Un ricordo di Ester Zille: “Toglietevi subito quel distintivo”

Non ricordo se fosse l’anno 1940 o 1941, frequentavo il Ginnasio (era l’ultima classe prima dell’entrata in vigore della Riforma Gentile) “R. Franchetti” di Mestre, la mia insegnante di italiano e latino era la prof. Ester Zille.
Un mattino, davanti all’ingresso degli studenti, si presentarono dei militi fascisti in camicia nera che distribuivano dei distintivi portanti la scritta “Dio stramaledica gli inglesi”; era lo slogan con cui Il commentatore politico dell’ E.I.A.R. (ora RAI) Mario Appelius terminava la sua concione.
Mi misi all’occhiello della giacca quel distintivo ed entrai in aula assieme ai miei compagni.
Appena la Professoressa vide quella parata di distintivi  si arrabbiò e ci intimò “toglietevi subito quei distintivi”, tutti ubbidirono meno il figlio di un gerarca fascista. Iniziò così un’affascinante lezione di storia con velati motivi critici al fascismo. All’epoca fu un atto di grande coraggio.
Nacque così la mia avventura di ragazzo antifascista.
Renzo Tonolo ora Vice presidente ANPI di Mirano.

Ester la battagliera se ne è andata a 98 anni. Ieri a ricordarla con una cerimonia funebre laica al cimitero di Mestre una cinquantina di persone, i nipoti, tanti amici come lo storico Sergio Barizza, la delegata della municipalità di Mestre Chiara Puppini che la intervistò più volte per il volumo “Memoria resistente”. Assente, purtroppo, un rappresentante del Comune.
Con la Zille, che avrebbe compiuto 99 anni il prossimo 10 dicembre, se ne va un pezzo della storia della città, della Resistenza e della crescita di Mestre. Nata nel 1914 abitava con la famiglia in una villetta in Riviera XX Settembre. Era vicina di casa di Etereldo Agusson, il capo del Cln che organizzava la resistenza da galleria Matteotti. Dopo la seconda laurea in lettere, allieva del professor Cessi, partecipa con lui alla lotta di liberazione.
Diventa staffetta: il suo compito, recapitare ai contadini a Chirignago, Spinea, Mirano e Zelarino la stampa antifascista e i fogli del Partito d’Azione, Psi e Pci. Una attività rischiosa. Ma lei, nel dopoguerra, rifiuta il riconoscimento ufficiale di partigiana, perché il lavoro svolto le sembra modesto e non vuole usufruire di privilegi.
Una modestia, la sua che la accompagna per tutta la vita, unita ad una passione politica e per la cultura che sono un esempio per tanti.
Ricorda Sergio Barizza che la Zille entrò, tra le prime donne del dopoguerra dopo la conquista del diritto di voto, assieme ad Anita Mezzalira in consiglio comunale a Venezia durante l’amministrazione di Gianquinto. In consiglio comunale siede dal 1944 al 1951. Nel 1947, quando il consiglio comunale discuteva di un nuovo aeroporto per la città e si pensava di realizzare l’ampliamento del Nicelli, al Lido, fu lei, Ester a lanciare l’idea di realizzarlo in terraferma. «Lei poi disse che l’idea non era mica sua», racconta lo storico, «ma del cugino Piero Ferraro».
Mestre era nel cuore di Ester Zille. Il sindaco Gianquinto la volle in un gruppo di lavoro del consiglio comunale interamente dedicato allo sviluppo di Mestre. La Zille si battè per l’ospedale a Mestre, e la nascita di quell’Umberto I, oggi regno del degrado nel centro di Mestre. E contribuì alla nascita dell’Università popolare.
Insegnante alla scuola Giulio Cesare, dopo l’esperienza politica con il Psi, che lasciò all’arrivo di Craxi per il Pci, non abbandonò mai la passione politica. Per i suoi novant’anni, nel 2004, venne organizzato un incontro per celebrarla al centro Candiani. «Dall’alto della sua vita spesa con grande entusiasmo ed energia nella politica, nella professione, nella ricerca, poteva affermare: “si deve insegnare quello che dice Cicerone in uno dei suoi libri, non domi sed in foro de re vestra agitur, non è a casa, ma in piazza che voi potete spendere le vostre cose», ricorda la Puppini: «fare politica è fare lo Stato, fare politica è il divenire dell’uomo e della donna». (Mitia Chiarin dalla “Nuova Venezia” del 9/11/12)

Questa è l’intervista di Chiara Puppini a Ester.

