Osservatorio sulle riforme costituzionale

costituzione_italianaIl 10 dicembre, a Roma, nella sede nazionale dell’ANPI si è costituito un “Osservatorio” sulle riforme costituzionali, sulla legge elettorale e sul problema della rappresentanza dei cittadini, con la presenza di numerosi rappresentanti di Associazioni e di diversi soggetti, partecipanti a titolo personale.
La proposta di istituire l’”Osservatorio” presso l’ANPI, era venuta da numerose Associazioni che avevano visto nell’ANPI la sede più idonea a realizzare un punto di incontro, di confronto e di riflessione su temi così rilevanti. La proposta è stata accolta dall’ANPI che ha manifestato la sua disponibilità, a condizione del più rigoroso pluralismo ed ha promosso il primo incontro tra promotori ed aderenti. In quella sede è stata chiarita, prima di tutto, la ragione della scelta della sede presso l’ANPI, nel senso che tutti hanno concordato sul valore anche simbolico di incontrarsi in un luogo in cui i valori e i princìpi costituzionali sono al primo posto, non solo per la tradizione storica dell’Associazione, ma anche perché essi fanno parte degli stessi indirizzi statutari dell’ANPI, che naturalmente non pretende di avere l’esclusiva in materia, ma la considera tra le più rilevanti delle proprie finalità ed è perciò idonea a costituire un punto di incontro per tutti coloro che assumono come bussola i valori della Costituzione. In secondo luogo, si è cercato di precisare i contenuti, le finalità e le modalità di azione dell’”Osservatorio”, concordando che gli aspetti “organizzativi” saranno meglio definiti in prosieguo, anche in via sperimentale, partendo per altro dal presupposto dalla necessità di disporre, per quanti credono nei valori della Costituzione, di una sede di ricerca, di confronto, di riflessione e, all’occorrenza, di iniziative, che attualmente manca, con la conseguenza che ciascuno assume le posizione che ritiene giusta e opportuna, ma senza un valido e continuo confronto e coordinamento. Pubblicheremo, in seguito, il Comunicato finale della riunione e indicheremo le principali adesioni, singole e di Associazioni. Fin d’ora, desidero rimarcare il carattere pluralista dell’iniziativa, il rifiuto di qualsiasi collocazione politica dell’Osservatorio e la piena concordanza sull’esigenza di tutelare, non solo i valori di fondo della Costituzione, ma gli stessi princìpi basilari della partecipazione, della rappresentanza e, in definitiva, della democrazia. Un’iniziativa importante, dunque, e necessaria. In una fase molto delicata della nostra stessa politica e istituzionale, il richiamo ai valori della Costituzione e della democrazia può costituire un riferimento importante per tutti coloro che ritengono che il fondamento della convivenza civile del nostro Paese non può essere costituita da altro se non dai princìpi su cui si basa la Costituzione, nata dalla Resistenza e dell’antifascismo.
Naturalmente, l’”Osservatorio” è aperto all’adesione di quanti si riconoscono nei suoi obiettivi e nei valori di fondo cui si ispira.

Carlo Smuraglia, Presidente dell’Anpi

Con la riforma della Costituzione sarà più facile dichiarare guerra

costituzione_italianaLa notizia si diffonde timidamente, anche grazie alla recente presentazione di emendamenti alla Camera dei Deputati: ma con gli altri importanti temi sul tavolo politico, il rilancio fatica ad uscire dalla sordina. Eppure stiamo parlando di una modifica costituzionale che va addirittura a toccare la deliberazione dello stato di guerra. È una delle conseguenze dirette della Riforma Costituzionale Boschi con il riordino delle attribuzioni parlamentari voluto da Renzi. Ciò in automatico tocca tutte quelle funzioni ora attribuite in modo paritetico alle due Camere, tra cui appunto la possibilità di dichiarare guerra prevista dall’Articolo 78 della Costituzione repubblicana. Una scelta che davvero spiazza, considerato che comunque il Senato — cosiddetto delle autonomie — non è stato cancellato e che anche da esso passerà, ad esempio, la procedura di elezione del Presidente della Repubblica. Per la quale continuerà a valere la regola di una maggioranza qualificata, mentre invece si potrà decidere di iniziare una guerra con uno Stato estero solo con il voto della Camera dei Deputati e addirittura a maggioranza semplice.
Pare proprio che qualsiasi tentativo di modifica, che sia per inserire nuovamente anche il Senato nella decisione o quantomeno per innalzare il quorum necessario alla dichiarazione, verrà respinto dal Governo Renzi alla Camera, dove la discussione giace attualmente in Commissione Affari Costituzionali, come già successo al Senato. Il risultato, per certi versi paradossale, sarebbe quello di avere un accesso più facile ad una decisione grave come questa, addirittura rendendola meno difficile da prendere della già nominata elezione del Capo dello Stato. Inoltre l’effetto combinato con la riforma della legge elettorale, anch’essa sul tavolo parlamentare, ci potrebbe proiettare in una situazione per cui una minoranza non solo dell’elettorato ma anche del totale dei voti espressi, grazie al premio di maggioranza, potrebbe permettersi una dichiarazione di guerra in assoluta autonomia rispetto al resto del Paese.
Chiaramente non stiamo dicendo che la riforma istituzionale attualmente in discussione abbia come obiettivo principale quello di permettere ad un prossimo governo di poter andare a far la guerra facilmente in giro per il mondo… Ed oltretutto è ormai passato il tempo in cui i conflitti bellici venivano dichiarati formalmente dagli ambasciatori, con una sorta di antico galateo tra Stati. Ormai viviamo in un mondo dalla conflittualità liquida e diffusa, in cui la parola d’ordine per le frizioni politico-economiche è «bassa intensità» con il minore coinvolgimento possibile degli apparati pubblici e statali. Eppure dal punto di vista squisitamente politico si tratta di un passaggio problematico e non banale. Perché ancora una volta, come accade per molte altre questioni fondamentali nella vita del Paese e dei suoi Cittadini, si impoverisce il confronto politico riducendo la questione ad una decisione presa in ambiti ristretti e con una estremizzazione dell’idea di «vertice». Si continua insomma verso quella vocazione leaderistica che ha drogato la politica italiana negli ultimi anni per cui tutto appare sacrificato all’altare della cosiddetta «governabilità» o meglio ancora del decisionismo. Anche su un tema, come quello della guerra e della pace, in cui invece la riflessione calma e approfondita dovrebbe essere naturale ed imprescindibile.
Una modifica di prospettiva che sta avvenendo ad un secolo esatto di distanza dal primo conflitto mondiale: la sanguinosa Grande Guerra di cui tutti oggi ricordano orrori e distruzioni. Ma forse questo ricordo è celebrato solo perché siamo (solo in Italia) tranquillamente lontani nel tempo da morti, sangue, fame e conseguenze negative. Vogliamo davvero un modello di società in cui le decisioni più gravi ed importanti vengano prese in poco tempo e sulla base di un mandato conferito da una minoranza del Paese? Speriamo proprio di no. Ed anche per questo sarà opportuno che il mondo della Pace e della nonviolenza si faccia sentire con forza su questo ennesimo tentativo pasticciato di indebolire i capisaldi della nostra Carta Costituzionale.

