Appello per una cultura della pace

Il 22 giugno 1941 ha inizio l’attacco nazista contro l’Unione Sovietica, data che non viene ricordata nel nostro paese, come del resto in tutta l’Europa Occidentale.
Sono passati 76 anni e non crediamo che  questo silenzio sia dovuto a forme di oblio storico determinate dal passare del tempo.
Più probabilmente è il frutto di una storiografia che, dagli anni immediatamente successivi alla fine del conflitto, condizionata dal clima prodotto dalla Guerra Fredda, ha reso possibile una lettura parziale di quelle vicende, forse anche, per non far conoscere le vere cause dell’immane tragedia che ha sconvolto l’Unione Sovietica, con il tributo venti milioni di morti, e il ruolo determinante, di questa,  nella sconfitta definitiva del nazifascismo .
Come per tanti altri aspetti legati alle tragiche vicende del XX° sec., si preferisce che le nuove generazioni, i nostri figli e nipoti, sappiano poco o niente, per limitare in loro la formazione di  una cultura della Pace basata su una conoscenza documentata della storia.
Cercare la Pace non significa solo rifiutare la guerra ma innanzitutto creare le condizioni per la costruzione  di coscienze consapevoli, pronte a  battersi contro ogni forma di violenza inflitta ai diritti fondamentali dei popoli, per un’azione politica che trovi nel coinvolgimento tempestivo ed efficace degli Organismi Internazionali, la risposta per disinnescare reali o potenziali focolai di conflitti in tutte le aree calde del pianeta.
L’Anpi di Mirano invita, quindi, tutte le forze politiche democratiche, la Società Civile, l’Anpi Provinciale,  l’Anpi del Veneto, L’Anpi Alta Italia, l’Anpi Nazionale perché, unitariamente, si attivino per la convocazione di un Congresso Internazionale per la Pace da tenersi nel più breve tempo possibile a Venezia, città della Pace,  dell’accoglienza e del dialogo tra i popoli.

Anpi di Mirano e del Miranese

 

