata a 85,4.
Lo stesso vale per Northrop Grumman (da 42,8 a 363,16) e General Dynamics (da 41,2 a 196,8). Queste quattro aziende ricevono la maggior parte delle loro entrate dal governo degli Stati uniti, ma la crescita è evidente anche per Boeing, con un portafoglio più differenziato anche sul civile, che ha sperimentato un balzo delle proprie azioni da 33,1 a 219 dollari.
L’elemento chiave della profittabilità delle aziende del complesso militare-industriale non è principalmente legato alle loro performance azionarie che possono essere influenzate dai giochi di Borsa degli investitori o da scelte strutturali ed errori dei manager come avvenuto nel caso dell’italiana Leonardo/Finmeccanica che, a differenza delle aziende americane, ha più che dimezzato il proprio prezzo di listino. Il cuore del successo economico dei produttori di sistemi militari risiede invece nel «fatturato sicuro» e nella conseguente capacità di garantire dividendi sempre più alti, che contribuiscono per oltre un terzo del rendimento finale.
La già citata Lockheed Martin garantiva un dividendo di 0,44 dollari ad azione nel 2001, mentre l’anno scorso ne ha distribuiti 9,80 (massimo storico). Raytheon è passata da 56 centesimi all’anno a oltre due dollari, mentre Northrop Grumman da 72 centesimi a ben 5,67 dollari all’anno per azione. Tutto questo grazie proprio al «fatturato sicuro» garantito anche dal conflitto in Afghanistan.
Gli 83 miliardi di dollari investiti nelle forze afghane sono quasi il doppio del budget annuale per l’intero corpo dei marines e superano i fondi stanziati l’anno scorso da Washington per l’assistenza in buoni pasto a circa 40 milioni di americani.
Ovviamente le aziende produttrici di armamenti non hanno venduto i propri prodotti solo ed esclusivamente per la guerra in Afghanistan. Ma proprio questo conflitto è alla base della crescita poderosa e inarrestabile delle spese militari mondiali, comprese quelle dedicate a nuove armi, dopo il calo post Guerra fredda. L’infinita «guerra al terrorismo», emersa come mantra politico nelle relazioni internazionali dopo l’attacco alle Torri gemelle ha fornito agli Stati di tutto il mondo e alle lobby transnazionali degli armamenti il pretesto e la giustificazione politica per dedicare sempre più risorse e fondi a eserciti e armamenti.
Lo testimoniano i dati del Sipri di Stoccolma, che evidenziano l’enorme crescita delle spese militari, quasi un raddoppio tra il 2001 e il 2020 (da 1.044 a 1.960 miliardi di dollari a valori costanti comparabili) con un trend in aumento che è destinato a rafforzarsi negli anni a venire. E che ha garantito in questi ultimi due decenni risorse e contratti facili ai produttori di armamenti.
Non a caso i dati dello stesso Sipri relativi al fatturato militare delle prime quindici aziende del settore registrano un aumento complessivo del 30% tra il 2002 e il 2018 (ultimo dato disponibile): da 199 a 256 miliardi di dollari. Lockheed Martin è la compagnia che è riuscita ad approfittare maggiormente di questa congiuntura favorevole quasi raddoppiando il proprio fatturato militare (da 26,3 a 47,2 miliardi di dollari a valori costanti) seguita da General Dynamics (da 13,7 a 22 miliardi) e Raytheon (da 16,7 a 23,4 miliardi).
In questo senso anche le aziende non statunitensi sono riuscite a seguire la scia di denaro aumentando di molto i propri ricavi armati: la britannica BAE Systems è passata da 18,2 a 21,2 miliardi di dollari mentre l’italiana Leonardo (in precedenza Finmeccanica) è passata da 6 a 9,8 miliardi di dollari.
Il conflitto in Afghanistan ha dato il via a questa dinamica di profitto armato permettendo di giustificare costosi interventi internazionali e dispiegamenti di truppe fino a quel momento non previsti e comunque non tollerabili dalle opinioni pubbliche e dai parlamenti. Dopo il dispiegamento contro Kabul è stato più semplice intervenire militarmente in Iraq e in tutte le altre zone di tensione che vedono attualmente impegnati gli eserciti occidentali con nuovi armamenti, logistica e servizi.
Ma c’è di più. Il conflitto afghano ha permesso anche di sdoganare l’utilizzo su ampia scala delle compagnie private non solo di natura militare, ma anche e soprattutto con funzioni logistiche e di ricostruzione. Il tutto iscritto però in un sistema impostato in modo da permettere ai cosiddetti contractors di frodare a piacimento il Pentagono che spesso firmava i cosiddetti accordi «costo zero»: qualunque fosse l’ammontare per un progetto presentato, il governo avrebbe pagato.
Attirando dunque chiunque cercasse un profitto facile, ma con un prezzo alto: in Afghanistan sono morti più dipendenti di queste compagnie che soldati americani. Anche questo è servito a rendere sempre più «accettabile» la guerra ai decisori politici e ai portatori di interessi economici.
*Rete italiana pace e disarmo
**Osservatorio OPAL