La giornata del ricordo

Soldati del Regio Esercito Italiano fucilano 5 contadini di Dane (Slovenia)

Franc Znidarsic, Janez Kranjc, Franc Skerbec, Feliks Znidarsic e Edvard Skerbec: sono questi i nomi dei 5 abitanti di Dane in Slovenia fucilati dai soldati italiani il 31 luglio del 1942. Questa è una foto che trovate spesso nelle celebrazioni della giornata del ricordo e viene sempre usata in maniera sbagliata sia da fascisti e post-fascisti ma anche da istituzioni pubbliche, da comuni, province, video, siti internet e, da buon ultimo, anche da Bruno Vespa nella puntata dello scorso anno di “Porta a porta”: gli italiani nella foto sono quelli in divisa e il far passare per martiri delle foibe 5 sloveni fucilati la dice lunga sulle mistificazioni e falsità che continuano ad essere dette e scritte dai più svariati personaggi che non hanno evidentemente mai fatto una ricerca storica precisa e basata sui documenti (sono tanti ed esistono) degli archivi di stato.
Un altro caso emblematico, riportato alla nostra  conoscenza dallo storico Davide Conti, è quello di un criminale di guerra italiano, Vincenzo Serrentino, premiato nel 2007 dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nell’ambito della cerimonia annuale di conferimento della medaglia come “martire delle foibe” e che causò un incidente diplomatico con la Croazia. Nella motivazione ufficiale viene presentato semplicemente come “ultimo prefetto di Zara italiana”. In realtà Serrentino arrivò a Zara nel ’19 come ufficiale del Regio esercito e fu all’inizio degli anni ’20 tra i principali dirigenti del Fascio di combattimento di Zara. In seguito divenne tenente colonnello delle Camicie nere e dopo l’occupazione della Jugoslavia da parte delle truppe dell’Asse fece parte del Tribunale speciale per la Dalmazia, l’organo di “giustizia” che serviva a dare una copertura giuridica alle rappresaglie contro il movimento partigiano. Per questo la Jugoslavia inserì il Serrentino, assieme agli altri suoi colleghi del Tribunale speciale, nella lista di criminali di guerra italiani presentata alle Nazioni Unite. Lui fu però uno dei rari criminali di guerra che gli jugoslavi riuscirono a catturare e portare davanti a un tribunale. Venne infatti giudicato a Sebenico e condannato a morte, sentenza che venne eseguita il 15 maggio del 1947. Cosa ricordiamo nella giornata del ricordo?

Dossier Dane sull’uso della foto (dal sito www.diecifebbraio.info):  https://docs.google.com/file/d/0B2Fig3cDXuVMZ2FoNXVYdjNJemc/edit?usp=sharing

Dossier premiazioni:  https://docs.google.com/file/d/0B2Fig3cDXuVMM3VOdTBrVS1KekU/edit?usp=sharing

Alessandra Kersevan sulla verità storica delle foibe:

2 pensieri riguardo “La giornata del ricordo”

  1. Signora Kersevan,

    il lupo perde il pelo ma non il vizio, come attestano le Vostre indagini storiche all’insegna delle tesi precostituite, che sarebbe eufemistico definire di parte. In effetti, Voi non fate errori, ma diffondete scientificamente il falso.

    Quando noi parliamo dei crimini comunisti, sia italiani che slavi, lo facciamo citando nomi e cognomi
    delle Vittime. Al contrario, Voi fate riferimenti generali a crimini nazifascisti perpetrati su milioni di Caduti, ma senza documentazioni analitiche. Ciò, senza dire che accomunare nazisti e fascisti è quasi sempre arbitrario.

    Perchè non suffragate le Vostre affermazioni con nomi e cognomi delle Vittime? Come giustificate la pulizia etnica e politica che avete pianificato a guerra finita? Come spiegate la feroce violenza tradottasi in sevizie e torture tali da far apparire persino la morte come una liberazione? Come valutate il fatto che siano stati “liquidati” persino i comunisti che avrebbero voluto la rivoluzione proletaria, ma non la cessione delle nostre terre a Tito?

    Nel periodo bellico, la cosiddetta Armata Popolare si è macchiata di delitti atroci, a fronte dei quali non sarebbe stato logico, anche alla luce del diritto di guerra, limitarsi a prendere atto e ringraziare!

