La liberazione di Mirano

29 aprile 1945: partigiani, patrioti e soldati inglesi in piazza a Mirano
29 aprile 1945: partigiani, patrioti e soldati inglesi in piazza a Mirano
29 aprile 1945: il contingente tedesco si arrende
29 aprile 1945: il contingente tedesco si arrende

 L’attività del Comitato di Liberazione Nazionale di Mirano riprende nel marzo del 1945, quando Marcello Demonte, Erminio Nicoletti e Pellegrino Sperandio tornano ad incontrarsi per ricreare il gruppo di persone che avevano contrastato i fascisti e che, ora, devono pensare alla possibile liberazione. Nel medesimo periodo ricominciano gli incontri anche fra i partigiani rimasti nascosti nella zona. Come ricorda Tomat-Demonte, tornato a Mirano dopo la fuga dal carcere di Brescia, dove era stato rinchiuso dopo il processo del gennaio 1945: “a Mirano rimango in semiclandestinità e riprendo i contatti con quei pochi elementi della Resistenza che sono rimasti in zona”.
Il 26 aprile si ha fra gli elementi del Comitato di Liberazione un incontro che si tiene in casa di Sperandio ed al quale partecipa il dottor Fioridia. Durante la riunione si decide “di non porre ulteriore indugio all’azione sovratutto ai fini di tentare di creare in Mirano una situazione di equilibrio fra truppe tedesche uscenti ed eventuali truppe inglesi entranti, che non turbasse la vita cittadina e sovrattutto che non creasse vittime e distruzioni”. In pratica, si decide di impadronirsi dell’edificio del municipio e della casa del fascio cercando in entrambi i casi di evitare lo scontro coi tedeschi, “anche perché precise assicurazioni del Comando del presidio germanico escludevano il loro intervento”. In questo momento sono presenti in Mirano circa quattrocento soldati tedeschi in armi.
Intanto, “elementi della Resistenza locale e volontari del momento” si riuniscono a Scaltenigo per programmare la presa della casa del fascio e l’arresto dei fascisti prima che fuggano: essi contano sull’aiuto, al momento opportuno, di collaboratori della polizia e della Marina Militare. Inoltre cercano di evitare l’intervento del tedeschi “assicurandoli anzi che a noi interessano solo i fascisti ed eventualmente le S/S tedesche”.
Lo stesso 26 aprile i partigiani a Scaltenigo disarmano, comandati da Guido Gambato, la caserma della milizia ferroviaria ed un reparto di brigate nere di Bologna. La mattina del 27 tutto il materiale così sequestrato viene recuperato da automezzi del C.L.N. e portato a Mirano.
Alle dieci della stessa mattina i rappresentanti del C.L.N. di Mirano si recano nel Municipio e chiedono l’immediata consegna al Comitato stesso della gestione del Comune. Mentre sono in corso le trattative, i partigiani attaccano con una azione a sorpresa la casa del fascio: essi agiscono al comando del tenente della polizia che, al contrario di quanto stabilito dal Comitato di Liberazione, ordina l’attacco per crearsi un alibi. Intervengono i tedeschi che ingaggiano una sparatoria nella piazza di Mirano. La situazione diventa pericolosa e i rappresentanti del C.L.N. si recano nella casa del fascio a trattare con i tedeschi: sono attimi in cui si rischia la degenerazione del conflitto. Il tenente di polizia, intanto, fugge dall’edificio calandosi dalla finestra.
A mezzogiorno si riesce a far cessare la sparatoria. Come ricorda Tomat-Demonte: “noi per evitare inutili rappresaglie e vittime negli ultimi momenti di guerra, desistiamo dall’azione e così perdiamo anche l’occasione di catturare i fascisti che ci interessavano, tranne qualche mezza figura”.
Alla fine della sparatoria rimangono, comunque, dei caduti e dei feriti. Non è facile dirne il numero preciso. Secondo Tomat-Demonte: “restano uccise in piazza tre persone più un partigiano, tanti i feriti”; secondo la relazione del C.L.N. di Mirano al C.L.N. di Venezia in data 8 maggio 1945 cadono, invece, un partigiano, due civili ed un tedesco. Un partigiano (Luigi Tomaello), due tedeschi, una donna ed un bambino morti più vari feriti fra i rimanenti partigiani ed i civili è il bilancio della relazione della Brigata ‘Martiri’ in data 5 aprile 1946. Infine, sono due partigiani (il Tomaello e Mario Marcato), due tedeschi ed una donna morti e vari feriti secondo la relazione della Brigata ‘Martiri’ senza data.
Dopo questo scontro, i rappresentanti del Comitato di Liberazione intervengono nuovamente presso i comandanti tedeschi imponendo loro sei clausole alle quali attenersi e che, in breve, dispongono: “nessuna circolazione da parte dei soldati tedeschi, chiusi nelle loro caserme, allontanarsi al più presto possibile da Mirano e non fare uso alcuno delle armi”. Viene, in questo modo, superato un primo momento molto pericoloso per Mirano: la non accettazione da parte dei tedeschi delle clausole avrebbe procurato a Mirano gravi danni, visto che al momento della trattavia, sono in Mirano circa tremila soldati germanici con dodici carri armati.
