Minuto di silenzio contro il premier: In classe il prof legge la Costituzione (Corriere della Sera)

Minuto di silenzio contro il premier

In classe il prof legge la Costituzione

La protesta all’istituto Majorana di Mirano, al Mozzoni di Mestre e al Tommaseo di Venezia. Donazzan: basta politica in aula, lo facciano per l’alpino morto.

MIRANO – «Allora, ragazzi. La teoria kantiana dice che…» Marta Traverso, quarta superiore, liceo Majorana Corner di Mirano alza gli occhi. La professoressa davanti a lei ha smesso improvvisamente di spiegare. Si è avvicinata alla cattedra e ha preso un libro: la Costituzione Italiana. «Voglio leggervi gli articoli che si riferiscono alla scuola, e la descrivono come libera e aperta a tutti», spiega K.B. ai suoi studenti, e comincia a leggere. Gli articoli sono quattro: 9, 33, 34, 54. «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento – recita la docente – la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi». Nell’aula accanto, succede la stessa cosa. E in quella dopo lo stesso.
E’ accaduto in una ventina di sezioni del liceo scientifico Majorana di Mirano, ma anche all’istituto magistrale Tommaseo di Venezia e all’istituto professionale Mozzoni di Mestre. Una protesta messa in campo dagli insegnanti contro le parole dette sabato dal premier Silvio Berlusconi, che si è scagliato contro la scuola pubblica, dicendo che lì «gli insegnanti inculcano idee diverse da quelle che vengono trasmesse nelle famiglie». In alcune classi i docenti hanno letto la Costituzione, in altre c’è stato un minuto di silenzio. «È stata un’iniziativa autonoma mia e dei colleghi – spiega G. B., professore di disegno e storia dell’arte del liceo Majorana – ci siamo sentiti per messaggi, dopo aver sentito le affermazioni del Presidente del Consiglio e avevamo deciso di partecipare anche noi alla “protesta” del minuto di silenzio. Poi l’idea di fare qualcosa di più corposo, leggendo ai ragazzi quattro articoli della Costituzione, per farli riflettere. Non c’è stato alcun dibattito politico, serve di più riflettere su queste cose».
La protesta si è diffusa in tutta la regione. A Vicenza è stato il dirigente scolastico stesso dell’istituto comprensivo di Sandrigo a scrivere ai docenti per manifestare la «stima e il rispetto per quanto ogni giorno fate e per i lodevoli risultati che conseguite», mentre nel pomeriggio il Collegio docenti ha approvato una mozione che ha chiesto le dimissioni di Gelmini e Berlusconi. A Treviso, a prendere posizione sono stati i docenti dell’Itis Plank: «È difficile educare seriamente quando ci si confronta col discredito che da tempo viene gettato sul personale della scuola – scrivono in una lettera aperta – le chiediamo, se non un provvidenziale passo indietro, almeno un doveroso silenzio». E mentre in mattinata anche l’assessore alle Politiche educative del Comune di Venezia, Andrea Ferrazzi è intervenuto: «Dette dall’attuale presidente del Consiglio le esternazione appaiono, oltre che offensive, grottesche», in vista della protesta patavina, (prevista oggi) l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan è intervenuta polemicamente: «Vengo a sapere che alcune scuole a Padova avrebbero l’intenzione d’inscenare l’ennesima manifestazione politica anti-governativa con un minuto di silenzio. Che lo osservino per l’alpino, il tenente Massimo Ranzani, peraltro figlio della nostra Terra, caduto oggi in Afghanistan, cosa che quasi certamente non hanno fatto per gli altri nostri caduti. Basta con la politica in classe ».

Alice D’Este
01 marzo 2011

Corriere della Sera

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/cronaca/2011/1-marzo-2011/minuto-silenzio-contro-premier-classe-prof-legge-costituzione-190125836358.shtml

Sit In – Bella Ciao al consiglio comunale

Inviamo gli articoli de “La Nuova Venezia” e de “Il Gazzettino” riportanti la notizia del sit-in tenutosi a Mirano, ieri sera, contro la volontà della Giunta Comunale di centro-destra di intitolare una via al repubblichino Giorgio Almirante.

La pronta risposta dell’Anpi provinciale, del Miranese e della Riviera del Brenta insieme alla cittadinanza ha fatto si che il Consiglio Comunale facesse un passo indietro, garantendo una convocazione del Consiglio in altra data invitando l’Anpi a partecipare.

LA SECONDA GIOVINEZZA DEL PARTIGIANO VIANELLI, articolo da “Il Fatto Quotidiano”

di Nando Dalla Chiesa
dal “il Fatto Quotidiano” del 7 novembre 2010

Fosse stato catturato dai tedeschi non avrebbe parlato. Garantito. Perché è un uomo tutto d’un

pezzo; e perché non parla nemmeno con gli amici. Provate voi a strappargli più di due parole al

minuto a questo partigiano che alla soglia dei novanta è stato adottato con infinito amore e rispetto

da un gruppo di ventenni del lago d’Iseo. L’osteria ospita una scena quasi letteraria. La chioma

candida di Paolo Vianelli, il viso del contadino in pace con se stesso, si stringe con arguzia davanti a

un Monella di Franciacorta che gli amici più giovani gli hanno apparecchiato, perché racconti a

tarda sera le sue idee e il suo passato all’interlocutore venuto da fuori.

