L’ARTE DELLA GUERRA
La corsa alle armi high-tech
Manlio Dinucci
La parata militare ai Fori Imperiali, con cui il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica che nella sua Costituzione ripudia la guerra, nasconde dietro la facciata retorica una realtà sempre più drammatica: l’accelerazione della corsa alle armi high-tech, in cui l’Italia è coinvolta tramite la Nato. Corsa guidata in tutti i campi dagli Stati uniti.
Una settimana fa il «Comando dell’attacco globale» ha lanciato dalla California un missile intercontinentale Minuteman III, colpendo con una testata sperimentale un atollo nel Pacifico a 8mila km di distanza. Con questi test il Comando verifica «l’affidabiità» dei 450 Minuteman III, pronti al lancio con le loro testate nucleari. Il Congresso ha stanziato oltre 200 miliardi di dollari (acconto su circa 1000 miliardi in dieci anni) per potenziare le forze nucleari, con altri 12 sottomarini da attacco (7 miliardi l’uno, il primo già in cantiere), armato ciascuno di 200 testate nucleari, e altri bombardieri strategici (550 milioni l’uno), ciascuno armato di 20 testate nucleari.
L’Esercito sta sperimentando armi laser capaci di abbattere velivoli, mettere fuori uso i visori e accecare i soldati nemici; la Marina ha già istallato un cannone laser sulla nave Ponce, precisando che «deve ancora essere usato in un combattimento reale»; l’Aeronautica annuncia che dal 2022 armerà di laser i suoi cacciabombardieri.
In forte sviluppo anche il settore dei droni e robot da guerra. Mentre si modernizzano i droni teleguidati (il Global Hawk ha superato le 150mila ore di volo), si sperimentano velivoli da attacco completamente robotizzati: l’X-47B ha effettuato in volo il primo rifornimento automatico di carburante. Il caccia F-35C per le portaerei, annuncia il Segretario alla marina, «sarà probabilmente l’ultimo con pilota a bordo». Nel 2016 sarà sperimentato anche un robot subacqueo che, lanciato da un sottomarino, individua e segue automaticamente le navi nemiche.
Dalla guerra robotizzata a quella spaziale il passo è breve: il 20 maggio è partito per la sua quarta missione segreta l’X-37B, un mini-shuttle robotico della U.S. Air Force già testato per quasi 4 anni nello spazio. Il generale Greaves, nuovo capo del Comando spaziale, ha dichiarato che gli Stati uniti «useranno tutti i mezzi per mantenere la supremazia nello spazio».
Alla corsa partecipano sulla scia degli Usa i maggiori paesi europei della Nato: dieci giorni fa, i ministri della difesa di Francia, Germania e Italia hanno firmato il memorandum d’intesa per lo sviluppo di un velivolo robotico da guerra. Israele partecipa alla corsa con nuovi droni e armi nucleari, armi che può continuare a sviluppare dopo che la proposta araba di convocare nel 2016 una conferenza per creare in Medioriente una zona libera da armi nucleari è stata bloccata all’Onu da Usa, Canada e Gran Bretagna.
Russia, Cina e altri paesi, che sono nel mirino strategico Usa/Nato, reagiscono di conseguenza. La Russia sta sviluppando il Sarmat, un nuovo missile balistico intercontinentale le cui testate nucleari manovrano al rientro nell’atmosfera per evitare i missili intercettori dello «scudo» Usa, e il sottomarino della classe Borey, estremamente silenzioso, armato di 200 testate nucleari. Missili e sottomarini analoghi sono costruiti dalla Cina che, secondo il Comando Usa, sta sperimentando anche armi spaziali anti-satellite per accecare i sistemi di attacco statunitensi.
Su tutto questo cala il blackout mediatico, mentre i riflettori vengono puntati sui bambini che, alla parata militare del 2 giugno, festeggiano con ombrelli tricolori. Non la pace, come gli è stato detto, ma la guerra che li aspetta.
(il manifesto, 2 giugno 2015)
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