Venerdì 7 giugno: “Il terrorista” di Gianfranco De Bosio in Villa Errera a Mirano

Venerdì 7 giugno 2013 alle ore 20.45 a Mirano nella Sala conferenze di Villa Errera ci sarà la proiezione del film “Il terrorista” di Gianfranco De Bosio. Realizzato nel 1963 e restaurato di recente dalla Cineteca di Bologna che lo ha  trasferito su supporto digitale. Presenterà il film Marco Borghi, direttore dell’Isever. Il film, ispirato a episodi della Resistenza a Venezia, costituisce un documento importante nel panorama della filmografia resistenziale italiana.
Quindi un’occasione importante per vedere un’opera rara di assoluto valore sia dal punto di vista linguistico che del contributo offerto al dibattito su  temi  riguardanti le scelte di lotta ma anche di costruzione dello Stato Democratico.

Premio speciale della critica a Venezia nel 1963 è una rarità cinematografica che racconta la storia del comandate Renato, nome di battaglia di Otello Pighin, assistente di Ingegneria al Bo e comandante della brigata partigiana «Silvio Trentin», che nel gennaio 1945 fu catturato ed ucciso a Padova dai fascisti della Banda Carità. Un ruolo interpretato in modo incisivo da un allora trentenne Gian Maria Volontè. Il regista De Bosio (classe 1924) militò nella brigata Trentin e scelse di dedicare al suo comandante questa pellicola ambientandola a Venezia. Nel cast compaiono anche Philippe Leroy, Tino Carraro, Giulio Bosetti, Raffaella Carrà, Anouk Aimèe e l’editore Neri Pozza.

“È un film sulla Resistenza, non su Al Qaeda”, spiega Gianfranco De Bosio intervenuto in una recente proiezione del film a Roma. “Sono stupefatto di vedere tutta questa gente, forse questi ragazzi si aspettano qualcos’ altro, non sanno che la guerra di liberazione l’ abbiamo combattuta tra il ’43 e il ’45”. E lui infatti glielo ricorda, ai giovani spettatori: non si sa mai. Si dice emozionato di rivedere il film, dopo 44 anni: “è commovente, forse più interessante ora di quando è stato fatto”. Racconta dei tempi, gli anni 70, gli anni di piombo, in cui la Rai lo bandiva dai suoi palinsesti “per colpa del titolo”. A una domanda su che effetto faccia rivedere un film che ha 44 anni e soprattutto riascoltare quei dialoghi tra azionisti, comunisti e moderati (le tre anime della Resistenza), De Bosio sottolinea un aspetto subito evidente a tutti in sala, cioè l’ attualità di quei discorsi: “Si facevano allora ma non sono molto cambiati, anzi forse oggi determinate situazioni nel mondo sono peggiorate. Allora c’erano gli attualisti (liberali e Democrazia Cristiana) e i comunisti che erano più pragmatici”. “Il film ha un valore di testimonianza e anche tutti i dialoghi devono essere ascoltati con il senno di poi. Noi girammo quel film vent’anni dopo quegli avvenimenti. Dopo la guerra non avrei mai potuto raccontare in questo modo quella pagina così drammatica della mia storia personale. È un film che mi commuove sempre perché quello era il mio comandante. Egli lavorava come ingegnere a Padova, non a Venezia come nel film, ma come si vede nel film utopisticamente voleva un attentato al giorno: la tendenza era quella che ‘Non dovevamo dare requie al nemico’. Era un uomo valoroso, un membro del partito d’azione”. De Bosio continua sottolineando: “Noi nel film abbiamo cercato di rappresentare la storia del CLN in tutte le sue sfacettature”. E poi la Chiesa: “C’erano tanti preti comunisti, partigiani attivi anche nelle montagne ma c’erano anche preti fascisti. Nel mio film c’è questo prete che aiuta ‘a modo suo’. A Padova c’era una grande comunità di gesuiti che partecipava alla Resistenza ma come ho raccontato nel film davano la loro disponibilità, ospitalità ma volevano fortissimamente restare un gruppo d’appoggio con nessuna responsabilità diretta”. Per quanto riguarda Gian Maria Volontè “entrò così profondamente nella psicologia del mio comandante, entrò nella sua pelle, a tratti mi sembra proprio di rivedere lui… Purtroppo il mio comandante venne davvero ucciso mentre stava raggiungendo i dirigenti nascosti in ospedale come nel film”. Alla fine c’è un dialogo tra G. M. Volontè e Anouk Aimeè (che interpreta la moglie di Renato) riguardo al timore per quello che succederà dopo: lui si domanda “Io so che tutto questo prima o dopo finirà… ma tra vent’anni ci saremo tutti fatti anestetizzare dalla pace e dall’abbondanza?”. “Perché il timore del dopo c’è sempre stato. Nel caso specifico sentivamo come il discorso della resistenza fosse già storia. Questa frase è un avvertimento molto attuale e costante. Guai a farsi prendere dal quieto vivere, lì nasce il fascismo. È dato proprio dall’acquiscenza”.

Per arrivare alla Sala Conferenze di Villa Errera: mappa

“Il terrorista” di De Bosio, un film nascosto di Luisa Anna Meldolesi