Francesco Vignarca, Il Manifesto del 12 dicembre 2014

Giornata della Memoria: 11 dicembre 2014

Giovanni Garbin, Severino Spolaor, Bruno Garbin, Cesare Spolaor, Giulio Vescovo, Cesare Chinellato
Giovanni Garbin, Severino Spolaor, Bruno Garbin, Cesare Spolaor, Giulio Vescovo, Cesare Chinellato

Quando ammazzarono i giovani in piazza è stata una cosa terribile: mia sorella era morta nel 1944 a dicembre e dopo una settimana eravamo andati a messa e abbiamo visto questo spettacolo. Da casa nostra non avevamo sentito né fucilate, né niente, invece la mamma della Francesca, che aveva il negozio di alimentari in piazza, aveva sentito uno che si lamentava: era quello che abbiamo visto sotto il pilastro.
Avete capito se furono fucilati o morirono per le sevizie?
Quelli non avevano sangue, l’unico su una pozza di sangue era quello in mezzo alla piazza, Chinellato. Gli altri furono seviziati e avevano le mani in tasca. Spolaore era bianco, un altro era Garbin ma non era nostro parente; li abbiamo visti là in fila, uno era da Sansoni, due erano sulla muretta vicino a Pavan, ma quelli non li abbiamo visti. Quando siamo usciti dalla chiesa abbiamo saputo che era stato un ufficiale tedesco a farli portare via: andò da una famiglia che conosceva e disse: “Li ho fatti portare via. Cos’hanno fatto quei disgraziati?”. Si vede che era uno che aveva un po’ di umanità – perché era lunedì, era giorno di mercato – li presero e li caricarono su un carretto con sopra una coperta.

Così Anita Garbin, intervistata da Luciana Granzotto, ricorda il giorno dell’11 dicembre 1944 quando sei giovani partigiani del gruppo di Luneo vennero catturati in conseguenza della delazione di una spia e, dopo un sommario interrogatorio, furono seviziati e trucidati dalla barbarie fascista. Si chiamavano Cesare Chinellato, Bruno e Giovanni Garbin, Cesare e Severino Spolaor, Giulio Vescovo.

In occasione della commemorazione della Giornata della Memoria, gli studenti del Liceo Majorana Corner, la mattina dell’11 dicembre 2014, si troveranno in Piazza Martiri a Mirano dislocandosi nei diversi punti che hanno visto deposti i corpi dei Martiri uccisi dai nazifascisti e, assieme a volontari Anpi, Auser e a testimoni dell’eccidio, accoglieranno gli studenti delle classi terze della scuola media “G. Mazzini” di Mirano; ogni classe si fermerà nei vari posti ascoltando i racconti dei testimoni e gli interventi degli studenti del liceo.
Alle ore 10,00 al centro di Piazza Martiri, saluto da parte delle autorità comunali con la presenza degli studenti del liceo e di quelli delle scuole medie di Mirano e Scaltenigo.
Successivamente gli studenti della scuola media “G. Mazzini” torneranno nella loro sede mentre gli studenti della scuola media “Leonardo da Vinci” di Scaltenigo inizieranno a loro volta il percorso.

Alla sera, alle ore 20,45 in sala conferenze di Villa Errera, ci sarà la priezione del film di Stefano Ballini “Il treno che bucò il fronte”: un videodocumentario sulla memoria prende spunto dalle vicende che resero protagonista David Ballini detto “Carlino”, padre di Stefano e classe 1922, che l’8 settembre del 1943, al ritorno da una licenza, riuscì a sottrarsi al rastrellamento nazifascista con la disubbidienza contravvenendo cioè all’ordine dei tedeschi di scendere da un treno diretto a sud e rimanendovi a bordo a loro insaputa. Nel documentario giocano un ruolo determinante le testimonianze di alcuni sopravvissuti e dei familiari delle vittime di queste stragi. Ci sono le voci e i ricordi di Adriana Cresti e Mirella Lotti (superstiti di Pratale), Siria Pardini, Adele Pardini, Luciano Lazzeri, Graziano Lazzeri, Enrico Pieri, Mario Ulivi (superstiti di Sant’Anna di Stazzema), Fernando Piretti, Ferruccio Laffi, Anna Rosa Nannetti, Gian Luca Luccarini, Bruno Zebri,(superstiti e testimoni di Marzabotto).

La Giornata della memoria è stata istituita dal Consiglio Comunale nel 2003 e celebrata l’11 dicembre di ogni anno perché la più violenta rappresaglia che ha coinvolto il paese si era svolta in piazza Martiri l’11 dicembre 1944. Questa giornata è dedicata comunque a tutte le vittime del nazifascismo che caddero a Mirano nell’inverno 1944/45, a partire da Oreste Licori che fu fucilato l’1 novembre 1944, fino alla fucilazione il 17 gennaio 1945 di Luigi Bassi, Ivone Boschin, Dario Camilot, Michele Cosmai, Primo Garbin, Aldo Vescovo, Gianmatteo Zamatteo e alla morte in combattimento il 27 aprile 1945 di Luigi Tomaello e Mario Marcato e alla deportazione in Germania, da cui non fecero più ritorno, nel febbraio 1944 di Nella Grassini Errera e Paolo Errera.

