5 giugno 1944: Ugo Forno

Questa è una storia che sembra scritta dalla penna di Ferenc Molnar e che fa venire in mente le immagini dei piccoli sabotatori di “Roma città aperta”. Ma questa è una storia vera che ha come protagonista Ugo Forno, un ragazzo di 12 anni ammazzato dai nazisti in fuga a Roma il 5 giugno del 1944, il primo giorno della città liberata.

Quella mattina Ugo esce di casa per andare a vedere l’arrivo degli alleati: in tasca ha due pistole lanciarazzi tedesche trovate per strada. Vicino ai giardinetti di Piazza Vescovo sente delle persone discutere animatamente su dei guastatori tedeschi che stanno minando un ponte sulla via Salaria: Ugo si allontana, entra in una casa in rovina dove aveva visto delle armi abbandonate, uscendone con un fucile a tracolla e diverse munizioni. Insieme a lui si aggregano altri giovani sui diciotto – venti anni, tutti armati con fucili e pistole.

Tutti si dirigono verso il ponte sulla Salaria: incontrano un gruppo di contadini e Ugo dice loro. “I tedeschi stanno attaccando le mine al ponte sull’Aniene, lo vogliono demolire. Noi andiamo a salvarlo, ci devono passare gli americani. Avete delle armi? Venite con me”. Dice proprio così: “con me”, non “con noi”, parla da vero comandante.

I contadini si alzano, si armano anche loro e seguono il ragazzino che cammina in testa al gruppo: arrivano nei pressi del ponte di ferro sull’Aniene mentre i guastatori tedeschi stanno piazzando le mine sotto le arcate. Il gruppo comincia a sparare e i guastatori si mettono al riparo, capiscono di non avere più tempo per distruggere il ponte e si ritirano; hanno con loro un mortaio e, per coprirsi la fuga, iniziano a sparare sul gruppo dei partigiani. Il primo a morire è Francesco Guidi, poi vengono ferite altre due persone e le schegge del terzo proiettile colpiscono Ugo al petto e alla testa: il comandante bambino muore sul colpo, mentre i guastatori scappano via.

Sono gli ultimi tedeschi a scappare e Ugo Forno è l’ultimo romano che muore combattendo per cacciarli. Un gruppo di gappisti comandati da Giovanni Allegra giunge sul posto: è lui che si china sul ragazzo, gli chiude le palpebre sugli occhi sbarrati e avvolge il suo corpo in una bandiera tricolore ridotta a brandelli.

Quel ponte sull’Aniene c’è ancora. Presso l’ufficio riconoscimenti del ministro della Difesa c’è anche da cinquant’anni, in qualche polveroso e dimenticato fascicolo, la splendida motivazione (Al folle coraggio di questo ragazzino, alle raffiche ingenue del suo mitra contro i soldati nazisti, alla sua morte guardiamo come all’esempio di chi non volle far finta di non vederedella medaglia d’oro che il CLN romano propose per il più giovane partigiano (insieme al napoletano Gennarino Capuozzo) della nostra lotta di liberazione nazionale. Un riconoscimento che, chissà per quali oscuri motivi resta per tanti anni a livello di proposta. Nessuno se n’è occupato, nessuno se ne ricorda.

Bisognerà aspettare il 16 gennaio 2013 quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferisce a Ugo Forno (27 aprile 1932 – 5 giugno 1944) la Medaglia d’Oro al Merito Civile.

Il ponte sull'Aniene nel giorno dell'intitolazione a Ugo Forno