In difesa della Carta Costituzionale

Il Direttivo A.N.P.I. di Mirano e del Miranese constata:

-che da troppo tempo la nostra Italia subisce un continuo, costante affievolirsi nelle coscienze di molti italiani, dei valori di Pace, Giustizia e Libertà  fondanti la nostra Carta Costituzionale;

-che purtroppo il senso di responsabilità del cittadino verso il dovere pubblico è anch’esso smarrito in un generale appiattimento dei valori;

-che l’indifferenza verso la politica provoca la perdita della dignità di essere uomini liberi e orgogliosi di appartenere a una comunità ricca di storia, di arte e d’intelligenza;

-che negli ultimi decenni si è verificato, nell’esercizio della libertà politica, un fenomeno nuovo e inquietante: in molti partiti e movimenti politici s’è praticata l’idea del “capo-padrone”, si è seguita pedissequamente la sua volontà, i suoi indirizzi, i suoi interessi personali anziché il libero confronto delle intelligenze volte all’interesse dell’intera nazione;

-che la democrazia in Italia sta subendo un inesorabile, continuo declino per questa perdita costante del senso vivo di responsabilità del singolo verso l’appartenenza alla comunità nazionale;

-che non ci si scandalizza più se le persone che devono essere elette sono invece “nominate”, se ai “capi-padroni” sono consentite addirittura tentazioni dinastiche, se si sta perdendo nell’indifferenza la moralità e l’onestà;

-che gli attacchi sempre più violenti alla nostra Carta Costituzionale sono volti alla distruzione del perfetto equilibrio tra le fonti autonome di poteri che costituiscono l’ordinamento dello Stato Democratico (legislativo, esecutivo, giurisdizionale) per concentrarli praticamente in un Potere Unico;

-che questa situazione è quanto mai pericolosa, foriera di rischi mortali per l’ordinata vita democratica della nazione, addirittura a questo coro si unisce inopinatamente anche la voce straniera di organismi  che, manipolando informazioni finanziarie mondiali, creano crisi e debolezze negli ordinamenti statali europei;

-che sempre più minacciosi  appaiono i tentativi di ricostituire il  partito fascista in spregio a quanto stabilito dalla XII° disposizione transitoria della Costituzione con relative norme attuative contenute nella legge 645 del 1952, Legge Scelba. Confermare e applicare in maniera più decisa la disposizione transitoria “ è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.

TUTTO CIÒ PREMESSO, SI AFFERMA:

a) L’attuale impianto Statale basato sulla ripartizione equilibrata dei Poteri – garantita dalla nostra Carta Costituzionale – non deve essere materia di cambiamento.

b) La divisione dei Poteri statali e la loro reciproca autonomia, così come previsti dalla Costituzione, sono principi fondamentali che non devono essere oggetto di modifiche.

c) Modifiche entro l’area dei singoli Poteri, al fine di dare maggiore efficacia ed efficienza alle loro rispettive funzioni (riduzione del numero dei membri, divisione delle materie di competenza tra le due Camere, unica lettura delle Leggi, ecc.), possono essere opportune e quindi attuate, ma con la massima prudenza visto il contesto in cui si opera.

d) Occorre por mano subito alla abrogazione della Legge elettorale c.d. “Porcellum”, cui si devono i tanti malanni che intossicano la vita democratica della nostra Patria.

e) E’ doverosa la riduzione degli sprechi della politica e della pubblica amministrazione e la moralizzazione dei  comportamenti degli eletti,  favorendo il riavvicinamento dei cittadini alla gestione del “bene comune” come scelta di servizio alla collettività.

Di queste riforme ha bisogno urgente il nostro paese per ritrovare la via di una coscienza civile e politica che riconosca, nel ruolo fondamentale dei partiti e nell’azione di una classe politica rinnovata, i baluardi contro ogni tentazione autoritaria.

La debolezza attuale del quadro politico, i ripetuti, violenti  attacchi  agli organi giudicanti della  magistratura, il populismo dilagante, la crisi economica e la mancanza di lavoro sono aspetti di una realtà che genera inquietudine e disorientamento e che non possono essere sottovalutati sul piano della tenuta del sistema democratico.

La mancata approvazione di una legge sul “conflitto di interessi” impone di non toccare gli equilibri  esistenti per non cadere in un vortice destabilizzante di interessi particolari assolutamente imprevedibili negli esiti.

E’ giunto, quindi, il tempo che i sinceri democratici facciano sentire la loro voce a difesa degli inviolabili principi assunti dai Padri Costituenti e posti a fondamento della Carta Costituzionale, ferma risposta ai tentativi volti a modificare l’assetto istituzionale del paese nato e voluto dalle donne e dagli uomini protagonisti della Lotta di Liberazione.