Le foto della Giornata della Memoria 2013: http://imgur.com/a/xfvIc

il treno che bucò il fronte

Quelli che non condannano il nazismo

Neonazisti ucraini
Neonazisti ucraini

Una commissione delle Nazioni Unite ha esaminato recentemente un documento di condanna della glorificazione del nazismo. Il documento esprime “profonda preoccupazione per la glorificazione in qualsiasi forma del movimento nazista, neo-nazista e degli ex membri dell’organizzazione “Waffen SS”, anche attraverso la costruzione di monumenti e memoriali e l’organizzazione di manifestazioni pubbliche”.

Il voto finale ha prodotto questo risultato: 115 voti a favore, 55 astenuti, 3 voti contrari. I tre voti contrari sono stati quelli di Ucraina, Stati Uniti e Canada. L’Italia – nella sua qualità di presidente di turno dell’Unione Europea – ha dichiarato la propria astensione, trascinandosi dietro tutti i paesi europei.

La dichiarazione di voto italiana merita di essere qui riportata in base al resoconto sintetico che ne ha fatto lo stesso ufficio stampa dell’ONU:

“Spiegando il voto, ad avvenuta votazione, il rappresentante dell’Italia, che parlava a nome dell’Unione Europea, ha detto che l’Unione è impegnata a combattere il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e le correlate intolleranze, mediante sforzi generali a livelli nazionali, regionali e internazionali. I singoli stati sono stati liberi di decidere il contenuto del testo della risoluzione, tuttavia l’Unione ha avuto dubbi circa la sincerità del testo, visto che il sostenitore principale della risoluzione ha violato i diritti umani”.

Si noti che il rappresentante italiano ha evitato accuratamente di nominare il nazismo. E si capisce bene perché, avendo l’Unione Europea stretti rapporti con un governo – quello ucraino – che include forze apertamente inneggianti al nazismo. L’argomentazione usata è, del resto, non solo puerile, ma completamente ridicola perfino sul piano diplomatico. Se il voto di una qualsivoglia risoluzione fosse subordinato all’accertamento della buona fede del proponente, con ogni evidenza, non vi sarebbe nessun voto possibile in nessun consesso internazionale. In questo caso il proponente era, evidentemente, la Russia, non la potenza che tiene aperto il campo di prigionia di Guantánamo.

Impressionante lo schieramento dei tre voti contrari, con Stati Uniti e Canada principali e unici sponsor dell’Ucraina.
E particolarmente pregnante la dichiarazione di voto del rappresentante ucraino. Il quale ha dichiarato il voto contrario in questo modo:

“Lo stalinismo (sic) ha ucciso molte persone nei Gulag, e ha condannato Stalin e Hitler come criminali internazionali. Ha invitato la Federazione Russa a smetterla di glorificare e di incrementare lo stalinismo. Per queste ragioni ha detto di non poter appoggiare il documento. Ogni intolleranza va affrontata in modo equilibrato e appropriato. E’ errato manipolare la storia in favore della propria agenda politica. La Federazione Russa sta sostenendo gruppi neo-nazisti e nazionalisti in Crimea. Annuncia il voto contrario dicendo che la risoluzione contiene un messaggio errato.”

Chiunque può trarre le sue conclusioni da queste dichiarazioni che coprono di vergogna, almeno storicamente parlando, l’Occidente.
Ma, per provare vergogna, occorre conoscere i fatti. E i fatti resteranno sconosciuti ai più. Infatti questa notizia, insieme ai particolari che qui abbiamo fornito, è stata ignorata da tutti i quotidiani italiani e da tutte le televisioni italiane.