SONO UN GRUPPO effervescente, questi ventenni. Quasi tutti studenti universitari: Enrico a

ingegneria, Alessandro a scienze politiche, Francesco e Alessandra a lettere. Più Paolo, bancario,

più Francesca che ha appena passato l’orale di avvocato. Crescono di mese in mese nei paesi del

bresciano. Perché dentro l’Anpi di Brescia è nata un’associazione giovanile che non evoca né

reducismi né cerimonie. Quelle le lascia, come è giusto, a chi ha combattuto per la libertà negli anni

del ferro e del fuoco. Si chiama “Nuova Resistenza” e l’età media è circa un quarto di quella

dell’Anpi. Sono tanti soprattutto a Provaglio d’Iseo e a Palazzolo sull’Oglio. Vogliono dare attualità

ogni giorno ai valori degli anziani. Più della Shoah, per capirsi, si parla di sinti, rom e camminati. E,

più di piazza Venezia, delle nuove forme dell’autoritarismo o dei nuovi cervelli all’ammasso. Si

sono scelti un nonno. Mica un eroe famoso, ma un partigiano sconosciuto, questo semplice

presidente onorario dell’Anpi di Provaglio. “Un presidente che non parla mai”, sorride lui come a

ribadire il concetto all’interlocutore. E che, se parla, lo fa in dialetto con delle belle gutturali che

ricordano in realtà le valli bergamasche. “E dai, raccontagliela”, insistono Paolo e Alessandro. Loro

le sue storie le sanno a memoria, e quasi lo imboccano.

Ecco, finalmente. Faceva il balilla, il Paolo Vianelli. “Quante balle dicevano”, quasi si dispera per

quel suo passato, ma aggiunge che se ne vendicò rifiutando da ragazzo la camicia nera. Mica per

politica, ma per la dignità imparata nella famiglia contadina dove non gli davano troppa corda

neanche di fronte ai successi sportivi. Andava forte nel mezzofondo, gli piacevano da matti i

tremila. Dopo una gara vinta a Brescia gli proposero di fare la carriera di podista, ma il padre disse

no. Che se ne faceva di un podista in casa una famiglia dedita all’orto e al vigneto? Così lui era

costretto a correre con scarpe che si faceva da solo, con la cotica di maiale. Quando riascoltano

l’aneddoto i ragazzi si entusiasmano. Nessuna nostalgia. Gli sembra solo, moralmente, di ascoltare

la leggenda di un’età dell’oro. Lo incalzano. “Digli che però poi un atleta in casa l’avete avuto”. È

vero, c’è stato Marco Vianelli, suo figlio, che divenne campione olimpico del ciclismo su strada in

Messico, nel 1968. E poi si diede al professionismo, qualche tappa al giro d’Italia, una meteora che

non smosse di un millimetro la ritrosia paterna; niente gloria, siamo contadini con i piedi per terra.

“E DIGLI DI QUANDO hai fatto il partigiano, Paolo, è bella la tua storia”. “Eh, la mia storia, ciao,

è difficile raccontarla. Ero militare e mi mandarono in Yugoslavia. Spalato, Dubrovnik, ci facevano

fare i rastrellamenti dei partigiani di Tito. Ma dopo l’8 settembre io passai con loro. Restammo tutti

senza ordini, allo sbando. Prima ci presero i tedeschi, ma qualche ora dopo ero già con i titini. Una

vita di miseria, si mangiava farina bianca mescolata con l’acqua, ma era colla, mica minestra.

Quando non ce n’era più ci smistavano nelle case dei contadini, ma quelli erano più poveri di noi”.

Si mette la testa nelle mani, il partigiano Paolo, pensando alla miseria, a quando la fame superava il

disgusto per la sporcizia. Ma anche perché, confidano i giovani che ne hanno carpito i segreti,

durante la Resistenza ha visto troppe “brutte cose”, e qualcuna ha dovuto farne pure lui. Per questo

lo amano, per questa umanità che gli stende una cortina di pudore intorno. Ora qualcosa della

Resistenza racconta nelle scuole. Con modestia, rispondendo alle domande “che capisco anch’io”.

Fa un fulmine di smorfia quando Alessandro gli spiega che hanno pensato di far cantare Giovinezza

a Sanremo. Dice che gli sembra che si stia andando indietro: “Oh, tutti che licenziano”, e non gli

piace questa “assenza di regole”. “Non va mica tanto bene”, dice guardando fisso negli occhi chi gli

sta di fronte, e in quel commento semplice c’è un giudizio sul prima e sul dopo, sul mondo e sul

progresso, “che ci ha fatto stare meglio”.

“Noi lo amiamo per questo”, spiega Alessandro. “Noi non sentiamo il bisogno di eroi. Oggi c’è

bisogno di persone normali come lui, che anche senza avere studiato sappiano, nella storia, da che

parte stare. Non è questo che ci manca? Per questo ce lo coccoliamo. Per questo noi di Nuova

Resistenza gli vogliamo bene”

http://www.scribd.com/doc/41425222/La-seconda-giovinezza-del-partigiano-Vianelli