APPLICARE LA COSTITUZIONE NON CAMBIARLA

ORA E SEMPRE RESISTENZA!

Mirano, 15 luglio 2013

Direttivo  ANPI   Sezione di Mirano e del Miranese

Ancora falsità su Via Rasella

Lunedì 8 luglio è andato in onda su Rai Tre in prima serata il programma ‘Il viaggio’, con Pippo Baudo. Al suo interno è stato dedicato un servizio al Sacrario delle Fosse Ardeatine nel quale il presentatore Baudo ha intervistato il maggiore dell’Esercito Italiano Francesco Sardone. Purtroppo ancora una volta, parlando di via Rasella, si sono rappresentati i fatti come se si fosse trattato di un attentato terroristico, e non di una “legittima azione di guerra partigiana”, come è stato riconosciuto più volte dalla Corte di Cassazione italiana e da numerosi tribunali. Dispiace che uno dei più noti volti della TV italiana abbia scelto, ponendo le domande, di porre l’accento su presunti fatti poco chiari ancora oggi, quando la verità storica dovrebbe essere oramai riconosciuta e sedimentata. Ma le imprecisioni e i commenti equivoci non finiscono qui. Baudo, parlando di Don Pietro Pappagallo, dice che lui non c’entrava nulla! E’ vero, come innocenti però furono tutte le 335 vittime: non ci furono innocenti più di altri. Inoltre dobbiamo correggere il maggiore Sardone, che ha raccontato che dopo l’8 settembre del ’43 i Gruppi Armati Proletari cominciarono a compiere attentati contro i tedeschi, evidentemente confondendo i G.A.P. , Gruppi di Azione Patriottica responsabili dell’azione di via Rasella, con i Gruppi Armati Proletari, gruppo terroristico degli anni di piombo. Parlando della rappresaglia, le domande di Baudo sembrano legittimare le presunte leggi di guerra, solo in parte spiegate dal maggiore dell’Esercito, continuando a diffondere l’dea sbagliata che si potessero uccidere 10 persone per ogni militare morto. Baudo afferma: ”Dobbiamo dire la verità, sui fatti ancora si discute… gli autori non si sono mai presentati, anzi, sono stati insigniti di medaglia d’oro ed alcuni hanno fatto i deputati”. In realtà l’eccidio fu compiuto dai tedeschi in gran segreto e in tempi rapidissimi (21 ore dopo l’azione), in combutta con la polizia fascista, che consegnò alle SS di Kappler una parte delle vittime. Non fu rivolto alcun appello a consegnarsi agli autori dell’azione di via Rasella nè vi fu alcun preavviso della rappresaglia. Proprio per celare il posto dell’eccidio, i tedeschi fecero esplodere delle bombe all’ingresso delle cave Ardeatine. Ricordiamo quindi a Baudo, nel ’70 anniversario della Resistenza, e a tutti i cittadini italiani che lo hanno ascoltato, che la verità è un’altra ed è stata definitivamente stabilita dai tribunali.

Ufficio Stampa Anpi Roma

Le risposte alle affermazioni false su Via Rasella

Anpi Nazionale: Comunicato sulle Riforme Costituzionali

In relazione ai diversi progetti che si vanno formulando, anche in sede governativa, a riguardo di un sistema di riforme costituzionali, ribadisce la più ferma contrarietà ad ogni modifica, legislativa o di fatto, dell’art. 138 della Costituzione, che – semmai – dovrebbe essere rafforzato e del quale in ogni caso, si impone la più rigorosa applicazione;
conferma il netto convincimento che il procedimento da seguire non può che essere quello parlamentare, attraverso gli strumenti e le commissioni ordinarie, non essendovi ragione alcuna per eventuali nuove formule e strutture, essendo più che sufficiente quanto già previsto dai regolamenti parlamentari;
riafferma l’inopportunità del ricorso ad apporti esterni che in qualche modo incidano sul lavoro parlamentare e che non siano quelli già previsti, attraverso i quali si possono acquisire opinioni e contributi di esperti, mediante pareri, consultazioni, audizioni e quant’altro;
conferma la convinzione, più volte espressa, che le riforme possibili ed auspicabili sono solo quelle che risultano in piena coerenza con i princìpi della prima parte della Costituzione e con la stessa concezione che è alla base della struttura fondamentale della seconda, indicando fra le riforme possibili, la diminuzione del numero dei parlamentari, la differenziazione del lavoro delle due Camere, l’abolizione delle province; tutte materie sulle quali esiste già una notevole convergenza e che non pongono problemi di coerenza complessiva;
ribadisce quanto già espresso in varie occasioni, vale a dire la netta opposizione dell’ANPI ad ogni riforma che introduca il presidenzialismo o il semipresidenzialismo, non risultano ragioni evidenti per stravolgere il delicato e complesso sistema delineato dal legislatore costituente;
conferma ancora una volta, l’assoluta e prioritaria necessità di procedere alla modifica della legge elettorale vigente, da tutti ritenuta inadeguata e dannosa;
invita tutti gli organismi dell’ANPI ad impegnarsi a fondo su questi temi, promuovendo dibattiti e confronti, irrobustendo l’informazione ai cittadini, assumendo tutte le iniziative (a partire da quelle per il 2 giugno e in particolare da quella di Milano), idonee ad ampliare il consenso attorno a queste posizioni, d’intesa con altre associazioni democratiche e con tutte le forme di aggregazione di cittadini interessati a problemi di ordine costituzionale, chiarendo soprattutto che non si tratta di restare ancorati a tutti i costi ad un sistema immodificabile, ma di impedire ingiustificate alterazioni di esso e assicurare che non vengano poste in atto misure pericolose, suscettibili di scardinare la profonda ed intima coerenza del sistema costituzionale, senza alcun vantaggio per la democrazia.
Roma, 16 maggio 2013