Giulietto Chiesa

Rifiuti nazi a Milano

26storie-concerto-lunikoff-tLa Skinhouse di Bollate ha preannunciato per sabato 29 novembre a Milano l’Hammerfest 2014, un raduno a livello europeo di band neonaziste. Sono attese almeno mille persone provenienti da tutta Europa. Già tre sono gli alberghi prenotati. Il posto del concerto è ancora tenuto rigorosamente segreto. Si scoprirà all’ultimo.
L’Hammerskin Nation, o Fratellanza Hammerskin, è un’organizzazione internazionale che dichiara di perseguire <<lo stile di vita White Power>> i cui obiettivi si possono riassumere nella frase di 14 parole coniata appositamente dal razzista americano David Lane (condannato negli Usa a 190 anni di carcere per assassinio e cospirazione): <<Dobbiamo assicurare l’esistenza del nostro popolo e un futuro per i bambini bianchi>>.
L’Hammerskin Nation, che preconizza la <<supremazia bianca>>, è stata fondata verso la metà degli anni ’80 negli USA da membri fuoriusciti dal Ku Klux Klan. Nel simbolo due martelli incrociati che marciano a passo dell’oca per abbattere implacabilmente i muri dietro i quali si nascondono le minoranze. Negli Usa hanno vandalizzato sinagoghe e compiuto innumerevoli aggressioni contro persone di colore. Sono considerati alla stregua di un’organizzazione criminale. Il nazionalsocialismo, per loro, è stato il primo tentativo di costruzione di un Nuovo Ordine.
Quali siano i loro riferimenti ideologici e politici, d’altronde, è facilissimo capirlo esaminando alcune band che dovrebbero esibirsi all’Hammerfest. Prima di tutto i Lunikoff, dalla storia emblematica. In origine si chiamava Endlösung (<<Soluzione finale>>) ed era formata da elementi provenienti dal gruppo neonazista Ariogermanische Kampfgemeinschaft (Associazione di Combattimento ariogermanica). Poi hanno preso il nome di Landser, gruppo disciolto nel 2003 perché giudicato in Germania <<un’associazione criminale>>, in quanto incitava alla discriminazione razziale. Il leader, Michael “Lunikoff” Regener è stato per questi reati arrestato e condannato. Si è quindi formata la band Die Lunikoff Verschwörung (<<Il complotto Lunikoff>>) nel cui logo compare una L con una spada, ossia le insegne della divisione di cavalleria SS Lützow, formata direttamente da Himmler nel 1945, negli ultimi mesi di guerra. Il loro primo album si intitolava Das Reich kommt wieder (<<Il Reich verrà di nuovo>>). I nemici indicati nella loro musica sono i neri, i turchi, gli extracomunitari, gli ebrei, gli omosessuali.
I Vérszerzodé sono invece una band ungherese appartenente al circuito Rac (Rock against communism) e di Blood and Honour. Il nome, letteralmente <<Giuramento di sangue>>, allude al patto stipulato, secondo la mitologia nazionalsocialista, dalle prime sette tribù fondatrici dell’identità magiara. Questa band ha suonato in occasione della ricorrenza annuale della battaglia di Budapest in cui all’inizio del 1945 la Wehrmacht e i suoi alleati ungheresi avevano tentato di contrastare l’avanzata dell’Armata Rossa: uno dei meeting più importanti della scena neonazista europea. Titolo e ritornello di una loro canzone dice: <<Ein Volk, ein Reich, ein Führer>>.
In Svizzera è stato negato loro per ben due volte l’ingresso, come banda xenofoba, mentre in Slovacchia i componenti sono stati addirittura arrestati. Il cantante Geri, in un’intervista, ha dichiarato che il suo obiettivo è la <<difesa delle nazioni bianche d’Europa>> e di essere a favore di una religione chiamata Odinismo, dal nome del dio teutonico Wotan. Anche i Kommando skin, di Stoccarda, sono impegnati nella lotta contro l’immigrazione e la religione ebraico-cristiana.
Diversi in cartellone i gruppi musicali della scena nazi-rock italiana. In primis i Gesta Bellica, una band di Verona formatisi nell’ambito del Veneto fronte skinhead. In passato, tra i loro membri, ha suonato anche Andrea Miglioranzi, condannato nel 1995 e nel ’96 per due aggressioni oltre che per istigazione all’odio razziale. Aderente al Movimento sociale fiamma tricolore, era stato eletto nelle liste del leghista Flavio Tosi, che nel 2007 lo aveva provocatoriamente nominato rappresentante del Comune nel locale Istituto per la Storia della Resistenza, incarico da cui aveva dovuto dimettersi per le proteste della città. I temi e le parole delle canzoni dei Gesta Bellica sono particolarmente significative.
Una è dedicata a Il Capitano, ossia al comandante delle SS Erich Priebke, condannato all’ergastolo per l’eccidio delle Fosse Ardeatine, presentato come un perseguitato (<<Un uomo solo contro il mondo e tutto il mondo è contro di lui>>), fedele agli ideali che loro stessi condividono (<<Lui non risponde alle vostre menzogne, lui non si piega e non lo farà mai. / La fedeltà è più forte del fuoco e quel fuoco brucia dentro di noi>>), fino a lanciarsi nel ritornello ossessivamente ripetuto: <<Liberate il Capitano!>>. In un’altra canzone, Giovane patriota, si esaltano le divisioni delle Waffen-SS che nel 1945 a Berlino si arroccarono disperatamente a difesa del bunker di Hitler giurando di continuare la loro battaglia: <<Giovane patriota, ormai non sei più solo! / L’enorme orda rossa ormai sta dilagando, / ma non mi arrenderò, sarò fedele al giuramento!>>. I nemici sono la società multirazziale, gli immigrati, il mondialismo, i pedofili (<<Nessuna pietà per chi non ha pietà! / Pedofilo bastardo giustizia ci sarà! / Pena di morte, pena capitale! / Pedofilo maiale tu devi morire!>>. Si cantano i <<martiri delle foibe>> e si inneggia all’irredentismo italiano: <<In Italia tornerà la Dalmazia, Fiume ed Istria!>>.
Seguono i Malnatt, di Milano, che declamano: <<Soldati di una guerra che feriti non farà / giovani rasati, sguardi affilati /scolpiti nella fede e senza pietà! / Il mondo ci appartiene, noi non avremo pietà! / Il giorno sta arrivando per noi della croce celtica! >>. In un’altra canzone Resistenza bianca: <<Con il braccio teso ti saluterò! /Sono della Resistenza bianca!>>.
Ci fermiamo qui. Non crediamo ci sia bisogno di aggiungere altro. Hammerfest 2014, organizzato dalla Skinhouse, come il meeting dello stesso tenore promosso più di un anno fa, il 15 giugno 2013 a Rogoredo, sarà un’esibizione sfacciata di neonazismo, razzismo e xenofobia. Milano sta ormai diventando la capitale europea dei raduni neonazisti. Solo il 1° Novembre scorso si è tenuto un con¬certo di Black metal di ispirazione nazionalsocialista in una discoteca di via Corelli, l’ex Factory, con oltre 400 partecipanti giunti dall’Austria, dalla Germania e dalla Finlandia.
Qui grazie alla compiacenza del Prefetto e del Questore di Milano, la benevolenza di alcune istit-uzioni locali, la Regione, in primo luogo, l’apologia di fascismo, l’incitamento al razzismo e alla xenofobia, non consentiti in altri paesi, stanno diventando di casa. Il sindaco Giuliano Pisapia questa volta ha battuto un colpo. <<Abbiamo posto la questione a tutti i livelli, anche istituzionali>>, ha pubblicamente dichiarato, <<per impedire un ulteriore sfregio ai valori della Costituzione>>. Vedremo.

Saverio Ferrari, Marinella Mandelli, 25.11.2014, Il Manifesto

Le bufale (e le manipolazioni) di Wikipedia

BoKEHNeIEAEg-x-.jpg largeWikipedia non è mai stata una fonte attendibile: lo dimostra questo articolo che svela manipolazioni fatte ad arte, invenzioni, falsificazioni, strategie per sviare l’attenzione da queste falsificazioni. E guarda caso i più attivi in queste operazioni sono utenti chiaramente di destra e neofascisti, che intervengono sulle voci “sensibili” alla loro ideologia: Porzus, foibe, partigiani, storici e studiosi come Claudia Cernigoi (la cui voce su Wikipedia è stata “bannata” proprio per l’intervento di questi individui). Riportiamo qui la parte dell’articolo che parla di Franco Basaglia, antifascista e incarcerato per la sua attività contro il regime il 4 dicembre del 1944 e fatto passare su Wikipedia per repubblichino. Questo l’articolo di Nicoletta Bourbaki, quello completo lo potete leggere su     http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=19327 .