Nel corso dello stesso 27 aprile il Comitato di Liberazione Nazionale di Mirano assume “tutti i poteri di amministrazione del territorio del Comune di Mirano” e nomina la giunta popolare amministrativa composta da: Luigi Bianchini, Franco Pezzoni, Emilio Prosdocimi e Pietro Ribon (per la Democrazia Cristiana); Marcello Demonte, Gioacchino Gasparini e Giuseppe Tizianello (per il Partito d’Azione); Erminio Nicoletti ed Antonio Naletto (per il Partito Comunista); Pellegrino Sperandio (per il Partito Socialista). Emilio Prosdocimi viene nominato sindaco; prosindaco è Marcello Demonte. Gli stessi Bianchini, Demonte, Nicoletti e Sperandio firmano il decreto come rappresentanti del C.L.N.
Come recita il primo articolo del decreto che annuncia la nomina della giunta (affisso in forma di manifesto in data 28 aprile 1945), “in attesa di una libera consultazione popolare e delle ulteriori disposizioni del governo democratico italiano (…) i cittadini come sopra designati entrano immediatamente in carica sostituendo i precedenti amministratori decaduti dalla funzione”. Gli articoli n° 4 e n° 5 dello stesso decreto invitano i facenti parte delle forze armate nazi-fasciste a consegnare le armi e l’equipaggiamento al più vicino posto dei Volontari della Libertà, sotto pena di morte; e afferma il passaggio di “tutte le forze armate nazionali del Comune” agli ordini del Comando dei Volontari della Libertà, rispondente a sua volta al Comitato di Liberazione.
Ma Mirano non è ancora formalmente libera.
Il 26 aprile Fioridia convoca i partigiani, distribuisce le armi a coloro che ne sono sprovvisti ed indica la linea da seguire: “veniva predisposto il blocco delle strade, Tinterruzione delle vie di comunicazione che danno accesso a Mirano con brilla¬mento di mine, il disarmo di gruppi di tedeschi, l’installazione di staffette segnalatrici dei gruppi tedeschi avanzanti onde stabilire di volta in volta il disarmo o meno a seconda della forza data la nostra esiguità di uomini e di mezzi”. Tutta la giorna¬ta viene impiegata per il disarmo di gruppi tedeschi in transito verso la ritirata: la situazione non è tranquilla, ma viene, comunque, controllata dai componenti del C.L.N..
La mattina del 29 aprile la sede del Comitato di Liberazione è teatro di una sparatoria fra resistenti e tedeschi. Dopo la costruzione di una barricata di fronte alla sede del Comitato, la colonna tedesca si blocca ed invia qualcuno a trattare coi rappresentanti del Comitato i quali sventano nuovamente un attacco contro Mirano.
Ma la paura non è finita: lo stesso giorno un gruppo di partigiani ingaggia appena fuori il paese un combattimento contro un contingente tedesco: si tratta di quat- trocentottanta uomini equipaggiati con lanciabombe, panzerfaust e mitragliere pesanti. L’armamento viene piazzato in attesa dell’arrivo dei mezzi inglesi ormai vicini. Il comandante tedesco viene contattato e condotto a parlamentare coi rappresentanti del Comitato di Liberazione per tentare di evitare lo scontro fra inglesi e tedeschi, scontro che metterebbe in pericolo Mirano. Mentre si svolge la trattativa, i partigiani avvertono le prime autoblinde inglesi dell’80 Armata, che “entrarono a Mirano, provenienti dall’autostrada e dalla Via Porara alle ore 15 circa del giorno di domenica 29 aprile 1945 e si diressero subito verso Mestre”: qui, in località Fossa di Mirano, inglesi e tedeschi si accordano senza sparare un colpo. Alle sei di sera il contingente tedesco si arrende, deposita le armi in piazza a Mirano e riparte verso Mestre, sotto la scorta degli inglesi.
A Mirano rimangono una quarantina di soldati russi consegnati, dopo pochi giorni, alle autorità alleate.
Mirano è ora libera. Come ricorda Monsignor Muriago: “così ebbe fine per Mirano la guerra. Esplosioni di gioia per tutta la serata e nei giorni seguenti”. E Bruno Tomat-Demonte, dopo avere controllato il disarmo degli ultimi tedeschi in piazza a Mirano: “dalla busta di un ufficiale tedesco, buttata nel mucchio, escono dalle carto-
line, ne prendo due-tre, me le metto in tasca: è il mio bottino di guerra… e me ne torno a casa terminando così 7 anni di vita donata alla Patria”.

(da “Mirano 1938-1948 – La Resistenza e la vita della società miranese” di Martino Lazzari e Cristina Morgante)