    Il fatto più grave, peraltro, è che la maggior parte degli infoibamenti, delle altre uccisioni e delle deportazioni anticamera di morte abbia avuto luogo in tempo di pace, e salvo rarissime eccezioni, senza alcuna parvenza di giudizio. Consenta di dire che è stato un metodo davvero singolare di perseguire una politica democratica.

    Joze Pirjevec, che è accreditato di referenze storiografiche insigni (!), è arrivato a sostenere che i fascisti avrebbero incendiato almeno mille case a Pinguente (Buzet); un autentico falso, se non altro perchè il paese, all’epoca, non aveva siffatto patrimonio edilizio nè struttura demografica proporzionale.

    E’ vero, invece, che i partigiani incendiarono la casa dove abitavamo prima dell’Esodo. Noi riuscimmo fortunosamente a salvarci ma restammo sul lastrico: un buon motivo in più per lasciare la nostra “terra bruciata”. Non certo per libera scelta, ma perchè oggetto di violenza e dell’impossibilità di qualsiasi autotutela.

    Vergognatevi di dire tante bugie ed abbiate il coraggio di inginocchiarvi e di chiedere perdono, seguendo l’esempio del Cancelliere tedesco Willy Brandt davanti alle Vittime dell’Olocausto.

    Un dettaglio importante: conoscevamo il Prefetto di Zara Vincenzo Serrentino, che non era affatto un criminale di guerra, ma una persona di alta sensibilità civile e patriottica, come attesta, diversamente dal Pirjevec, un’ampia e documentata storiografia. La sua condanna alla pena capitale dopo lunga detenzione, cara Signora, fu un atto di grande ingiustizia.

    Una sana iniezione di serietà e di obiettività sarebbe auspicabile anche da parte Vostra. Quindi, cercate di assumere una documentazione a tutto campo, e non solo quella che riviene dai testi comunisti. Del resto, esistono tuttora superstiti attendibili, in grado di dire come andarono veramente le cose.

    Dopo 65 anni, abbiate il coraggio di ammettere la verità, seguendo l’esempio di tanti Paesi dell’Est. E di scrivere la storia in modo onesto e bipartisan.

  2. Per cominciare non so perchè si rivolge nel suo commento alla Sig.ra Kersevan: questo è il sito dell’Anpi di Mirano e, anche se stimiamo e ammiriamo il lavoro di documentazione storica (basato sulla ricerca e consultazione di documenti negli archivi) svolto da questa studiosa non capisco perchè rivolge a noi le sue farneticanti accuse. Le dirò anche che il nostro sito ha pubblicato una lettera di solidarietà alla Sig.ra Kersevan dopo le ultime aggressioni fasciste da lei subite nel corso delle ultime conferenze a cui l’avevano invitata; personalmente ho espresso la mia solidarietà alla Sig.ra Cernigoi vittima anche lei di innumerevoli aggressioni verbali e fisiche da parte dei soliti noti squadristi fascisti i quali, è noto, non sopportano che la gente pensi diversamente da loro. Cosa ancora più grave, nel caso dell’aggressione subita dalla Sig.ra Kersevan all’Università di Verona è il fatto che il rettore ha evidentemente sposato le tesi degli aggressori, cercando in primo luogo di ostacolare in tutti i modi lo svolgimento della conferenza e, alla fine, non condannando la violenza fascista, avvenuta in un luogo deputato allo scambio delle idee e non alla negazione di un diritto sancito dalla Costituzione nata dalla Resistenza (lo sa questo?). Per quanto riguarda le sue affermazioni non posso altro che dirle questo: si documenti, legga, si informi (non solo sui libri di Pansa, di Papo o di padre Rocchi) perchè quello che dice è davvero disarmante e assurdo. E si tranquillizzi, Vincenzo Serrentino era, e come lui tanti altri militari italiani ricercati e mai estradati, un criminale di guerra giudicato da un regolare tribunale di uno stato di diritto riconosciuto dagli Alleati (così come era riconosciuto come facente parte della coalizione Alleata l’esercito jugoslavo che quelli come voi si ostinano a chiamare in modo dispregiativo “titino”).

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