Come l’antifascista Franco Basaglia divenne repubblichino su it.wikipedia

È capitato anche che Presbite, dall’alto del suo ruolo di “esperto”, si sia prestato a “coprire” operazioni sporche di altri utenti. Per capire in che modo il futuro psichiatra Franco Basaglia (1924 – 1980), incarcerato per antifascismo già all’età di 19 anni, su it.wikipedia sia diventato… repubblichino grazie all’utente Theirrules e con l’imprimatur di Presbite, ecco la storia dell’inserimento in it.wiki della “notizia”.
«Franco Basaglia nasce a Venezia l’11 marzo 1924, da una famiglia agiata. Secondogenito di tre figli, trascorre un’infanzia e un’adolescenza serene nel caratteristico quartiere veneziano di San Polo. Conclusi gli studi classici, nel 1943 si iscrive alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Padova. Qui entra in contatto con un gruppo di studenti antifascisti e, a seguito del tradimento di un compagno, viene arrestato e detenuto per sei mesi, fino alla fine della guerra. Esperienza che lo segna profondamente e che rievocherà anni dopo parlando del suo ingresso in un’altra istituzione chiusa: il manicomio.» (Mario Colucci – Pierangelo Di Vittorio, Franco Basaglia, Bruno Mondadori Editore, Milano 2001, pag.1)
6 agosto 2011: nella talk di Presbite Sandro_bt chiede se si può “chiudere” sulla voce “Eccidio di Vercelli”, alla quale una nutrita compagnia – coordinata da chi? Da Presbite, naturalmente – sta lavorando da molto tempo.
Theirrules chiede qualche giorno di tempo dicendo di avere una notiziola interessante da inserire.
11 agosto 2011: Theirrules annuncia nella talk della voce di aver trovato una fonte che indica Basaglia come repubblichino della colonna Morsero. La fonte è un libro di Bruno Vespa,Vincitori e vinti (2005).
4 novembre 2011: l’utente Jose Antonio inserisce nella voce “Franco Basaglia” la “notizia” su Basaglia repubblichino, indicando come fonti Bruno Vespa e il defunto “foibologo” di estrema destra Marco Pirina. L’inserimento viene subito perfezionato da Theirrules.
Bruno Vespa. In un suo libro del 2005 la notizia falsa su Basaglia repubblichino, poi ripresa dai wikinazionalisti. Ecco la citazione: «Al termine della guerra, i militi dei reparti Pontida e Montebello si arresero e vennero trasferiti al campo sportivo di Novara (tra essi, il giovane Franco Basaglia, che sarebbe divenuto negli anni Settanta il capostipite della psichiatria progressista.» La fonte di Vespa (o chi per lui) sembra proprio essere il “foibologo” Marco Pirina, oggi scomparso. Conoscendo il lavoro di Pirina, quest’ennesimo esempio di storiografia “creativa” è ben lontano dal sorprenderci.
5 novembre 2011: l’amministratore Piero Montesacro smonta la bufala portando in talk come fonte autorevole una monografia su Basaglia di Colucci e Di Vittorio. Provvede anche a rimuovere dalla voce “Franco Basaglia” la falsa notizia su Basaglia repubblichino.
1 maggio 2012: Theirrules inserisce la falsa notizia su Basaglia repubblichino nella voce sull’eccidio di Vercelli, asserendo falsamente che tale notizia è già presente nella voce su Basaglia.
21 luglio 2012: Presbite propone di avviare la procedura per il riconoscimento della voce sull’eccidio di Vercelli come voce di qualità.
20 agosto 2012: la voce sull’eccidio di Vercelli viene riconosciuta voce di qualità col voto favorevole del proponente Presbite, di Jose Antonio, di Arturolorioli e del “referee” Adert.
E così diventa “di qualità” anche la bufala sul passato repubblichino di Basaglia. Un’autentica calunnia che verrà rimossa solo nel 2014 dopo una segnalazione avvenuta su Giap.
@Wu_Ming_Foundt @footymac matricola carcere S.M. Maggiore Venezia del noto “fascista” Basaglia arrestato 4/12/1944 pic.twitter.com/5McHEa0SQn ( Iveser Venezia (@IveserVenezia) May 21, 2014).

Franco Giustolisi, la penna che spalancò «L’Armadio della vergogna»

varie-letizia-2443La scomparsa di Franco Giustolisi, storico collaboratore del manifesto, priva di una personalità forte e dal carattere senz’altro deciso non solo i molti suoi lettori ma anche i tanti tra storici, studiosi e magistrati che, nel loro campo distinto, si sono avvalsi della sua voce critica.
Dopo aver attraversato un trentennio da «inviato speciale» su politica, carceri e lotta armata nell’Italia degli anni ’60-’70, dalla metà degli anni Novanta, in piena transizione post-’89, Giustolisi si incaricò di fare i conti con le radici storiche e le aporie memoriali italiane che proprio dalla Guerra Fredda erano derivate. La sua inchiesta più nota ha finito per comporre una semantica che ha resti­tuito un’immagine diretta e irriducibilmente conflittuale alla storia delle stragi nazifasciste.
È infatti grazie all’immagine figurativa de L’Armadio della Vergogna, titolo del suo celebre volume che racconta l’occultamento della documentazione sulle stragi nazifasciste in Italia, che l’opinione pubblica nazionale, ha iniziato ad elaborare una vicenda che richiamava tutte insieme le ragioni della Guerra Fredda e quelle di Stato; l’impunità dei colpevoli e le ragioni mortificate delle vittime fino alle contronarrazioni antipartigiane usate per «dare un senso» e «spiegare» l’indicibile. Se oggi chiunque si avvicini alla materia può utilizzare quello strumento come sintesi di una dialettica com­plessa lo deve proprio alla sua capacità di rendere intellegibile una questione tanto complessa quanto fondamentale.
Lo Stato italiano mentì, occultando le carte e la documentazione delle stragi di civili, la classe diri­gente del paese concertò un silenzio politico «costiutente», prodromico ad ogni rifondazione di istit­uzioni travolte dalla frattura della guerra civile, l’opinione pubblica dell’epoca, infine, preferì dimen­ticare quelle tragedie e con esse le sue responsabilità rispetto al consenso al fascismo.
L’impronta ed il nome dati a quel lavoro di denuncia acquisirono all’epoca, era il 1994, e mante­ngono oggi una loro unicità di significato come accade solo a quel giornalismo d’inchiesta capace di sottrarsi al circuito della «disinformazione quantitativa» che oggi sembra rendere fatti ed eventi di qualsivoglia natura del tutto indistinguibili sul piano della rilevanza pubblica e valoriale.
Il metodo usato ed il senso attribuito agli eventi che Franco Giustolisi, cittadino onorario di Sant’Anna di Stazzema, ha raccontato nel corso della sua battaglia per la verità e la giustizia sulle stragi hanno permesso al suo lavoro di collocarsi in una misura disciplinare trasversale tra storia, diritto e politica, ricollocando l’inchiesta nella sua dimensione pubblica di rapporto tra diritto e dovere all’informazione nella società contemporanea di «rete». L’armadio della vergogna non ha «solo» ridato voce a chi venne travolto dalle logiche militari della guerra ai civili ma rappresenta quel profilo d’indipendenza dell’informazione che, necessario in natura, in epoca di «consensocrazia» diventa indispensabile.