La condizione della comunità italiana nella Jugoslavia socialista

Con l’istituzione del Giorno del Ricordo in data 10 Febbraio, le autorità italiane hanno cercato di diffondere una propria versione della storia riguardo alle vicende del confine orientale italiano nel dopoguerra. Molto spesso si sente parlare di “esodo”, “foibe” e in genere di “pulizia etnica” ai danni degli italiani che si trovarono a vivere nei territori che l’Italia perdette a seguito della ratifica del Trattato di Pace nel 1947, e che passarono alla Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia. In realtà solo parte degli italiani autoctoni di questi territori emigrò in Italia. Una grossa fetta (ma comunque meno della metà) invece decise di restare nelle proprie terre. Questo articolo di Andrea Degobbis, scritto per il sito diecifebbraio.info, è dedicato alla riorganizzazione politica e culturale degli italiani che si trovarono a vivere nella nuova Jugoslavia socialista.

https://docs.google.com/open?id=0B2Fig3cDXuVMbDFLVldsdDMwckE

La marcia su Predappio

Da “Il Fatto” del 4 novembre 2012, la risposta di Furio Colombo a un lettore:

“Da cittadino sono allarmato e angosciato. Parliamo di tutto con concitata enfasi, dalle primarie al disfacimento del Pdl. Ma non dei fascisti. Ciò che il 28 ottobre è avvenuto a Predappio mi sembra non sono squallido e spregevole, ma anche pericoloso. Perché tanto distratto e mal riposto senso di superiorità per l’evento come se fosse solo un carnevale?”
Altiero

Desidero raccogliere e rilanciare questo segnale con lo stesso stato d’animo del lettore: disgusto e allarme. Il disgusto è perché questa gente si sente libera e autorizzata e persino apprezzata mentre sta trascinando in giro i cadaveri delle vittime del fascismo. Sono tanti, se si contano tutti gli ebrei italiani, tutti gli oppositori politici, da Gramsci a Rosselli, dalle Fosse ardeatine ai luoghi di tortura (ma poi bisogna includere sia i soldati italiani morti nella guerra più vergognosa, sia le stragi di popolazioni africane ed europee di cui i fascisti sono stati protagonisti esclusivi o abbietti complici. Ma l’allarme è fondato perchè tutto ciò avviene, impunemente ai giorni nostri, senza attenzioni, senza senso di oltraggio, e con una passiva e sterile tolleranza che è la vera ragione di allarme. Fra tanti problemi e tante emergenze, non si fa caso a un ritorno che purtroppo è in sintonia con molti fatti europei, dalla Grecia all’Ungheria, dalla Romania all’Austria. Fascisti in divisa si affacciano come una curiosità (sono pochi ormai coloro che non hanno visto gente con quella divisa uccidere oppositori o consegnare ai tedeschi bambini ebrei). Ma non dite che è finita la guerra ed è cominciato il carnevale. Fascismo e nazismo sono sempre stati un osceno carnevale, anche mentre praticavano le stragi e alimentavano i forni. Non c’è purtroppo contrapposizione fra carnevale e delitto. È vero, ora beneficiano della nuova letteratura pseudo storica che fa apparire le vittime come i veri colpevoli, quando insorgono e lottano per liberarsi. La somma fra l’ottuso fascismo di coloro che sfilano nella lugubre divisa di morte e gli scrittori votati alla denigrazione della Resistenza è un team potente, lo stesso mix di feroce ignoranza e di interessata scaltrezza che ha fatto il primo fascismo. Bisognerà avere il coraggio dell’antifascismo di allora.

Furio Colombo

Roma: gli studenti del liceo Giulio Cesare contro la presenza dell’Anpi

Francesco Polcaro presidente dell'Anpi di Roma

Non è un caso che sia accaduto. Quando la memoria viene utilizzata solo per gli anniversari, quando la memoria viene “imposta” con percorsi limitati e non condivisi dagli studenti, quando il dialogo non si sa adattare alle nuove generazioni. Un campanello d’allarme che l’ANPI dovrebbe cercare di riconoscere e fare autocritica.

http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/10/26/news/giulio_cesare_gli_studenti_del_liceo_contro_la_presenza_dei_partigiani-45341391/?ref=HREC1-2

Fuori i fascisti dalle scuole!

