Luigi Bassi (23 anni), Ivone Boschin (21 anni), Dario Camilot (23 anni), Michele Cosmai (53 anni), Primo Garbin (23 anni), Aldo Vescovo (27 anni) e Gianmatteo Zamatteo (20 anni): questi sono i nomi dei 7 partigiani fucilati la mattina del 17 gennaio 1945 al cimitero di Mirano.
Da un’intervista a Carlo Toniolo del 2002: Ero a prendere il cavallo e mi trovavo tra i due ponti. Che ora era? Di mattina, le otto, otto e mezza. Che stagione? Era freddo sì, era il 17 gennaio 1945; e trovo questi due ammanettati con uno da una parte e uno dall’altra, altri due e l’ultima fila tre. Due e due quattro e tre sette ammanettati così. Non ne conosceva nessuno? No, neanche uno. Erano bianchi in faccia! Erano giovani? Giovanissimi! Mi sembrava quasi che qualcuno avesse quindici anni. Erano bianchi, sapevano che andavano a morire. Quando siamo stati in piazza abbiamo sentito gli spari. Erano quelli fucilati alla mura del cimitero? Sì. Adesso la mura è più bassa perché una volta non c’era l’asfalto, era terra battuta: qualcuno ha sparato in alto per non colpirli, si vedono i fori in alto.
Per commemorarli ci troviamo venerdì 16 gennaio alle ore 20.45 nella sala conferenze di Villa Errera con questo programma:
– Proiezione documentario di Giorgio Sticchi
– Consegna delle tessere ad honorem
– Proiezioni foto dal libro “Mirano1938-1948” di Cristina Morgante e Martino Lazzari
– Intervento di testimonianze presenti in sala
– Giornata del tesseramento
Sabato 17 gennaio alle ore 11.00 ci sarà il corteo che partirà dalla caserma della Guardia di Finanza (ex casa del fascio) e arriverà al cimitero di Mirano.
Quando ammazzarono i giovani in piazza è stata una cosa terribile: mia sorella era morta nel 1944 a dicembre e dopo una settimana eravamo andati a messa e abbiamo visto questo spettacolo. Da casa nostra non avevamo sentito né fucilate, né niente, invece la mamma della Francesca, che aveva il negozio di alimentari in piazza, aveva sentito uno che si lamentava: era quello che abbiamo visto sotto il pilastro. Avete capito se furono fucilati o morirono per le sevizie? Quelli non avevano sangue, l’unico su una pozza di sangue era quello in mezzo alla piazza, Chinellato. Gli altri furono seviziati e avevano le mani in tasca. Spolaore era bianco, un altro era Garbin ma non era nostro parente; li abbiamo visti là in fila, uno era da Sansoni, due erano sulla muretta vicino a Pavan, ma quelli non li abbiamo visti. Quando siamo usciti dalla chiesa abbiamo saputo che era stato un ufficiale tedesco a farli portare via: andò da una famiglia che conosceva e disse: “Li ho fatti portare via. Cos’hanno fatto quei disgraziati?”. Si vede che era uno che aveva un po’ di umanità – perché era lunedì, era giorno di mercato – li presero e li caricarono su un carretto con sopra una coperta.
Così Anita Garbin, intervistata da Luciana Granzotto, ricorda il giorno dell’11 dicembre 1944 quando sei giovani partigiani del gruppo di Luneo vennero catturati in conseguenza della delazione di una spia e, dopo un sommario interrogatorio, furono seviziati e trucidati dalla barbarie fascista. Si chiamavano Cesare Chinellato, Brunoe Giovanni Garbin, Cesare e Severino Spolaor, Giulio Vescovo.
In occasione della commemorazione della Giornata della Memoria, gli studenti del Liceo Majorana Corner, la mattina dell’11 dicembre 2014, si troveranno in Piazza Martiri a Mirano dislocandosi nei diversi punti che hanno visto deposti i corpi dei Martiri uccisi dai nazifascisti e, assieme a volontari Anpi, Auser e a testimoni dell’eccidio, accoglieranno gli studenti delle classi terze della scuola media “G. Mazzini” di Mirano; ogni classe si fermerà nei vari posti ascoltando i racconti dei testimoni e gli interventi degli studenti del liceo.
Alle ore 10,00 al centro di Piazza Martiri, saluto da parte delle autorità comunali con la presenza degli studenti del liceo e di quelli delle scuole medie di Mirano e Scaltenigo.
Successivamente gli studenti della scuola media “G. Mazzini” torneranno nella loro sede mentre gli studenti della scuola media “Leonardo da Vinci” di Scaltenigo inizieranno a loro volta il percorso.