Davide Conti (Il Manifesto del 11/11/14)

Anche un sardo fra i giovani partigiani caduti nella Battaglia del Parauro

v2nb0c9Briana di Noale (VE), domenica 12 ottobre 2014. Al diradarsi della nebbia mattutina nella pianura veneta, dopo la rievocazione del Fatto d’Arme avvenuto 70 anni orsono e degli aspetti più cruenti che lo caratterizzarono, la commozione si fa palpabile e la Presidente dell’Associazione Culturale “Un ponte fra Sardegna e Veneto”, Dr.ssa Elisa Sodde, chiamata a ricevere temporaneamente in consegna l’Onorificenza tributata al giovane Eroe originario della sua Terra, è visibilmente emozionata nel portare i ringraziamenti a nome dei familiari e dell’Amministrazione Comunale di Tonara, piccolo centro della Barbagia, in Provincia di Nuoro, che diede i natali al Partigiano Antonio Zucca, caduto l’11 ottobre 1944 nelle campagne di Briana di Noale, in quella che viene ricordata come la “Battaglia di Briana o del Parauro”, durante la Guerra di Liberazione.

     Alla presenza delle numerose Autorità locali – fra le quali il Sindaco del Comune di Noale, Prof.ssa Patrizia Andreotti; i Sindaci dei Comuni di Mirano, Dr.ssa Maria Rosa Pavanello, di Santa Maria di Sala, Sig. Nicola Fragomeni, di Massanzago, l’Assessore Jessica Costa in rappresentanza del Sindaco Prof. Stefano Scattolin; il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Noale Lgt Lino Pavanetto e il Comandante della Polizia locale, Michela Bovo – il 12 ottobre scorso, dinnanzi al Monumento ai Caduti Partigiani di Via Parauro in Noale, si è svolta la solenne Cerimonia di Commemorazione del 70° Anniversario della “Battaglia del Parauro”, promossa dalla Sezione noalese dell’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), guidata dal Presiedente Ing. Giancarlo Rossi, con l’Amministrazione Comunale di Noale (che ha presenziato alla cerimonia con numerosi Assessori e Consiglieri delegati), in concorso con le Associazioni Patriottiche e d’Arma del territorio e la C.I.A. (Confederazione Italiana Agricoltori) di Mirano.

     Intervenuti alla celebrazione anche diversi esponenti delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane della zona: il Presidente Provinciale A.N.P.I. di Venezia, Dr. Diego Collovini, che ha accompagnato il Labaro sul quale spiccavano le Medaglie concesse al V.M.; il Segretario Provinciale, Dr. Tullio Cacco; il Presidente della Sezione di Martellago, Dr. Cosimo Moretti; il Segretario A.N.P.I. del Miranese, Dr. Bruno Tonolo; e, con le loro Bandiere, i Rappresentanti delle Sezioni A.N.P.I. di Santa Maria di Sala, Mirano, Camponogara, Fiesso d’Artico, Spinea, e della Sezione A.N.C.R. (Associazione Nazionale Combattenti e Reduci) di Noale, accompagnata dal novantaduenne Presidente, Cav. Gordiano Garavello.

    Erano altresì presenti le Bandiere e i Labari delle locali Sezioni dell’Associazione Nazionale del Fante, dell’Associazione Nazionale Bersaglieri, dell’Associazione Nazionale Marinai d’Italia, dell’Associazione Nazionale Carabinieri, dell’Associazione Nazionale Partigiani Cristiani.

 Il Miranese è il territorio pianeggiante che si estende a nord della Riviera del Brenta, nell’area centro-occidentale della provincia di Venezia, comprendente, attualmente, i Comuni di Mirano, Santa Maria di Sala, Salzano, Noale, Scorzè, Martellago, Spinea, e confinante ad Ovest con la Provincia di Padova, ad Est col Comune di Venezia e a Nord con la Provincia di Treviso.

All’epoca dei fatti, fu una delle aree in cui la lotta divampò con maggiore durezza, per la considerevole presenza nella zona di formazioni partigiane coordinate dal C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale) e per la rabbiosa azione repressiva intrapresa dalle forze nazi-fasciste (reparti tedeschi e Guardia Nazionale Repubblicana della R.S.I.) per schiacciare le iniziative apertamente insurrezionali della lotta clandestina che, nel Veneto in particolare, hanno caratterizzato la Resistenza Italiana.

     L’11 ottobre del 1944, nelle campagne fra Noale (VE), Santa Maria di Sala (VE) e Massanzago (PD), in località Parauro – Zeminiana, si combatté quella che è passata alla storia come la “Battaglia del Parauro” o “Battaglia di Zeminiana”, definita dal Presidente Giancarlo Rossi nella sua rievocazione storica come ‹‹uno dei fatti d’arme più eclatanti della Lotta di Liberazione nel Veneto››.

     I combattimenti si accesero violenti nel primo pomeriggio, intorno alle ore 13, quando una ventina di partigiani locali confluiti nella Compagnia BIS del VI Btg “Sparviero” della Brigata Garibaldi d’Assalto “Padova”, capeggiati dal Comandante Eugenio Bruno Ballan, attendati nelle campagne di Noale, udirono il rumore di camion, auto e motociclette che si fermavano nelle vicinanze del loro accampamento. I nazi-fascisti (circa 250 uomini tra soldati tedeschi e miliziani italiani delle “Brigate Nere”), probabilmente informati da qualche delatore, avevano individuato la presenza dei partigiani e si accingevano ad un rastrellamento. Il Comandante Ballan (detto il “Barba”) diede immediatamente disposizione ai suoi uomini di armarsi, suddividendoli per gruppi e assegnando loro i settori d’azione e i compiti per fronteggiare la situazione di pericolo che aveva intuito, e che di lì a poco si sarebbe palesata.