Il 22 ottobre a Roma studenti incappucciati hanno fatto irruzione all’interno di due istituti classici. Secondo alcune testimonianze erano armati di bastoni e gridavano “Viva il Duce”. Blocco studentesco, organizzazione di estrema destra, rivendica l’azione. Il giorno dopo, sempre a Roma, con identiche modalità e sfoggio di bandiere nere, bastoni e lacrimogeni, c’è stata l’irruzione agli istituti Azzariti, Galilei e Alberti. Ormai è evidente l’arroganza con cui questi gruppi tentano di colpire la scuola pubblica, baluardo dei valori della nostra Costituzione democratica nata dalla Resistenza, cercando con queste azioni di avere una visibilità, di fare proseliti nella maniera a loro più consona. Leggi tutto “Fuori i fascisti dalle scuole!”

Venti di guerra

Niscemi è un paese in provincia di Caltanissetta al centro della Sicilia. Nel territorio comunale vi è una area naturale protetta dalla Regione Siciliana: la Sughereta, residuo di quella che un tempo era la più grande sughereta della Sicilia centromeridionale. All’interno di questa si sta installando una delle quattro stazioni del Muos – Mobile User Objective System. Nuovo sistema di telecomunicazione satellitare delle forze armate Usa; i lavori d’installazione di tre mega antenne satellitari sono prossimi alla conclusione. Leggi tutto “Venti di guerra”

I tedeschi salvano i carnefici di Sant’Anna di Stazzema

Lapide dedicata a Anna Pardini (20 giorni di età) uccisa a Sant'anna di Stazzema

Da “Il Fatto” un’intervista di Davide Vecchi a Franco Giustolisi

“L’Italia accetta in silenzio, questo è il vero schiaffo”

Le pratiche giudiziarie sulla strage di Sant’Anna di Stazzema furono chiuse a chiave in un armadio rovesciato contro il muro nella sede della Procura militare in via Acquasparta a Roma. L’armadio della vergogna fu poi “aperto” da Franco Giustolisi, inviato storico dell’Espresso, che in otto anni di lavoro l’ha riportato in un libro, pubblicato nel 2004 con Nutrimenti, in cui ricostruisce gli eccidi dei nazisti e dei fascisti di Salò. Documenti nascosti, sostiene Giustolisi, per proteggere i carnefici.
“E oggi con l’archiviazione è stata seppellita di nuovo la verità e noi facciamo la figura dei peracottari”.
Cosa si aspettava?
“Che le nostre sentenze fossero rispettate. E invece anche oggi sento solo silenzio, il silenzio più assoluto. C’è stata anche un’interrogazione al governo firmata da 106 senatori del Pd, nessuno ha risposto. Ma da chi siamo rappresentati? Perché non intervengono con la Germania? Quale segreto c’è dietro a questa omertà? Noi abbiamo sempre accolto le richieste tedesche, ci hanno raccontato che il colonnello Klapper, carnefice delle fosse Ardeatine, era fuggito dall’ospedale del Celio. E più volte il nostro governo ha concesso la grazia ai loro, in cambio sputano nelle nostre sentenze. Su un lavoro certosino svolto dai carabinieri Romano e Schulz, dal pm De Paolis dopo. Assurdo”.
Marco De Paolis, il procuratore militare di Roma che istruì il processo ai dieci ex militari tedeschi condannati all’ergastolo per la strage di Sant’Anna di Stazzema, ha ricordato che alcuni erano rei confessi.
“E la sentenza di condanna di primo grado è stata confermata integralmente dalla Corte militare d’appello e poi dalla Cassazione. Capisce? Dall’armadio della vergogna alla vergogna dell’armadio. Lo schiaffo maggiore arriva dall’Italia, che rimane in silenzio. L’Anpi in primis è immobile. Perché? Quale è l’inconfessabile segreto? Non lo sapremo mai, probabilmente. Ma io non mollo. E il 5 andrò al tribunale militare per la sentenza di convalida per uno degli assassi di Cefalonia, reo confesso. Dobbiamo andare in molti, far vedere che a noi interessa la verità. E che la Germania deve rispettare la giustizia e il nostro Paese”.