Alla sera, alle ore 20,45 in sala conferenze di Villa Errera, ci sarà la priezione del film di Stefano Ballini “Il treno che bucò il fronte”: un videodocumentario sulla memoria prende spunto dalle vicende che resero protagonista David Ballini detto “Carlino”, padre di Stefano e classe 1922, che l’8 settembre del 1943, al ritorno da una licenza, riuscì a sottrarsi al rastrellamento nazifascista con la disubbidienza contravvenendo cioè all’ordine dei tedeschi di scendere da un treno diretto a sud e rimanendovi a bordo a loro insaputa. Nel documentario giocano un ruolo determinante le testimonianze di alcuni sopravvissuti e dei familiari delle vittime di queste stragi. Ci sono le voci e i ricordi di Adriana Cresti e Mirella Lotti (superstiti di Pratale), Siria Pardini, Adele Pardini, Luciano Lazzeri, Graziano Lazzeri, Enrico Pieri, Mario Ulivi (superstiti di Sant’Anna di Stazzema), Fernando Piretti, Ferruccio Laffi, Anna Rosa Nannetti, Gian Luca Luccarini, Bruno Zebri,(superstiti e testimoni di Marzabotto).
La Giornata della memoria è stata istituita dal Consiglio Comunale nel 2003 e celebrata l’11 dicembre di ogni anno perché la più violenta rappresaglia che ha coinvolto il paese si era svolta in piazza Martiri l’11 dicembre 1944. Questa giornata è dedicata comunque a tutte le vittime del nazifascismo che caddero a Mirano nell’inverno 1944/45, a partire da Oreste Licori che fu fucilato l’1 novembre 1944, fino alla fucilazione il 17 gennaio 1945 di Luigi Bassi, Ivone Boschin, Dario Camilot, Michele Cosmai, Primo Garbin, Aldo Vescovo, Gianmatteo Zamatteo e alla morte in combattimento il 27 aprile 1945 di Luigi Tomaello e Mario Marcato e alla deportazione in Germania, da cui non fecero più ritorno, nel febbraio 1944 di Nella GrassiniErrera e Paolo Errera.
Durante delle ricerche d’archivio svolte da Catia Costanzo Boschieri, è stato recuperato questo articolo, comparso in un numero del bollettino del Comitato Nazionale Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. – A. 1, n. 1 (lug. 1949). Proponiamo la trascrizione dell’articolo, corredata da una foto dell’avvenimento, in cui si fa cenno alle ingiuste persecuzioni dell’apparato di polizia e della magistratura che in quegli anni subivano i partigiani superstiti. Da notare il numero delle persone intervenute (2000): erano davvero altri tempi.
In occasione della inaugurazione del Monumento ai caduti « Martiri di Mirano » si è svolta a Mirano il 23 ottobre una grande manifestazione. L’A.N.P.I. provinciale di Venezia aveva innanzitutto costituito un Comitato d’onore composto da numerose personalità partigiane del Veneto, rappresentanti tutte le correnti. Tra gli altri facevano parte di questo Comitato la signora Frida Mascherpa vedova dell’ammiraglio medaglia d’oro, la signora Martella Minto vedova Licori, il Reverendo Don Amedeo Cornetto cappellano della Brigata “Martiri di Mirano”, il dottor Camillo Matter, prefetto della liberazione, il sindaco di Venezia Gianquinto, il sindaco di Mirano Morgante, il sig. Confi in rappresentanza dette Brigate del Popolo, il prof. Morin in rappresentanza delle Formazioni G. L. ecc.
Il programma della manifestazione è stato quanto mai ricco. Nella mattinata la popolazione si è ammassata al Parco comunale e di qui circa duemila persone in corteo, con alla testa il sindaco e le autorità intervenute, le bandiere delle Associazioni, i familiari dei caduti e i partigiani della Brigata «Martiri di Mirano», hanno raggiunto il cimitero. Dopo lo scoprimento del Monumento ai Caduti il parroco mons. Muriago ha benedetto la lapide e ha rievocato i giorni delle terribili persecuzioni. Nel pomeriggio ha avuto luogo un comizio nel quale hanno preso la parola il rev. Don Beniamino Vitali, Mario Liziero, e il Commissario della Brigata «Martiri di Mirano», Cosmai: gli oratori hanno denunciato con dure parole la campagna in corso contro i partigiani.
E’ stato stampato e posto in vendita un opuscolo contenente le biografie di tutti i caduti ed è stato affisso un grande manifesto che mentre annunciava la manifestazione ammoniva che «la Resistenza non si piega con gli arresti e le illegalità». Non sono mancate neppure altre iniziative di carattere popolare: una pesca di beneficenza, un concerto della Banda musicale di Venezia, una competizione calcistica con in palio la coppa «Martiri di Mirano», uno spettacolo pirotecnico. Nella giornata precedente l’ANPI aveva organizzato uno spettacolo teatrale.