     Attraverso le memorie del Comandante Ballan e le diverse testimonianze raccolte nel dopoguerra dagli storici locali, si è potuto ricostruire(*) lo svolgimento dei fatti. Dopo circa un’ora di durissimi scontri a fuoco, le perdite da parte delle milizie fasciste ammontavano ad una ventina di morti e numerosi feriti, mentre tra le fila dei partigiani furono catturati quattro uomini dei nuclei avanzati del dispositivo di difesa predisposto dal “Barba”: De Cesaro Silvio, da Castelfranco Veneto (TV); Aiello Cosimo, da Palermo; Bordani Amleto, da Bologna; Zucca Antonio, da Tonara (NU).

     Nello scontro col nutrito contingente di forze nazi-fasciste, il giovane partigiano sardo rimase ferito ad una coscia. Perdeva molto sangue e, disteso per terra, implorava il miliziano che lo aveva catturato di fasciargli la ferita per arrestare la forte emorragia. Questi rispose di dover aspettare il suo capo, dal quale solo avrebbe preso ordini e disposizioni in merito. Giunto sul posto il comandante –  tale Alfredo Allegro, appartenente alle “Brigate Nere” – raccontano i testimoni, che questi lo colpì ripetutamente sulla testa con il calcio del moschetto, fracassando il cranio del ferito, che rimaneva a terra esanime sul ciglio della strada, dove era stato trascinato. Qualche ora dopo, constatato che  dava ancora segni di vita, il povero Antonio Zucca veniva brutalmente “finito” con una pugnalata al petto.

     Anche per gli altri tre partigiani catturati, De Cesaro Silvio, Aiello Cosimo e Bordani Amleto di soli 17 anni,  non ci fu scampo, né sentimenti di umana pietà: furono tutti e tre giustiziati con un colpo di pistola alla nuca.

     Per non dimenticare l’eroico sacrificio dei quattro giovani Caduti nella Guerra di Liberazione, in occasione del 70° Anniversario dei “Combattimenti del Parauro”, il Comune di Noale, di concerto con la locale Sezione dell’A.N.P.I., congiuntamente con le Associazioni Patriottiche e d’Arma del territorio e la C.I.A. di Mirano (Locale Sezione della Confederazione Italiana Agricoltori – organizzazione nella quale ha successivamente operato per lungo tempo, Bruno Ballan, salvatosi fortunosamente dai tragici fatti del Parauro, nonostante la brutta ferita riportata nello scontro a fuoco), ha voluto conferire loro una Medaglia Commemorativa, da consegnare alle loro famiglie o, in loro vece, alle amministrazioni dei Comuni d’origine dei Caduti ed altresì ricordare con una targa di riconoscimento il Comandante Ballan a dieci anni dalla sua morte.

     In rappresentanza dei congiunti del Caduto Antonio Zucca e del Comune di Tonara (NU), ha preso in consegna la Medaglia la Presidente dell’Associazione Culturale “Un ponte fra Sardegna e Veneto”, che visibilmente commossa, ha così ringraziato:

‹‹…A nome dei familiari del giovane Caduto, dell’Amministrazione Comunale di Tonara (NU), facendomi interprete dei sentimenti della Gente di Sardegna, Ringrazio per questa Onorificenza tributata ad un Figlio della nostra Isola, che 70 anni or sono ha sacrificato la sua giovane vita per la Libertà e la Redenzione di queste Sacre Terre.

     Sarà mia cura consegnare la Medaglia concessa alla memoria del Soldato Antonio Zucca nelle mani dei suoi familiari e del Sindaco di Tonara, Sig. Pierpaolo Sau, alla presenza delle Associazioni Combattentistiche e Partigiane Sarde, con le quali l’Associazione Culturale “Un ponte fra Sardegna e Veneto” – che mi onoro di presiedere – sta portando avanti  importanti progetti di recupero dei luoghi della memoria legati agli eventi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, nel segno dei sacri vincoli storici che uniscono le nostre due Regioni. L’occasione giusta potrebbe essere la giornata del 25 Aprile 2015, data nella quale sarà celebrato il 70° Anniversario della Guerra di Liberazione…››

     Ancora una volta, l’Associazione Culturale “Un ponte fra Sardegna e Veneto” si pone come anello di congiunzione fra due Regioni che, seppur geograficamente distanti, sono accomunate dall’inscindibile nodo della storia che il Sodalizio sardo-veneto intende sempre più portare avanti con grande impegno e dedizione, attraverso la promozione di rilevanti iniziative culturali, nel segno del comune ricordo di quanti sacrificarono la loro giovane esistenza per l’Unità e la Libertà del nostro Paese.

     Nei suoi ricordi di bambino, il Sig. Nello Roncato – Segretario della Sezione A.N.P.I. di Noale – ha presente sua madre, la Signora Maria Vallotto, che si recava a deporre un fiore sulla tomba del Caduto Sardo, Antonio Zucca, “…poiché diceva: Quel poro fiol qua no ‘l  ga nissun parente che ‘l possa recitar na orassion davanti la sò tonba e ricordar el sò ato da eroe che ghe ga costà la vita”

ZUCCA Antonio,

nato il 2 maggio 1920 a Tonara (NU),

Soldato del 23° Reggimento di Artiglieria per Divisione di Fanteria,

Combattente della 2^ Guerra Mondiale,

sbandatosi con il suo reparto nei giorni seguenti l’Armistizio dell’8 settembre 1943,

confluito nella Brigata Partigiana Garibaldi d’Assalto “Padova”

Caduto l’11 ottobre 1944 a Briana di Noale (VE)

per la Libertà dell’Italia.

“PRESENTE!”

(*): “La battaglia del Parauro ed il Patrigiano E. B. Ballan”, a cura di A. Serpellon e M. Citton per l’ANPI di Santa Maria di Sala (VE), pagg. 35 ss. Saggio presentato il 12 ottobre 2014 presso la Sala Riunioni del Municipio di Santa Maria di Sala.

Di Elisa Sodde da http://tottusinpari.blog.tiscali.it/

“Le eredità di Vittoria Giunti” di Gaetano Gato Alessi

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Venerdì 31 ottobre alle ore 20.45 nella Sala Conferenze di Villa Errera, in Via Bastia Fuori 58 a Mirano (VE), l’, Anpi “Martiri di Mirano” in collaborazione con Libera Miranese, presenterà il libro di Gaetano Gato Alessi “Le eredità di Vittoria Giunti”.