Comunicato dell’Anpi Provinciale di venezia

L’ANPI provinciale di Venezia ritiene che i fatti accaduti a Montebelluna e all’Università di Verona siano da condannare senza alcuna attenuante, e non solo come segno di ignoranza sociale, storica e democratica, ma soprattutto per i modi con i quali si è voluto vietare un democratico confronto.

L’ANPI vuole ricordare che il Giorno del Ricordo (fortemente voluto da un’ampia parte del parlamento Italiano) è un giorno rievocativo e celebrativo, con lo scopo di guardare ai fatti istriani e dalmati con un senso di rispetto, di partecipazione al dolore, di conoscenza dei fenomeni barbarici e terribili che hanno scosso, dopo quei fatti, le coscienze di molti italiani. Recita, infatti, la legge: La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero.

Erano chiare le parole dell’allora Presidente Ciampi: «L’Italia non può e non vuole dimenticare: non perché ci anima il risentimento, ma perché vogliamo che le tragedie del passato non si ripetano in futuro»; concetti ribaditi poi da Napolitano che riaffermava la necessità di «consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa.»

Anche l’ANPI in tutto il territorio nazionale partecipa anche attivamente a queste celebrazioni, portando testimonianze, documenti e riflessioni. Tanti sono gli storici che si confrontano in quel giorno, come tante sono le ricerche che vengono portate a conoscenza dei partecipanti. Tutto questo con la finalità di rispondere ai contenuti espressi dalla legge 30 marzo 2004 n. 92 che ha istituito il Giorno del Ricordo.

Ma questa giornata dedicata alla conoscenza, all’approfondimento e alla riflessione sulle radici storiche che hanno portato a quelle tragiche conseguenze, per alcune frange nostalgiche e fasciste, è diventata il giorno del riscatto, delle rivendicazioni di un eroismo nazional-fascista, dell’antidemocrazia, di una falsa pretesa di giustizia politica e sociale, della denuncia di atteggiamenti razzisti nei confronti delle minoranze italiane subiti dopo la fine del conflitto mondiale. E spesso opponendo quel giorno di riflessione al Giorno della Memoria; e tutto ciò nella logica della netta contrapposizione tra buono e cattivo, tra vero e falso.

In quest’ottica, gruppi di Naziskin, di iscritti e simpatizzanti della Giovane Italia hanno voluto, a Villa Wassermann a Giavera e nelle aule dell’università di Verona, interrompere le lezioni della ricercatrice storica Alessandra Kersevan con atti intimidatori e violenti. Entrando e occupando spazi pubblici.

Ancora una volta le frange fasciste hanno sostituito il dialogo con la violenza, le idee alle minacce, la conoscenza all’aggressività manifestando una ferocia che ci riporta ad altri periodi, quelli del rogo dei libri, della distruzione delle case del popolo, del disprezzo della cultura.

Ma riteniamo che sia ancor più grave che figure istituzionali come i sindaci o i rettori chiudano gli occhi davanti a fatti così gravi, o ancor peggio prendendo attiva posizione nel vietare tali incontri, e che non rispondano al loro mandato democratico di imparzialità verso le persone e di rispetto di una legge dello Stato. Spesso erigendosi a giudici vietando che gli uomini, le donne, i giovani, gli studenti possano conoscere i fatti e le vicende che hanno indotto una larghissima maggioranza parlamentare, a promuovere un percorso di conoscenza di un periodo storico molto complesso, lasciando invece che violenza, brutalità e minacce e imposizioni veementi possano ancora una volta, dopo settant’anni dall’inizio della Resistenza, essere i soli strumenti per imporre una propria verità.

Il Presidente Provinciale Diego A. Collovini

Il Segretario Provinciale  Tullio Cacco