“No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere, pensate che tutto è successo perchè non ne avete voluto più sapere” (Giacomo Ulivi, studente, 19 anni, fucilato dai fascisti)
Dice così la targa del monumento in piazza Martiri, centro della cittadina di Mirano. La piazza, il cimitero, Villa Errera, la vecchia casa del Fascio… di luoghi che parlano di memoria ce ne sono, e non sono pochi. Per questo piccolo comune della provincia di Venezia la memoria di quegli anni rimane una questione importante. Oggi in particolare, 1 novembre 2014, ANPI e cittadinanza si sono riuniti per commemorare dopo 70 anni la fucilazione di uno dei partigiani del miranese, il primo di questa citta a essere ucciso.
Doveva essere una mattina simile a questa, quando le Brigate Nere portarono al cimitero Oreste Licori, anni 23, comandante della Brigata “Volga”: lo ricorda bene Renzo Tonolo, vice-presidente della sezione ANPI e testimone diretto di quei giorni.
“Lo ammirai quando l’ho visto passare avanti a me, a testa alta e con passo deciso, in mezzo agli scherani, per andare verso l’esito violento della propria breve esistenza, con grande dignità.
Lo ammirai quando seppi che non ha voluto subire passivo la programmata cerimonia fascista della sua fucilazione, ha scelto lui il posto dove dovevano ucciderlo: non avanti il muro ma qui, sulla strada. Fu questo il suo ultimo atto di rifiuto alla sottomissione. Lo ammirarono i suoi carnefici che espressero profondo rispetto per il coraggio con cui affrontò il plotone, urlando prima della fine la propria fede”.
Ancora viene ricordato infatti come mori quel ragazzo, con il pugno alzato e l’ultimo grido “Viva Stalin!”, riaffermando il sogno e l’ideale che l’avevano spinto a scegliere la lotta, a sacrificare infine anche la propria vita. Quelle furono le sue ultime parole, estremo schiaffo contro i suoi assassini, con il nome di Stalin visto come simbolo di libertà (oggi molti storcono il naso a tale affermazione, ma è da contestualizzare e capire secondo i tempi e la situazione).
Oreste è stato il primo, ma non certo l’ultimo. L’undici dicembre ogni anno il comune celebra la sua personale giornata della memoria, ricordando in particolare quei sei ragazzi che torturati e fucilati vennero esposti agli angoli della piazza durante la mattina di mercato.
Proprio a quel ragazzo di 23 anni è stato dedicato l’intervento di apertura all’incontro con Gaetano Alessi, la sera del 30 ottobre. In questa occasione è sembrato legittimo ricordare quei fatti, ricordare la Resistenza di allora per tracciare un invisibile filo che conduce al nostro presente. Gaetano si occupa da anni di giornalismo, antimafia e antifascismo. Di questo abbiamo parlato, lasciando che ci raccontasse una storia di resistenza a noi contemporanea, quella di un piccolo paesino della Sicilia caduto nelle mani della mafia. Ancora oggi esistono persone che rischiano ogni giorno la propria esistenza per un ideale, per un semplice desiderio di combattere quello che non va nella nostra società. Gaetano, come molti altri che si sono messi in prima linea nella lotta contro il sistema delle mafie, è stato piu volte minacciato. Ancora oggi il suo lavoro si dimostra difficile e incerto, ma non per questo smetterà mai di scrivere. Il suo ultimo libro parla della grande amicizia con Vittoria Giunti, donna che ha lasciato al nostro paese una piccola grande eredità con la sua vita trascorsa all’insegna della lotta in tutte le sue forme. La sua è un’altra storia di Resistenza, a partire dal suo ruolo di partigiana fino all’elezione come primo sindaco donna della Sicilia.
Tutte queste storie si legano tra di loro, forti di una costante comune, in tempi di pace come in quelli di guerra. Rimangono certo solo parole, solo storie e ricordi che un giorno potrebbero svanire. Ma agli studenti, ai giovani di oggi, serve ora più che mai il ricordo di queste figure. Serve sentirne le parole, serve capirle e ricordare che sono esistite, che certe cose sono accadute e ancora continuano ad accadere. Serve per combattere l’indifferenza che aleggia sopra la nostra generazione e che potrebbe diventare la peggiore rovina per la nostra società.
