Fosse Ardeatine: il filmato ritrovato di Luchino Visconti

Il primo film documentario realizzato da Luchino Visconti ha ritrovato la via di casa. Una ‘chicca’ scovata negli Stati Uniti da Luciano Martini, endocrinologo, appassionato di musica, cinema e storia che l’ha acquistato per un pugno di dollari. Il filmato fa parte del lungometraggio “Giorni di Gloria” del 1945, che colleziona materiali firmati da Luchino Visconti, Giuseppe De Santis e Marcello Pagliero. Luchino Visconti aveva ripreso su incarico dell’esercito anglo-americano il processo contro l’ex questore di Roma Pietro Caruso, svoltosi nell’attuale sede dell’Accademia dei Lincei, la fucilazione che ne seguì dello stesso Caruso, del delegato Scarpato e di Pietro Koch. Quest’ultimo responsabile della Pensione Jaccarino, conosciuta anche come “villa tristezza”, famosa prigione fascista per le sevizie e i maltrattamenti, dove lo stesso Visconti era stato imprigionato per un breve periodo. Luciano Martini, 87 anni, professore all’Università di Milano per 40 anni, attraverso attente e lunghe ricerche ha ritrovato il nastro originale e lo ha acquistato da una piccola società americana.

24 marzo 1944: Strage delle Fosse Ardeatine

Eccidio-fosse-ArdeatineRoma, presso le antiche cave di via Ardeatina il 24 marzo 1944 si consuma l’eccidio di 335 civili e militari italiani per mano nazista.
Ad organizzare ed eseguire la strage sono l’ufficiale delle SS Herbert Kappler all’epoca anche comandante della polizia tedesca a Roma, il capitano Erich Priebke e Albert Kesselring.
L’eccidio matura come rappresaglia per vendicare 33 militari tedeschi morti in un attentato partigiano a via Rasella il 23 marzo. I tedeschi, dietro ordine diretto di Hitler, applicano alla lettera il principio di fucilare 10 ostaggi italiani per ogni tedesco ucciso. Vengono per errore inseriti 5 nomi in più alla lista.
L’esecuzione, che avviene con un colpo alla nuca, è di proporzioni enormi tanto che gli stessi comandi nazisti la rendono pubblica, insieme all’attentato partigiano, solo a cose fatte e dopo aver fatto saltare le cave con delle mine per rendere più difficoltoso il ritrovamento dei corpi.
Le vittime, prelevate dal carcere di Regina Coeli e dal comando di via Tasso,  sono per lo più partigiani e antifascisti o presunti tali, militari, ebrei, ma non mancano detenuti comuni.
I tedeschi hanno così anche infranto il patto con gli Alleati di considerare Roma ‘città aperta’, in modo da evitare coinvolgimenti della popolazione civile. Infatti gli angloamericani entreranno nella capitale una volta ritirati i tedeschi.

Le Fosse Ardeatine nel racconto teatrale di Ascanio Celestini dal Museo di Via Tasso a Roma:
“Rispetto ad altri massacri nazifascisti, come quelli di Marzabotto o di Sant’Anna di Stazzema, quella strage romana ha perfino un minor numero di vittime. Ma la sua storia non è scritta, vive solo di racconti orali, attraverso cui lo conoscono la maggior parte delle persone. E’ questo il punto centrale del mio interesse: la storia collettiva esce fuori da testimonianze singole e parziali, che però collegate danno una verità unitaria, chiarissima e inconfutabile. Il mio racconto in scena, a sua volta, cala questo episodio nella storia più vasta di una città e di un intero paese, fino a quel momento estremo, cruciale e rivelatore”.

Ancora falsità su Via Rasella

Lunedì 8 luglio è andato in onda su Rai Tre in prima serata il programma ‘Il viaggio’, con Pippo Baudo. Al suo interno è stato dedicato un servizio al Sacrario delle Fosse Ardeatine nel quale il presentatore Baudo ha intervistato il maggiore dell’Esercito Italiano Francesco Sardone. Purtroppo ancora una volta, parlando di via Rasella, si sono rappresentati i fatti come se si fosse trattato di un attentato terroristico, e non di una “legittima azione di guerra partigiana”, come è stato riconosciuto più volte dalla Corte di Cassazione italiana e da numerosi tribunali. Dispiace che uno dei più noti volti della TV italiana abbia scelto, ponendo le domande, di porre l’accento su presunti fatti poco chiari ancora oggi, quando la verità storica dovrebbe essere oramai riconosciuta e sedimentata. Ma le imprecisioni e i commenti equivoci non finiscono qui. Baudo, parlando di Don Pietro Pappagallo, dice che lui non c’entrava nulla! E’ vero, come innocenti però furono tutte le 335 vittime: non ci furono innocenti più di altri. Inoltre dobbiamo correggere il maggiore Sardone, che ha raccontato che dopo l’8 settembre del ’43 i Gruppi Armati Proletari cominciarono a compiere attentati contro i tedeschi, evidentemente confondendo i G.A.P. , Gruppi di Azione Patriottica responsabili dell’azione di via Rasella, con i Gruppi Armati Proletari, gruppo terroristico degli anni di piombo. Parlando della rappresaglia, le domande di Baudo sembrano legittimare le presunte leggi di guerra, solo in parte spiegate dal maggiore dell’Esercito, continuando a diffondere l’dea sbagliata che si potessero uccidere 10 persone per ogni militare morto. Baudo afferma: ”Dobbiamo dire la verità, sui fatti ancora si discute… gli autori non si sono mai presentati, anzi, sono stati insigniti di medaglia d’oro ed alcuni hanno fatto i deputati”. In realtà l’eccidio fu compiuto dai tedeschi in gran segreto e in tempi rapidissimi (21 ore dopo l’azione), in combutta con la polizia fascista, che consegnò alle SS di Kappler una parte delle vittime. Non fu rivolto alcun appello a consegnarsi agli autori dell’azione di via Rasella nè vi fu alcun preavviso della rappresaglia. Proprio per celare il posto dell’eccidio, i tedeschi fecero esplodere delle bombe all’ingresso delle cave Ardeatine. Ricordiamo quindi a Baudo, nel ’70 anniversario della Resistenza, e a tutti i cittadini italiani che lo hanno ascoltato, che la verità è un’altra ed è stata definitivamente stabilita dai tribunali.

Ufficio Stampa Anpi Roma

Le risposte alle affermazioni false su Via Rasella