Pochi conoscono la storia e l’identità della prima donna sindaco di Sicilia. Vittoria Giunti, siciliana di adozione, per scelta d’amore, comunista e partigiana, fu la prima donna a ricoprire la carica di sindaco in Sicilia, tra i primi sindaci d’Italia, dopo il fascismo. La Costituzione, approvata nel ’48, conferiva alle donne la sola capacità elettorale attiva, ma poco più tardi venne corretta, attribuendo anche alle donne il diritto di essere elette. Grazie a Gaetano Alessi, giovane militante e dirigente di sinistra, sindacalista, attivista antimafia con l’Arci, giornalista freelance, editorialista di Articolo 21 e Liberainformazione, oggi viene restituita memoria storica a questa donna straordinaria, che rischiava l’oblio. Le eredità di Vittoria Giunti, edito dalla Rivista Ad est, da Alessi fondata nel 2003, della quale Giunti è la madre spirituale, fa conoscere al mondo la prima sindaca siciliana. Per ironia della sorte, dopo anni di carteggi, solo il 29 ottobre il Tribunale di Agrigento riconosce e iscrive la testata al Registro dei giornali, riviste e periodici col n.° 290.

Vittoria Giunti, classe 1917, fiorentina di origine, di famiglia antifascista, di tradizione ottocentesca per la libertà e il rispetto della persona, vive a Firenze e poi si trasferisce a Roma, dove studia all’Istituto di alta Matematica, frequentando la via Panisperna, la via dei “ragazzi”, il gruppo di Fermi. Si laurea in matematica. Prima del conflitto è assistente all’Università di Firenze. Per indole e per formazione combatte il fascismo, ma fa una scelta di impegno, necessaria e sentita: diventa partigiana e lotta per la liberazione e la libertà. Partecipa a tutte le fasi che portano l’Italia alla Costituzione della Repubblica, facendo parte di diverse commissioni della Costituente, tra cui quella per il voto alle donne, di cui andrà sempre fiera. Dirige la casa della Cultura di Milano, è tra le fondatrici e direttrice della rivista Noi donne. Durante la Resistenza incontra il partigiano Salvatore Di Benedetto, più tardi sindaco di Raffadali, Deputato e Senatore della Repubblica che nelle fasi della Liberazione di Milano riporta gravi ferite. Si innamorano e dopo il 25 Aprile decidono di costruire il loro futuro insieme, in Sicilia. Di Benedetto la porta con sé a Raffadali, dove vivrà fino alla morte, avvenuta il 3 giugno del 2006, il giorno dopo una data a lei cara, la nascita della Repubblica. In Sicilia trova un’altra Resistenza che in quegli anni i contadini combattono contro i padroni e la mafia che li fiancheggia. Sono gli anni dell’occupazione delle terre, della presa di coscienza dei contadini della loro forza e del loro sfruttamento. Le donne sono protagoniste delle lotte. Con umiltà si integra, parla agli uomini e alle donne, lotta al loro fianco in quegli anni di riscatto sociale e umano, rappresentati dalla Riforma agraria. Il suo essere forestiera presto non sarà più un pregiudizio perché lei si pone con discrezione, senza superbia, alla pari. Vittoria riflette sulla fortuna che ha avuto nel nascere a Firenze, ad avere avuto una famiglia agiata, ad avere studiato e frequentato persone libere e rispettose della libertà altrui. Tutto quello che lei aveva avuto altri non lo avevano avuto in dono dalla vita. Perciò non si potevano colpevolizzare. Con la sua umiltà e il rispetto profondo per i siciliani conquista la loro stima e l’affetto. La sua concezione della politica è alta, antica. Politica per lei è servire il popolo, il debole, lavorare per loro. Vittoria Giunti è una figura di grande attualità, un esempio di cui la memoria collettiva abbisogna per il significato storico, sociale e politico, in questi tempi bui e indifferenti al significato originario e antico del fare politica. Nel racconto-intervista, Alessi ricostruisce le fasi della scelta dell’accettazione della candidatura a sindaco di Sant’Elisabetta, piccolo comune dell’entroterra siciliano, divenuto autonomo nel 1955. In un’epoca di povertà e arretratezza, Vittoria, donna fiorentina, scienziata e umanista, libera per indole e formazione, senza mai parlare di sé e della sua storia, conquista i siciliani, che la scelgono e per lei avranno parole di stima e affetto perchè le riconoscono l’onestà intellettuale, l’amore per gli ideali, veri e universali, rappresentati fortemente dal Partito Comunista, per il quale milita e agisce rispondendo al sogno di una cosa che aveva visto realizzare nell’Italia liberata del 1945.

L’Anpi “Martiri di Mirano” aderisce alla manifestazione del 25 ottobre

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La sezione Anpi “Martiri di Mirano” aderisce e partecipa, alla manifestazione nazionale della CGIL del 25 ottobre 2014 a Roma, in difesa degli spazi di democrazia, al fine di contrastare gli attacchi alla Costituzione nata dalla resistenza al fascismo e per contrastare ogni forma di possibile regime autoritario.

Il lavoro non si crea cancellando i diritti conquistati con anni e anni di sacrifici e di lotte, ma allargando le tutele universali. Si vuole abolire definitivamente l’Articolo 18 della legge 300, in realtà per cancellare lo statuto dei lavoratori e per aprire sempre più le porte all’arbitrio senza regole nei rapporti di lavoro (ricordiamo tra l’altro, cosa sta accadendo con la riforma del Senato).
Si deve invece combattere la precarietà cancellando la giungla dei 46 tipi di contratti esistenti, che rendono un inferno non solo il lavoro ma anche la vita di tante persone.

Sempre più è necessario che tutte le forze che hanno a cuore i diritti sociali e i principi di libertà istituzionali si mobilitino, perché l’attacco al movimento dei lavoratori e il conseguente suo indebolimento, potrebbe essere veramente un grave pericolo per la democrazia nel nostro Paese.

Partecipiamo in massa a questa grande manifestazione per difendere le nostre conquiste ma anche indicando sentieri di lotta democratica ai nostri giovani.

ANPI sez. “Martiri di Mirano”