22 giugno 1941: Invasione dell’Unione Sovietica

Settant’anni fa, il 22 giugno 1941, quando la radio annunciò in tutta l’Urss: “Oggi, alle 4 del mattino, i soldati dell’esercito tedesco hanno attaccato il nostro Paese…”, era difficile credere che tutto quell’orrore, che imperava in Europa e in Africa ormai da due anni, fosse riuscito a raggiungere nuovi territori. Anastasija Poljakova, che in quegli anni aveva iniziato a frequentare la scuola, rievoca quella giornata: “Stavo andando in pasticceria a fare scorta di caramelle prima di partire per la colonia estiva. Ma improvvisamente alla mattina sentimmo alla radio che sarebbe stato dato un annuncio importante. Io aspettai, ascoltai e non capii bene cos’era successo, o meglio, non riuscii a rendermene conto, e uscii per andare a comprare le caramelle. In pasticceria si era già radunata un sacco di gente: iniziavano già a fare le scorte”.
In quest’epoca di blog e di giornalismo civile i racconti di quei pochi che ancora ricordano quel giorno, stupiscono per la loro somiglianza, come se fossero stati tutti presi da un unico forum. Sia i militari che le persone semplici, senza essersi mai incontrati o messi d’accordo, nelle pagine dei loro diari, scrivono delle stelle rosso rubino del Cremlino, del meraviglioso sole estivo, del famigerato annuncio via radio.
E anche se secondo i rapporti odierni, l’aggressione delle armate nazifasciste all’Urss non fu poi una grande sorpresa per i vertici militari sovietici, stando alle parole di Kirill Drjannov, uno dei maggiori specialisti del Museo della Difesa di Mosca, nonostante le informazioni raccolte dagli agenti segreti, il comando militare sovietico venne a sapere dell’inizio della guerra solo qualche ora prima e non fece in tempo a prepararsi adeguatamente. Anche se c’erano stati diversi segnali di un attacco imminente, basti pensare agli atti di sabotaggio compiuti da soldati tedeschi travestiti da soldati sovietici che tagliavano le linee di comunicazione e uccidevano gli ufficiali. La notte tra il 21 e il 22 giugno i sabotatori fecero esplodere alcuni grandi ponti e alla mattina 4.900 aerei tedeschi iniziarono a bombardare gli aeroporti e i magazzini militari.
In una situazione estrema come questa, le decisioni spettavano a una persona soltanto: Iosif Stalin. Ecco come viene descritta la chiamata al vertice dall’allora sindaco di Mosca, o, secondo la nomenclatura sovietica, presidente del consiglio dei deputati dei lavoratori, Vasilij Pronin: “Verso le 9 di sera venni chiamato al Cremlino insieme al segretario. Quando entrammo nell’ufficio di Stalin ci trovammo diversi membri del Comitato Centrale del partito. I volti erano austeri e preoccupati. Capimmo subito che non eravamo stati convocati per questioni di routine. E in effetti, appena ci fummo seduti, Stalin si rivolse a noi dicendo: Secondo i dati forniti da alcuni defezionisti le armate tedesche si preparano ad attaccare i nostri confini questa notte. E’ tutto pronto per la difesa antiaerea?. E dopo una pausa aggiunse: Oggi è sabato, tutti i dirigenti se ne vanno in dacia, cercate di trattenerne in città il più possibile…”.
Si dovette agire in fretta, perché dall’altra parte c’era un nemico non meno esperto nell’arte della guerra come Adolf Hitler. Il suo piano strategico per l’attacco dell’Unione Sovietica prevedeva la rapida conquista della parte europea del Paese nel corso di 16 settimane, cioè prima dell’arrivo del freddo autunnale. Vale la pena ricordare che questi territori dell’Urss superavano per estensione la stessa Europa. Secondo Konstantin Korzhenevskij, esperto di Storia della guerra, questi territori avrebbero dovuto essere usati come residenza d’élite per i vertici nazisti. Non ci sarebbe stato neanche bisogno di assumere della servitù: secondo il progetto di Hitler sui 190 milioni di abitanti dell’Urss, bisognava eliminarne 150 milioni e ridurre in schiavitù i restanti 40. A questo proposito, secondo Heinrich Himmler, lo schiavo avrebbe dovuto avere soltanto alcune semplici capacità: sapere contare fino a dieci in tedesco, scrivere il proprio nome e sapere chi era il suo padrone.
Secondo Kirill Drjannov, “oggi cercano di mettere in testa alla gente che quella di Hitler era una guerra contro i bolscevichi: in realtà gli ideologi nazisti, in primo luogo Himmler, sostenevano le teorie razziali e dichiaravano che la guerra avrebbe dovuto essere l’ultima campagna in oriente, e che avrebbe dovuto annientare l’Urss come unico ostacolo al dominio mondiale dei tedeschi. Questo tipo di informazione non veniva diffusa solo tra i vertici; i nazisti mettevano al corrente dei propri piani anche i soldati nemici, cioè quelli sovietici. Nei volantini lanciati dagli aerei, stampati in milioni di copie, i soldati russi venivano esortati a fermare “l’insensato spargimento di sangue in nome di ebrei e commissari”, mentre ai militari che sarebbero passati dalla parte di tedeschi veniva promessa una “buona accoglienza”, cibo e lavoro.
Da parte sua, l’Agenzia d’informazione sovietica, fin dalle prime ore, iniziò a preparare un collegamento dal fronte e dalle fabbriche. I comunicati venivano diffusi al mattino e alla sera attraverso apparecchi radiofonici attaccati ai pali lungo le strade, e venivano inoltre stampati sulle prime pagine di tutti i giornali. I giovani di tutto il Paese fin dal primo giorno iniziarono a ricevere l’ordine di presentarsi ai raduni militari. Per strada apparvero manifesti con incitazioni come “Tutti per il fronte! Tutti per la vittoria!”, “Il nemico verrà sconfitto! La vittoria sarà nostra!”. Le pareti delle case venivano tappezzate di annunci sugli allarmi antiaerei e di comunicazioni sulle stazioni della metropolitana in cui erano stati organizzati dei rifugi anti-bomba. Da Mosca iniziò l’evacuazione verso Kujbyshev (l’attuale Samara), che, se Mosca fosse caduta in mano al nemico, sarebbe diventata la nuova capitale. Non solo veniva trasferita la popolazione, ma anche intere fabbriche e aziende.
Le azioni militari si svolsero in modo estremamente rapido: durante la prima giornata cadde Brest, dopo sei giorni venne presa anche la capitale della Bielorussia, Minsk. La velocissima avanzata delle armate tedesche venne bloccata soltanto in autunno, alle porte di Mosca. Ci sarebbero state ancora molte battaglie, che avrebbero determinato il corso della storia della Russia: le battaglie per Mosca e Leningrado, i combattimenti di carri armati vicino a Stalingrado e Kursk, la liberazione della Bielorussia e la presa di Berlino. Ma questa storia iniziò proprio in quel giorno, il 22 giugno 1941. (http://russiaoggi.it/)

L’artista Kseniya Simonova attraverso i suoi quadri di sabbia ha ripercorso le sofferenze del popolo russo durante la Seconda Guerra Mondiale: i suoi disegni sono così sentiti, toccanti che alcuni spettatori non riescono a trattenere le lacrime.