Alice Solari, coordinatrice della Rete degli Studenti Medi di Mirano (da “Il Mancino” )
Nella serata del 26 maggio ci ha lasciati Giorgio Bottacin, la memoria storica della piazza, colui che a 8 anni vide trucidare i martiri in piazza a Mirano. «Lavoravo in pasticceria da Tonolo – racconta – vidi il primo morto trascinato a terra sotto il portico. Era stato ucciso poco prima davanti l’ex casa Pavan. Poi arrivarono i partigiani e spararono contro la casa del fascio. L’amico che era con me cadde morto a terra, io mi salvai per un pelo nascondendomi dietro la vecchia osteria Gasparini». Bottacin vide anche deportare gli Errera e fucilare altri miranesi al cimitero. Sempre presente alle commemorazioni e agli incontri con i ragazzi delle scuole medie dove portava la sua testimonianza degli eventi a cui aveva assistito: la foto si riferisce all’ultimo incontro dell’11 dicembre 2013.
Tutta l’Anpi di Mirano in questo triste momento porge le più sentite condoglianze ai familiari di Giorgio.
I funerali si svolgeranno venerdì 30 maggio alle ore 11 nel duomo di Mirano.
Nell’ottobre del 1944 una pattuglia della Brigata Volga, comandata da Oreste Licori, catturò il tenente delle SS italiane Vasco Mingori e, forse per uno scambio di prigionieri andato male, l’ufficiale venne ucciso nell’accampamento della “Luneo”. Elda Gallo, sorella del segretario del fascio di S. Maria di Sala fu catturata e giustiziata come spia nell’accampamento della “Volga”.
A Mirano il comandante delle Brigate nere Mario Zagari, grazie alla segnalazione di una collaborazionista, poi giustiziata dai partigiani della “Luneo”, arrestò Oreste Licori mentre faceva visita alla madre. Il giovane venne fucilato il 1° novembre 1944. Seguirono numerosi arresti tra i partigiani della “Luneo” grazie alle rivelazioni di una spia che si era introdotta nella formazione. Sei giovani furono torturati a morte nella notte tra il 10 e l’11 dicembre. I cadaveri vennero gettati ed esposti per tutto il giorno nella piazza del paese, i loro nomi sono: Cesare Chinellato, Bruno e Giovanni Garbin, Cesare e Severino Spolaor e Giulio Vescovo; un settimo giovane Mosè Bovo fu trucidato nell’aia di casa davanti ai genitori.
Il 5 gennaio del ’45 fu riesumato il cadavere della SS italiana in zona Luneo. I tedeschi, in relazione alla morte dell’ufficiale e all’esecuzione delle due donne, chiesero dieci condanne a morte tra la trentina di partigiani reclusi nella casa del fascio. Fu istituito un processo farsa che si concluse con la condanna a morte di dieci partigiani, di cui tre ebbero accolta la domanda di grazia. Il 17 gennaio furono fucilati presso il cimitero di Mirano Luigi Bassi (23 anni), Ivone Boschin (21 anni), Dario Camilot (23 anni), Michele Cosmai (53 anni), Primo Garbin (23 anni), Aldo Vescovo (27 anni) e Gianmatteo Zamatteo (20 anni).
Per commemorare i partigiani uccisi, venerdì 17 gennaio alle ore 20.45 nella sala conferenze di Villa Errera a Mirano (VE) verrà presentato il libro di Gianni Giannoccolo “Resistenza: guerra civile o guerra giusta?”. Sarà presente l’autore. Introduzione di Alessandra Kersevan, Elisa Lolli leggerà brani del libro.
In questa Giornata della Memoria martedì 11 Dicembre 2012 l’Anpi invita i cittadini di Mirano a commemorare i nostri Martiri e tutti coloro che, sopravissuti alla barbarie nazifascsta, hanno contribuito alla costruzione della Repubblica democratica Italiana nel rispetto della Costituzione. Uniamoci ai ragazzi delle Scuole Medie Secondarie che accompagnati dai loro insegnanti, dai partigiani ancora viventi e dai testimoni dell’eccidio stazioneranno nei punti salienti della Piazza Martiri dove si è compiuto il barbaro assassinio ad opera degli scherani fascisti nel lontano 11 Dicembre 1944. Saranno presenti le Autorità dell’Amministrazione Comunale e rappresentanti dell’Anpi Provinciale.
Affinché le tragedie del passato siano di monito per il futuro e non si ripetano gli errori del passato nel sottovalutare i pericoli incombenti per la democrazia nel Nostro Paese e per la Pace in Medio Oriente facciamo proprie le parole di Primo Levi.
“Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di sprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi , non necessariamente col timore della intimidazione poliziesca ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui a sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.” Primo Levi