Guerra di Liberazione, non guerra civile

Guerra di Liberazione, non guerra civile, questa la conclusione della serata di ieri, con Gianni Giannoccolo, Alessandra Kersevan, Elisa Lolli.

Dall’introduzione del libro di Gianni Giannoccolo letta da Elisa Lolli:

La memoria non può essere cancellata, anche perché la Resistenza rimane un punto di riferimento per tutti coloro che quel periodo l’hanno vissuto e hanno avuto modo di conoscere gli orrori della guerra, la spietata occupazione nazista dell’Italia e dell’Europa con la deportazione di civili nei campi di concentramento, ebrei sterminati, saccheggi, incendi di case di civili con donne e bambini, stragi di gente inerme, le requisizioni e le depredazioni. In sostanza la violenza tendeva a ridurre a terra bruciata un ambiente che si avvertiva come ostile in quanto contrastava la violazione dei fondamentali diritti umani, respingendo ogni forma di complicità.
Eventi che non debbono cadere nell’oblio, ma che debbono essere trasmessi da generazione in generazione non tanto per esorcizzarli, quanto perché servano da monito affinché non abbiano a ripetersi. Parafrasando Gioele, essi continueranno ad essere presagiti dai figli, presenti nei sogni dei vecchi e nelle visioni dei giovani nell’incessante continuazione della memoria.
C’è troppa gente che quel periodo vuole rimuovere e non mancano coloro che, con teorie elaborate a tavolino, con iniziative estemporanee sprovviste di ogni seria verifica, tentano di stravolgere i termini storici di quegli avvenimenti, capovolgendone i rapporti casuali, nascondendo la motivazione e l’origine di determinati fatti, rifacendo una storia di comodo sulla base di tesi precostituite per adattarla e renderla funzionale a orientamenti politici contingenti.
E il momento di ricostruire, sulla base di documenti e testimonianze, quei drammatici eventi nella loro verità assodata e ineccepibile, per non smarrire la memoria di un patrimonio che deve essere tramandato, un patrimonio che è ignorato volutamente da coloro che, mimetizzati sotto i paraventi di qualche partito postmoderno, persistono ancora oggi nell’esaltare gesta saloine, come si è peritato di fare più di una volta l’ex Ministro La Russa.
Dico subito che chi scrive appartiene alla schiera, per fortuna tutt’altro in via di estinzione, di coloro che non si rassegnano a dover accettare passivamente l’interpretazione corrente che si intende dare al significato della Resistenza, di quello che essa ha rappresentato nella lotta di popolo contro l’occupante nazista dell’Italia dal 1943 al 1945. E neppure ad accettare alcuni episodi e strumentalizzazioni del dopoguerra, a volte raccapriccianti e da condannare, ma pur sempre isolati e anomali, attraverso i quali avallare la tesi che in Italia in quel periodo vi sarebbe stata la guerra civile.

Guerra di Liberazione e non guerra civile

Nino De Marchi “Rolando”, classe 1920, della Divisione Garibaldi “Nino Nannetti”, intervenuto alla manifestazione di Vidor del 2 giugno 2013, ha ribadito con forza queste parole:

“Non voglio fare discorsi, voglio semplicemente dirvi questo: quando sentite parlare di “guerra civile” rispondete che la nostra è una Guerra di Liberazione e basta!!!”

Quando si parla di guerra civile deve esistere il presupposto che entrambe le parti in conflitto si riconoscessero come parte dello stesso stato o della stessa nazione. Non c’è dubbio che una delle due parti in conflitto aveva deciso, tradendo il proprio paese, di riconoscersi in un altro stato e nelle ragioni di un’altra nazione. In una sentenza contro alcuni appartenenti della legione Tagliamento emessa dal tribunale militare di Milano  il 28 agosto 1952, i giudici spiegano in modo chiaro come poteva essere inquadrata la Rsi:

“Non essendo sorta la Rsi da una norma giuridica che la riconoscesse come leggittimo successore del governo italiano, e contemporaneamente non avendo i requisisti del governo di fatto insurrezionale, devesi concludere ch’essa consistette in un ente alle dipendenze dell’occupante germanico, il quale volta a volta riconosceva ad esso determinati poteri nei limiti dall’occupante consentiti, che comunque, secondo l’ordinamento internazionale, non potevano andare oltre i poteri dello stesso occupante…per questo la Rsi deve essere ritenuta come un’associazione o organismo senza veste giuridica, posto in essere da cittadini italiani onde combattere contro lo Stato italiano, onde alla stessa Rsi non può essere riconosciuta leggitimità alcuna, nè ai suoi atti, nè agli ordini delle autorità da esse costituite; tali ordini e tali atti, oltre a non avere rilevanza giuridica, hanno indubbi requisiti di antigiuridicità”

Chi parla di guerra civile vuole far intendere che, essendo i protagonisti delle due parti cittadini italiani e tutti in buona fede nel sostenere i propri ideali (senza spiegare con chiarezza quali erano gli “ideali” fascisti e non ammettendo che non erano per niente equiparabili a quelli antifascisti) bisognerebbe stabilire una memoria condivisa dalla quale i fascisti e i reduci di Salò dovrebbero trarre nuova leggitimazione; peccato che, proprio la storia repubblicana di questi 70 anni, dimostra come una delle parti non intende affatto riconoscersi nella Repubblica e nella Costituzione nata dalla Resistenza. Anche  in Francia c’è stata una Guerra di Liberazione e anche lì c’era un regime fantoccio (Vichy), ma nessuno in quel paese si sogna di etichettare come “guerra civile” la lotta combattuta contro dei francesi che avevano tradito la nazione e come traditori sono stati perseguiti con ben maggiore durezza che nel nostro paese. In Italia dal ’43 al ’45 c’è stata una Guerra di Liberazione e basta, come dice “Rolando” e bisogna ribadirlo sempre, in tutte le occasioni e in tutte le sedi, come fanno i nostri ultimi testimoni che hanno vissuto sulla loro pelle la lotta per liberare l’Italia dai nazisti e dai fascisti traditori.

Le foto dell’incontro di Vidor con i  partigiani della provincia di Treviso: http://imgur.com/a/lti3G