http://anpimirano.it/2012/12-agosto-1944-strage-di-santanna-di-stazzema/

La strage inventata della “corriera fantasma”

Il 6 ottobre del 1962 furono ritrovati in un terreno vicino a San Giovanni Persiceto (Emilia-Romagna) i resti di numerosi scheletri, senza indumenti e oggetti che potessero far risalire all’individuazione dell’origine dei cadaveri. All’epoca l’istituto di medicina legale di Bologna evidenziò che le cause e il periodo preciso della morte non erano identificabili. Il giudice incaricato delle indagini concluse che gli scheletri appartenevano a vittime di rappresaglie, fasciste o della Resistenza, della Seconda guerra mondiale, anche se la loro identità non venne mai a galla. Un’altra ipotesi sosteneva che erano vittime della peste del 1630. Visto il clima di quegli anni l’ipotesi che aveva preso maggiormente piede era quella di essere di fronte alle vittime di un agguato da parte di un gruppo di partigiani a persone legate al fascismo. Nel maggio del 1963, nella chiesa della Collegiata, ci furono i funerali in forma solenne con le cassettine zincate portate al cimitero e fu eretta una lapide sul luogo del ritrovamento. Lo scorso anno, Carlo d’Adamo e William Pedrini dell’Anpi di Persiceto, convinti che gli scheletri fossero di un epoca piu’ remota, chiesero e ottennero il permesso per la riesumazione degli scheletri per cercare di datare con il carbonio 14 (materiale poco amato anche in altre occasioni dai numerosi pseudo-storici nostrani) l’età dei resti. Le ossa sono state riesumate il 23 aprile scorso e pochi giorni fa sono giunti i risultati delle analisi effettuate nel laboratorio Cedad di Lecce che datano le ossa ad un periodo che va dalla fine dell’800 all’inizio del 1100 dopo Cristo.

http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/provincia/2012/09/07/768571-resti-ossa-morti-da-mille-anni-san-giovanni-persiceto.shtml

Roberto Roversi (28 gennaio 1923 – 14 settembre 2012)

Roberto Roversi partigiano, poeta, scrittore, libraio

Mi fermo a guardare

Non correre. Fermati. E guarda.
Guarda con un solo colpo dell’occhio
la formica vicino alla ruota dell’auto veloce
che trascina adagio adagio un chicco di pane
e così cura paziente il suo inverno.
Guarda. Fermati. Non correre.
Tira il freno alza il pedale
abbassa la serranda dell’inferno.
Guarda nel campo fra il grano
lento e bianco il fumo di un camino
con la vecchia casa vicina al grande noce.
Non correre veloce. Guarda ancora.
Almeno per un momento.
Guarda il bambino che passa tenendo la madre per mano
il colore dei muri delle case
le nuvole in un cielo solitario e saggio
le ragazze che transitano in un raggio di sole
il volto con le vene di mille anni
di una donna o di un uomo venuti come Ulisse dal mare.
Fermati. Per un momento. Prima di andare.
Ascoltiamo le grida d’amore
o le grida d’aiuto
il tempo trascinato nella polvere del mondo
se ti fermi e ascolti non sarai mai perduto.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/16/chiedi-chi-era-roberto-roversi-2/354237/

11 settembre 1973: golpe in Cile

La copertina de "L'Espresso" con l'articolo di G.G.Marquez sul golpe cileno

L’11 settembre del 1973 il generale Pinochet, alla guida delle forze armate golpiste, prese il potere in Cile, facendo finire nel sangue il governo di sinistra del presidente Salvador Allende, il primo presidente marxista della storia dell’America latina. Nel bellissimo corto del 2002 del maestro Ken Loach presente all’interno di “11 settembre 2001”, un profugo cileno a Londra scrive una lettera ai familiari delle vittime dell’11 settembre 2001, ricordando loro l’altro 11 settembre, quello del golpe del 1973.
Questo è il testo del film, che descrive benissimo le fondamentali complicità del governo americano dell’epoca:

Care madri, cari padri e persone di coloro che sono morte l’11 Settembre a New York, sono cileno, vivo a Londra e vorrei dirvi che forse abbiamo qualcosa in comune: i vostri cari furono assassinati come lo furono i miei; abbiamo anche la data in comune, l’11 Settembre, martedì 11 Settembre. Leggi tutto “11 settembre 1973: golpe in Cile”